L'interessante cartellone di
Multipromo OperaFestival propone
quest'anno
un'Aida in prima mondiale con scene e costumi firmati da
Igor Mitoraj: lo splendido Prato delle Colonne nel fiorentino
Giardino di
Boboli si tinge di caldi toni, evocatori di terre e tempi lontani.
Un allestimento tutto da guardare e gustare, in cui una grande pedana inclinata
verso la platea vede convivere con eleganza l'imponenza celebrativa e l'intimo
dramma vissuto dai protagonisti. Accostati con gesto apparentemente causale,
colori materici dalle sfumature più disparate vanno a decorare pareti
componibili: scorrendo orizzontalmente, esse creano vari ambienti in primo
piano, luoghi di rifugio nei momenti drammatici, e la corte egiziana sullo
sfondo, delimitata da una scalinata. Senza una particolare connotazione
orientale, si inseriscono gli elementi tipici di
Mitoraj: grandi
frammenti di statue, in cui le parti mancanti sono le vere protagoniste,
svettano sulla scena o giacciono come abbandonate. La mente corre ai versi di
Shelley in Ozymandias, a quel mutilato ricordo di potere destinato a sparire
tra la sabbia, nella consapevolezza di un'inevitabile fugacità; allo stesso
modo, in
Aida si consuma la drammatica accettazione di un amaro destino
vittorioso sulla gloria di un popolo. Spogliati dell'aura eroica, i protagonisti
si arrendono a una sconfitta che coinvolge la sfera personale quanto quella
pubblica.
Secondo la lettura del regista
Andrea Cigni, la recitazione si sviluppa
attraverso movimenti chiari ed essenziali che evidenziano la tensione
drammatica; buie e lunari le situazioni individuali (un gran peccato rilevare
problemi nei tempi di accensione e spegnimento luci, con personaggi in ombra in
corrispondenza di zone vuote illuminate), solari quelle corali, anche grazie ai
toni giallo-arancio dei costumi che richiamano il mondo egiziano. Su questi
spicca il blu elettrico di
Aida, una fantastica
Dimitra Theodossiou,
e l'aggressivo manto giallo di
Amneris,
Serena Pasqualini:
convincenti nei rispettivi ruoli, restituiscono con passione e tecnica
un'amorosa lotta fra titani. Voce potente e sicura in tutte le sfumature, il
soprano greco esprime tutta la forza di quel sentimento che porta la
protagonista al sacrifico estremo, mente il mezzosoprano risolve con agilità i
complessi passaggi della partitura, centrando la volubilità del suo personaggio.
Non convince l'interpretazione del tenore
Ignacio Encinas, un
Radamés
poco disinvolto nei movimenti e a tratti incerto in volume e intonazione; bella
prova per il basso
Stefano Rinaldi Emiliani,
Re solenne nei gesti
e chiaro nel timbro, e il baritono
Carmelo Corrado Caruso, abile nella
rappresentazione dell'istintività etiope di
Amonastro, in netto contrasto
con la rigidità egiziana.
Qualche problema di acustica complica gli equilibri tra i cantanti e l'
Orchestra
OperaFestival, diretta dal
Mº Roberto Tolomelli: la buona performance
viene penalizzata da una Marcia Trionfale deludente, traballante
nell'intonazione delle chiarine (in sostituzione delle trombe). Pulita e
ordinata l'esibizione del
Coro Opera Festival, gradevoli e ironiche le
coreografie di
Vladimir Derevianko, eseguite dal corpo di ballo
Maggio
Danza.
Uno spettacolo coinvolgente e di forte impatto visivo, che di certo gli interni
di un teatro saprebbero valorizzare, amplificando quell'armonia tra il grandioso
genio verdiano e la malinconica maestosità dell'arte di Mitoraj.