Mercoledì 26 novembre, al Teatro Comunale di Firenze, è andata in scena la
terza replica di Siegfried di Richard Wagner: realizzato
in coproduzione con Palau de les Arts Reina Sofìa di Valencia e curato
dalla compagnia La Fura dels Baus, il nuovo allestimento vanta la regia
di Carlus Padrissa e la direzione di Zubin Metha.
Oltre cinque ore di musica per la seconda giornata di Der Ring des
Nibelungen, colossale progetto che vede Wagner impegnato per circa
trentatré anni, dal 1843 al 1876, anno della prima, integrale rappresentazione
a Bayreuth.
Non siamo al Festspielhaus, ma di certo il grande palco del Comunale
ben accoglie l'apparato scenografico (firmato da Roland Olbeter)
concepito dalla Fura, già da qualche anno impegnata con la tetralogia
wagneriana: la struttura principale è costituita sei pannelli elettronici
semoventi, riproduttori di immagini video (a opera di Franc Aleu) o
semplice sfondo colorato a seconda dei casi. Tutti gli spostamenti scenici
sono effettuati a vista da un coordinato gruppo di macchinisti,
inevitabilmente investiti del ruolo di figurante. Per quanto riguarda l'Orchestra
del Maggio Musicale Fiorentino, perfino l'ampia buca del Comunale ha
difficoltà a contenere tutti gli elementi (più di sessanta) richiesti secondo
le volontà dell'autore tedesco: le due arpe fanno infatti bella mostra di sé
in uno dei primi palchi laterali. Come di consueto, sopratitoli in lingua
italiana (a cura di Prescott Studio, Firenze) agevolano la comprensione
della complessa opera.
Siegfried vede svolgersi ben poche azioni concrete: si assiste,
piuttosto, agli effetti prodotti dal furto dell'oro avvenuto in Das
Rheingold; tutto ruota intorno al giovane e impulsivo eroe, totalmente
scevro da legge e morale, destinato a vincere (almeno in questa fase) grazie
alla libertà e all'istinto naturale. Anche per quanto riguarda la musica, si
nota un prevalente adattamento di temi preesistenti nell'antefatto e nella
prima giornata.
Sul tema dell'anello e il richiamo del bosco nel Preludio, si inserisce
l'incalzante ritmo dell'officina; mentre gli schermi offrono convulse immagini
di ingranaggi sorgenti dal cuore della terra, ecco comparire il nano Mime (il
tenore Ulrich Ress), grottesco scienziato fatto calare dall'alto con il
suo tavolo da lavoro. Inquietanti inservienti vestiti di bianco animano questo
indecifrabile laboratorio, su cui incombe l'ossessione della spada da
forgiare. Il tenore Leonid Zakhozhaev fa il suo sfrontato ingresso in
scena nei panni di Siegfried, dando il via al primo scontro tra malizia e
innocenza, deformità e bellezza. Bambinone cresciuto acconciato con dread
biondi, il giovane indossa un abito (i costumi sono di Chu Uroz)
fatto di pelli e pelo che lascia intravedere petto e gambe possenti. Sui
violoncelli si sviluppa uno dei rari momenti di poesia dell'opera, il richiamo
della madre, evocata attraverso la moltiplicazione di una figura femminile
sugli schermi, unica occasione in cui l'avveniristica struttura video della
Fura cede a un utilizzo didascalico. Gli ottoni lasciano invece spazio a Wotan
travestito da Vindante, il basso Juha Uusitalo, maestoso nel timbro e
nel corpo; in pesante soprabito grigio piombo, incombe con sapienza e fisico
sul piccolo Mime, rendendolo ancora più ridicolo. L'atto si conclude sui
vigorosi archi che accompagnano la tempra della spada, nel tripudio delle
fiamme della fucina.
Culla dell'oro e centro della maledizione, la solitaria foresta è protagonista
della seconda parte; dopo l'incontro fra Wotan e Alberich, il basso
Franz-Josef Kapellmann, la tuba introduce il nuovo tema del drago Fafner
(il basso Stephen Milling), la cui voce proviene da un lontano
altoparlante fuori scena. In Siegfied ritorna il ricordo quasi ossessivo della
madre, accompagnato dai violoncelli; qui si inseriscono oboe, flauto e
clarinetto, a simular la voce, per il momento incomprensibile, dell'Uccello
del Bosco, simbolo della natura ridente contrapposta alla malvagità del drago.
Incosciente della paura, lo spavaldo giovane si batte con la creatura, una
serpentina macchina metallica (automazione realizzata da Festo),
accompagnata da uno strisciare di corpi umani: l'uccisione del mostro
costituisce la vera prima azione presente nella vicenda. L'uccellino acquista
adesso la melodiosa voce e il corpo del soprano Chen Reiss, sospeso sul
palco da un'imbracatura con tanto di ali trasparenti; l'eroe comprende la sua
missione e si libera di Mime: con la sua uscita di scena, la musica acquista i
toni caldi e radiosi che caratterizzano la conclusione. Violini e flauti
accennano la prossima entrata in scena di Brünnhilde, la valchiria destinata a
sconvolgere la purezza di Siegfried.
