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» Recensione Opera Manon Lescaut al Teatro del Giglio di Lucca

Silvia Cosentino, 07/01/2009

In breve:
Venerdì 21 novembre il Teatro del Giglio di Lucca ha proposto Manon Lescaut per la regia di Lutz Hochstraate: dopo Le Villi e La Rondine, si tratta del terzo appuntamento lirico di del 2008 di celebrazioni pucciniane.


(Clicca sulle immagini per allargarle - didascalie foto di berto poli, per gentile concessione del Teatro del Giglio)
Venerdì 21 novembre il Teatro del Giglio di Lucca ha proposto Manon Lescaut per la regia di Lutz Hochstraate: dopo Le Villi e La Rondine, si tratta del terzo appuntamento lirico di questo 2008 di celebrazioni pucciniane, che si concluderanno con il galà Buon compleanno, Maestro! il 22 dicembre.
FOTO 1 – Il  primo atto, un momento d'insieme - Recensione opera Manon Lescaut teatro Giglio LuccaQuesto nuovo allestimento del primo, decisivo successo del Maestro è giocato su uno slittamento temporale nell'ambientazione, espresso da scene e costumi di Carlo Tommasi: non la seconda metà del XVIII secolo, come indicato nel libretto, bensì la fine del XIX.

Il primo atto si svolge, infatti, nei pressi di una stazione ferroviaria: al centro del palco, la fiancata di un vagone e una volta a vetri tipica dell'epoca. Ai lati, le porte della locanda, dai muri color crema, a sinistra, un'elegante colonnina con quattro quadranti di orologio e quattro sedute, spazio riservato ai momenti più intimisti e all'incontro fra Manon e Des Grieux; a destra, un luogo di chiassoso ritrovo con tavolini e sedie, prevalentemente occupato dagli armonici e gioiosi movimenti scenici del Coro per la Lirica Toscana.
In tale contesto si inserisce la voce calda e la vivace interpretazione del baritono Francesco Marsiglia (già apprezzato Prunier in La Rondine), nei panni di Edmondo, l'amico che con affetto si adopera alla fuga dei due innamorati. Fin da subito si è colpiti dalla voce sicura del soprano Paoletta Marrocu, disinvolta nel ruolo della volubile Manon (giunta ad Amiens in treno e non in diligenza, secondo la lettura di Hochstraate), in quel "bizzarro contrasto di amor, di civetteria, di venalità, di seduzione", citato nell'introduzione al libretto. Al suo fianco, il baritono Davide Damiani rende con efficacia l'opportunismo e la malizia di Lescaut così come il basso Stefano Rinaldi Miliani, dal potente timbro, fa di Geronte una figura comica e maldestra. Non convince la performance del tenore Kamen Chanev: sebbene offra un'esecuzione canora complessivamente corretta, rivela un certo impaccio nei movimenti e una lontananza dalla bruciante passione che dovrebbe animare il personaggio, difetti riscontrabili già nella romanza Donna non vidi mai, troppo tiepida nella rappresentazione dello smarrimento d'amore.

FOTO 2 – Una scena del primo atto: da sinistra, Francesco Marsiglia (Edmondo), Stefano Rinaldi Miliani (Geronte) e Davide Damiani (Lescaut) - Recensione opera Manon Lescaut teatro Giglio LuccaNel secondo atto, la base scenografica precedente accoglie la camera di Manon con un'ampia porta al centro, un elegante letto con coltri viola sulla sinistra e una porta a vetri sulla destra; pesanti tappezzerie di velluto bordeaux adornano le pareti mentre stoffe turchine, lo stesso colore della ricca veste di Manon, rivestono divano e poltrone. Da notare come il trucco, la pettinatura della ragazza (parrucca e neo settecenteschi), il madrigale e il minuetto spezzino inevitabilmente la continuità con il periodo suggerito nella prima parte.

