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-La Scelta-

guglielmo novalis, 10/04/2013

In breve:
Giuseppe Verdi dopo qualche anno di militanza nella filarmonica di Busseto è indeciso se fare della musica il proprio mestiere, è appena un adolescente, ma sente su di sé il peso dell'incertezza di questa professione


Barezzi attese qualche minuto, poi rimirò la sala inondata di musicisti. Quella sera sarebbe stato suonata una cantata a quattro voci che il Provesi aveva composto appositamente per il compleanno di sua moglie. Le sue figliolette e Giovannino erano di fianco a lui frementi per l'attesa, mentre tutti i musicisti della filarmonica di Busseto stavano accordando gli strumenti e parlottavano fra loro.

D'un tratto, con sua enorme sorpresa, scovò tra i musicisti il piccolo Verdi, intento a distribuire le parti a ogni maestro. Il ragazzo aveva un'espressione di viva attenzione per tutto quello che gli stava succedendo intorno, ogni tanto qualche musico lo chiamava a sé per chiedergli spiegazioni riguardo la parte e lui, con un fare decisamente autoritario, le forniva in modo solerte.

Barezzi volse poi lo sguardo alla sua destra, e si accorse di Provesi che ammirava la scena con un certo compiacimento.

Ferdinando- lo chiamò.

-Signor Antonio- lo salutò il maestro di musica con una flessione del capo.

Il piccolo Verdi si dà da fare, non ci siamo più parlati di lui alla fine.-

-E' bravo.- La voce di Provesi era stata quasi impercettibile, ma Barezzi aveva compreso benissimo.

-Scusate?-

-E' bravo- ripeté Provesi a denti stretti.

-Allora avevo ragione io- sorrise il Barezzi in modo gioviale ma con una punta di ironia che non sfuggì all'organista di Busseto.

-Come sempre, potrei replicare, ovviamente è grezzo ed è giunto da me con un'istruzione musicale decisamente lacunosa in molti punti, ma ha dell'ingegno, le cose che scrive hanno nerbo, come diceste voi, ed è molto volenteroso.-

-Vedo che lo coinvolgete già nella società filarmonica- notò Barezzi rivolgendo di nuovo lo sguardo al centro della sala dove il ragazzo stava ancora distribuendo le parti.

-A molte prove mi faccio sostituire da lui.-

Il tono di Provesi non era di certo affine a quello che stava dicendo, sembrava che gli costasse parlare bene del ragazzino.

-Io sono molto contento, sbaglio o mi avevate detto che aspettavate da tempo un allievo che potesse succedervi?-

Provesi sospirò energicamente e poi gli rivolse uno sguardo di estrema sopportazione. - Dovete fare qualcosa per Don Seletti però.-

-Che intendete dire?- Fece Barezzi increspando la fronte.

-Don Seletti ostacola il futuro del giovane.-

-Ma davvero? E in che modo?-

-Mi sta sabotando- spiegò con una certa riluttanza colorata di rabbia risorgimentale.

-Per Dio Ferdinando siate un poco più specifico.-

-Sta cercando di circuire Giuseppe, gli dice che con la musica non finirà da nessuna parte e vuole farlo diventare prete.-

-Oh, questa poi...- Sgranò gli occhi Barezzi.

-Voi Barezzi dovete parlare col padre del ragazzo.-

-Che debbo dirgli?-

Ad un tratto Provesi si bloccò, Ruggiero Guttini,  il violinista stava riprovando il passaggio, Giuseppe lo aveva interrotto e lo aveva sgridato. 

-Maestro Guttini mi stupisco di voi! Il passaggio va fatto più veloce, e con un moto di dolcezza, ora ve lo faccio sentire al pianoforte- Giuseppe si mise a sedere sul Fritz viennese, il pianoforte tanto austero e sprezzante che lo aveva accolto quasi un anno prima per quella sorta di estrema prova davanti al signor Barezzi, e si mise a suonare il passaggio.

Il Fritz non gli faceva poi così tanta soggezione ora, anzi, gli parve quasi più arrendevole quando pose le sue mani sulla sua tastiera. Merito degli insegnamenti del maestro Provesi.

Guttini immediatamente riprodusse col violino lo stesso passaggio, e vi infuse una grazia pari a quella adoperata da Giuseppe col pianoforte.

Giuseppe si alzò e si inchinò col capo.

-Eccellente maestro, grazie per avermi reso giustizia.-

Tutti i musicisti scoppiarono in un applauso e Guttini, che era davvero un buon uomo anche se a volte stupido, sorrise e fece cenni con la testa a tutti. 

