La visione di Paul Brown (autore anche dei costumi), precipita
l'azione in uno spazio delimitato da un'enorme cornice blu elettrico, al cui
interno un sistema di pareti grigio piombo a scorrimento verticale e orizzontale
crea, di volta in volta, differenti ambientazioni.
Ecco quindi apparire interni giocati prevalentemente sul proscenio e
sezionati in modo asimmetrico: perlopiù in penombra, vengono illuminati dalla
luce proveniente dagli spiragli aperti sul secondo piano, a rappresentare una
brughiera nuda e tenebrosa. Vegetazione brulla, uno spoglio albero piegato dal
vento e un gigante plenilunio sono i soli elementi che popolano il mondo già
alienato di Lucia, tragica vittima della rivalità tra gli Asthon e i
Ravenswood.
La scena risulta frammentata e sgraziata, la fluidità dell'azione in parte
compromessa: i frequenti spostamenti delle pareti e della fastidiosa sfera
lunare (espressione dell'interiorità di Lucia?) non mancano, infatti, di
distrarre lo spettatore, creando porzioni di palco in cui i personaggi si
muovono, loro malgrado, con impaccio.
Questo spazio muto e monocorde mal si accorda con la complessità musicale
dell'opera intera e, soprattutto della parte di Lucia,
interpretata da Eglise Gutiérrez: dotata di timbro corposo e sicuro nei
passaggi tonali, altrettanto cristallino nei virtuosismi, il bel soprano
restituisce la delicatezza e la forza della protagonista. Vestita di bianco con
motivi floreali rosa, la sua performance colpisce da subito per grazia e
disinvoltura, fino allo straziante climax della pazzia: brughiera e abito si
tingono di rosso sangue, Guetiérrez offre al pubblico un delirio dai movimenti
scomposti, melodie e recitativi frammentati, che culmina nell'ipnotico dialogo
tra voce e flauto, espressione dell'insana evasione mentale della donna. Al suo
fianco, il mezzosoprano Antonella Trevisan fa di Alisa
un'empatica Cassandra depositaria delle confidenze di Lucia.
Le scelte del Maestro Stefano Ranzani, sul podio dell'Orchestra del
Maggio, attento a sottolineare gli elementi leggeri della partitura, e il
dinamismo del Coro, diretto da Piero Monti, contribuiscono a uscire dalla
staticità creata dalla scenografia: i momenti d'insieme risultano coinvolgenti,
malgrado qualche incertezza di coordinazione tra cantanti e orchestra nel famoso
Sestetto che conclude la prima parte.
I costumi richiamano la tradizione scozzese, con base blu per gli Asthon e
rossa per i Ravenswood: allo stesso modo, la sciarpa rossa di Edgardo
è protagonista del duetto d'amore, in opposizione a quella blu indossata da
Lucia. Il tenore Stefano Secco interpreta con vigore la figura
dell'eroe romantico, irruento nella rivendicazione della vendetta e dell'amore;
inizialmente incerta nelle scale ascendenti, la sua performance canora
acquisisce maggior sicurezza nella seconda parte, per culminare
nell'appassionata esecuzione dell'aria finale.
A destabilizzare il rapporto tra i due amanti, l'interessante timbro
baritonale di Alberto Gazale, nei panni del dispotico Enrico;
il basso Giovanni Battista Parodi (Raimondo), i tenori
Saverio Fiore (Arturo) ed Enrico Cossutta (Normanno)
vanno a completare un cast affiatato, centrato sia nei ruoli principali sia nei
secondari.
La funzionalità dei versi di Cammarano e la perfezione compositiva di
Donizetti, unita alla puntuale interpretazione dei cantanti, proietta lo
spettatore in una dimensione lontana dalle costrizioni in cui la scenografia
tende a impacchettare il dramma: le pareti scorrevoli, i riquadri e le sezioni
vengono abbattuti dalla potenza della musica, sia nella straziante leggerezza
del duetto d'amore e del delirio sia nei toni gravi della tragedia.
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