Nel terzo atto, la parte centrale della scena è occupata dalla fiancata della nave diretta in Louisiana; ai lati, sbarre di prigione da cui, a sinistra, escono le deportate e, a destra, i curiosi osservano ciò che accade. Tutto è immerso in una luce viola, a suggerire una cupa atmosfera notturna. Qui si rivela migliore l'interpretazione di Chanev, convincente nel dare espressione all'angosciosa supplica di Des Grieux (con la romanza Pazzo son!) al comandante di Marina, il basso Leonardo Nibbi.

La concezione dello spazio scenico cambia totalmente nel quarto atto: una spessa cornice bianca posta sul proscenio inquadra la landa desolata di New Orleans e il cielo infuocato (tipico delle prime locandine realizzate nel 1893); Manon e Des Grieux si muovono su un piano inclinato verso la platea, come imprigionati in una stampa giapponese. Il vuoto che il circonda contribuisce ad esasperare la drammaticità dei gesti, conferendo un inappropriato senso di ridicolo alla scena; al di là della pertinenza delle suggestioni, la resa simbolica di questa ultima parte mal si accorda con il realismo dei tre atti precedenti.
FOTO 3 – Il secondo atto: Paoletta Marrocu (Manon) e Kamen Chanev (Des Grieux) - Recensione opera Manon Lescaut teatro Giglio LuccaLa trasposizione temporale operata da Hochstraate non manca di suscitare perplessità: se è vero che la musica di Puccini riesce a rendere universali e moderne le passioni rappresentate (a tal proposito, si ricorda l'osservazione del Maestro a Marco Praga, in riferimento al confronto con la Manon di Massenet: "Lui la sentirà alla francese, con la cipria e i minuetti. Io la sentirò all'italiana, con passione disperata"), è innegabile come certe vicende narrate siano necessariamente figlie del contesto in cui si sviluppano. Fenomeni quali l'imposizione della vita monastica e la deportazione delle prostitute sono infatti difficilmente allontanabili dal loro periodo storico, senza considerare i già citati aspetti musicali (madrigale e minuetto) che concorrono a inquadrare con precisione gli eventi narrati.

Buona l'esecuzione dell'Orchestra per la Lirica Toscana: da sottolineare la sensibilità con cui il Elio Boncompagni dirige lo splendido intermezzo che precede il terzo atto. Pulito in vocalità e interpretazione, il coro (Maestro Marco Bargagna) esprime con vivacità l'allegra confusione nel primo atto: studenti, borghesi e popolani s'intrattengono all'osteria, esaltando i piaceri dell'amore e del corteggiamento. Nella terza parte viene data voce alla folla, invasa da morbosa ansia di assistere allo "spettacolo" della deportazione: accalcati contro le sbarre in convulso movimento, gli astanti scandiscono con facili commenti lo straziante appello delle cortigiane destinate a partire.

FOTO 4 – Paoletta Marrocu nel quarto atto - Recensione opera Manon Lescaut teatro Giglio LuccaA sipario ancora chiuso, orchestra e coro rivolgono un appello di carattere sindacale, attirando l'attenzione del pubblico sull'inadeguatezza della retribuzione percepita e soprattutto sul concreto rischio di una più o meno prossima conclusione dell'attività. Come portavoce dell'Orchestra e Coro per la Lirica Toscana, uno dei cantanti denuncia, infatti, la mancanza di fondi adeguati e lo scarso investimento sugli spettacoli di volta in volta allestiti. Il pubblico accoglie l'annuncio con un convinto applauso, con un calore non di certo riservato all'esito dello spettacolo: l'uscita degli artisti per i ringraziamenti è infatti accompagnata da un tiepido battere di mani e da fischi, alcuni dei quali provenienti dagli stessi orchestrali nei riguardi di Boncompagni, con il quale si sono creati momenti di tensione nei giorni precedenti.

La città si aspettava qualcosa in più da questo importante, nonché costoso, appuntamento pucciniano: circa 640.000 euro per un allestimento di cui è facile dimenticarsi e che al momento non prevede altre repliche oltre alle tre serate lucchesi. Il modesto ciclo di rappresentazioni operistiche proposto dal Teatro del Giglio per questo 150esimo avrebbe richiesto di certo un epilogo meno traballante.

 
 
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