Immagini tratte da Google Earth e innevati paesaggi accompagnano Wotan nel
Preludio del terzo atto, a ritmo di cavalcata solenne: dopo aver
risvegliato la dea della terra Erda (il contralto Catherine Wyn-Rogers),
sospesa in posizione ieratica su un trono, egli incontra l'insofferente
nipote Siegfried e gli cede definitivamente il ruolo di protagonista, uscendo
di scena. Violini introducono il sonno di Brünnhilde (il soprano Jennifer
Wilson), sdraiata su una pedana circolare inclinata verso la platea e
sostenuta da figure vestite di nero. Si consuma la seconda vera azione:
Siegfried oltrepassa con coraggio il muro di fuoco (fiaccole sostenute dai
figuranti) e solleva l'armatura della valchiria. Qui subentra la scoperta
dell'ignoto, la paura di fronte alla donna, alla quale il giovane, preda di un
chiaro complesso freudiano, reagisce invocando la madre. Dal Pianissimo
al Fortissimo, si assiste al risveglio dell'imponente Brünnhilde
(femmina nella gonna, maschio nella corazza) e al suo saluto alla terra,
accompagnato da violini e arpe. Sullo sfondo di un turbinio di acque, simbolo
di slancio vitale, la paura del protagonista e i dubbi della valchiria di
fronte all'inevitabile abbandono della semidivinità lasciano spazio al radioso
intreccio di voci nel duetto finale, a quel tripudio destinato ad essere
distrutto dalle vicende di Götterdämmerung.
Le grandiose soluzioni scenografiche, saltate dagli effetti di luce di
Peter van Praet, si rivelano in armonia con gli epici toni della
narrazione, sebbene risultino a tratti talmente esuberanti da prevaricare
l'orchestra. Assorbito dall'impatto visivo, lo spettatore rimane ipnotizzato:
è necessario un ulteriore sforzo di concentrazione affinché la musica non
venga recepita come semplice colonna sonora di ciò che avviene sul palco.
Di elevata qualità l'esibizione di tutti i cantanti, in perfetta sintonia con
l'orchestra. Oltre alla limpidezza del timbro, Zakhozhaev colpisce per
le doti attoriali, per la capacità di rendere la beata incoscienza attraverso
gesti e mimica facciale; il suo Siegfried è un fanciullo dentro aitanti
fattezze di uomo, ignaro della propria sessualità. Per questo, è estremamente
tenero nelle invocazioni alla madre e nel suo rimanere attonito di fronte al
corpo, sconosciuto ma già desiderato, di Brünnhilde. Seppur breve, la
performance di Wilson risulta significativa, sia nei lievi passaggi che
accompagnano il risveglio sia nell'espressione di tutto il suo potere
femminile. Uno dei ruoli più complessi è di certo quello di Mime, indiscusso
protagonista del primo atto: al di là di qualche incertezza nell'intonazione,
Ress attira l'attenzione del pubblico sulla deforme e meschina
creatura, buffa e commovente nella sua miseria. Impressionante nella sua
potenza di basso, Uusitalo è perfettamente calato nei panni di Wotan,
granitico nel canto e nell'incedere solenne. Fra tutti gli altri interpreti,
colpisce in modo particolare il soprano Reiss, dal fraseggio
estremamente disinvolto malgrado la costrizione nell'imbracatura che la tiene
sospesa in aria.
Magistrale la direzione di Metha sul podio dell'attenta Orchestra
del Maggio, dagli elementi sempre ben calibrati tra loro, tanto sui
Piano quanto sui Forti.
Uno spettacolo di alto livello, da ricordare nel tempo: lunghi ed entusiasti
applausi accompagnano l'uscita degli artisti.
Galleria fotografica
(gentile concessione del Maggio Fiorentino)
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Foto 1
FOTO 1 – Primo atto, da sinistra Leonid Zakhozhaev (Siegfried) e Ulrich Ress (Mime)
Foto 2
FOTO 2 – Primo atto, ancora Zakhozhaev
Foto 3
FOTO 3 – Conclusione del primo atto, ancora Zakhozhaev
Foto 4
FOTO 4 – Secondo atto, Siegfried e il drago
Foto 5
FOTO 5 – Secondo atto, l'incontro di Siegfried con l'Uccello del Bosco (Chen Reiss)
Foto 6
FOTO 6 – Terzo atto, Juha Uusitalo (Wotan)
Foto 7
FOTO 7 – Terzo atto, Wotan interroga Erda (Catherine Wyn-Rogers)
Foto 8
FOTO 8 – Terzo atto, Siegfried risveglia Brünnhilde (Jennifer Wilson)
Foto 9
FOTO 9 – Terzo atto, il duetto finale di Siegfried e Brünnhilde
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