Il Teatro Rossini di Pesaro, nella XXX edizione del Festival dedicato al celebre
compositore, ha ospitato una nuova edizione de La scala di seta firmata
da Damiano Michieletto, con scene e costumi di Paolo Fantin
e progetto luci di Alessandro Carletti.
Il
regista veneziano ha saputo creare uno spettacolo efficace, moderno,
intelligente ed interessante, dimostrando quanto la commedia rossiniana sia
ancora attuale e al passo con i tempi.
Tutta la farsa si svolge nell'appartamento di Giulia, abilmente arredato
dallo scenografo con del bel mobilio alla moda, stranamente disegnato su pianta,
perfettamente leggibile da un grande specchio inclinato che riflette tutto il
palcoscenico. L'effetto è divertente, ma soprattutto sorprendente al momento
dell'utilizzo della scala di seta da parte dei pretendenti di Giulia, che
sembrano davvero salire dal pianterreno fino alla finestra della giovane.
Nella recita in matinée di martedì 18 agosto tutti gli interpreti hanno dato il
meglio di se stessi, mostrando le loro buone qualità di belcantisti, oltreche di
attori comici.
Olga Peretyatko è un'eccellente interprete rossiniana, dotata di un bel
timbro morbido e di un colore non troppo chiaro. Acuti e sovracuti sono
perfettamente appoggiati – anche nelle scene fisicamente più ardue, dove il
soprano sanpietroburghese è impegnato in una presunta lezione di fitness
– accompagnati da centri e gravi ben saldi. Al termine del duetto con Germano
“Io so ch'hai buon cuore” e dell'aria “Il mio ben sospiro e chiamo”
riscuote numerosi applausi, intensificati dal pubblico al termine della
rappresentazione.
José Manuel Zapata, alle prese con il personaggio di Dorvil,
riesce a dipingere correttamente le caratteristiche dell'innamorato, artefice e
vittima al tempo stesso di una serie di equivoci divertenti. La voce tenorile è
opportunamente leggera, la linea di canto limpida, il personaggio adeguatamente
impacciato, come pure quello di Blansac, interpretato da Carlo Lepore,
entrambi eccellentemente inseriti nelle vicende della commedia. Anche il basso
napoletano mostra le sue qualità di belcantista e durante gli applausi finali i
due protagonisti ricevono i calorosi e ben guadagnati consensi degli spettatori.
Paolo Bordogna, accanto a Olga Peretyatko, è la vera stella della
serata. Non solo simpatico e divertente nei panni di Germano – che nella
sua visione, vidimata da Michieletto, è un colf filippino – ma soprattutto un
esemplare interprete rossiniano, con voce di baritono brillante, buon fraseggio,
buon vibrato e note acute ben appoggiate. Le scene con Giulia sono veramente
piacevoli, sia dal punto di vista scenico sia musicale, e le acclamazioni del
pubblico sono la prova tangibile della sua bravura e del suo successo.
Completano meritatamente il cast Anna Malavasi e Daniele Zanfardino,
nei simpatici ruoli di Lucilla e Dormont.
La direzione di Claudio Scimone, sul podio dell'Orchestra Haydn di
Bolzano e Trento, fa onore alla sua lunga carriera, ma ormai manca
leggermente della vivacità e del rigore tipici del repertorio rossiniano.
Unico neo tecnico dello spettacolo è la presenza di luci, numerose ed
ingombranti, accanto ai palchi di proscenio del terzo ordine, che hanno oscurato
metà del palcoscenico a tutti gli spettatori paganti seduti nei posti laterali
della terza fila.