Barezzi si voltò verso Provesi alzando quelle sue sopracciglia color cenere, e gli rivolse uno sguardo interrogativo.

-Ha scritto lui l'opera di stasera?-

-Mi ha aiutato in alcune delle sue parti, quella col violino è sua, io l'avevo scritta ma quella di Giuseppe è migliore.-

-Sono davvero curioso di udire stasera cosa avete escogitato entrambi Ferdinando.-

Provesi sospirò di nuovo, e appoggiò la mano al braccio di Barezzi con un gesto insolito per quel carattere burbero del maestro e per la confidenza che esso denotava.

-Parlate a suo padre, confido nel vostro intervento.-

 

Don Seletti quel mattino accolse Giuseppe nella biblioteca dei gesuiti, ogni tanto facevano lezione a lui solo, perché magari lo interrogava sui testi latini e gli piaceva discutere di cosa pensasse di quell'autore o dell'altro; Giuseppe era un allievo modello, coscienzioso, intelligente e sagace. Gli piaceva quella sua essenzialità nel proferire le parole, era categorico a volte nel giudicare alcune cose, ma mai avventato, mai superficiale, forse un poco superbo, a volte.

-Buongiorno padre- lo salutò il ragazzo appena gli fu vicino.

-Giuseppe buongiorno, allora? Come procede lo studio?-

-Bene, bene...-

-Molto bene.-

Don Seletti era molto anziano, ma possedeva comunque nello sguardo qualcosa di nerboruto e vivace, i suoi occhi scintillavano spesso, e la forma del viso, anche se un poco sparuta, era armoniosa e ispirava una gran fiducia. Si avvicinò con estrema lentezza a Giuseppe e si sedette sul tavolo vicino alla finestra, poi gli fece cenno di sedersi di fronte a lui con la sua mano grinzosa, simile ai rami degli alberi che in quella stagione apparivano secchi e senza foglie.

-Oggi di che parliamo?-

-Di quello che volete voi padre.-

-Tuo padre è venuto a parlarmi del fatto che il signor Barezzi è andato da lui a dirgli che è rimasto molto colpito della tua composizione per il compleanno di sua moglie.-

Giuseppe assunse un'espressione del viso attenta ma un poco cupa.

-Il signor Barezzi è molto buono con me, mi ha fatto moltissimi complimenti e mi accoglie in casa sua con grande gentilezza.-

-Ti accoglie?- Allargò gli occhi Don Seletti con una punta di scetticismo.

-Si, mi permette di studiare sul suo pianoforte, e sapete, è davvero una gran cosa per me.-

-Giuseppe- cominciò il prete con un tono solenne – la musica è una gran bella passione, ma bisogna nella vita avere un momento in cui decidiamo chi vogliamo essere.-

-Io sono Giuseppe- rispose il ragazzo con semplicità.

-Certo che sei Giuseppe- rispose l'uomo divertito – ma sei Giuseppe il sognatore o Giuseppe il ragazzo che diverrà un uomo responsabile? Io a tuo padre l'ho ripetuto milioni di volte, non dico a tutti che avrebbero un futuro nella chiesa, tu Giuseppe hai delle doti, e possiedi un carattere fermo, che nella vita paga sempre. La musica è una chimera, lo sai questo?-

Giuseppe sospirò profondamente. Ancora quella dannata storia di fare il prete. Don Seletti era un brav'uomo, onesto, ma come poteva indirizzarlo a una simile via? Lui credeva in Dio, nella sua bontà e misericordia, nondimeno nella sua infinita intelligenza; ben appunto per quella si domandava per quale ragione Dio avesse punzecchiato Don Seletti con quella storiaccia. Farsi prete, non vedere più il mondo, non scrivere più musica, se non come quella noiosa e lagnosa che componeva il Ferretti ogni tanto, e non poter conoscere nessuna donna nell'intimità. Lui non voleva fare il prete! Ma avrebbe potuto fare mai  davvero il musicista?

-E poi- aggiunse Don Seletti stirando la sua fronte rugosa come un lenzuolo sistemato sul materasso da due massaie – tu cosa potresti divenire? Ti aspetti di divenire l'organista di Roncole?-Sembrava leggergli nel pensiero a volte, Giuseppe incupì lo sguardo. - No però...-

-Anzi, pensi di divenire maestro di cappella di Busseto? Suvvia Giuseppe sii savio e coscienziosa, come io penso che tu sia già, e riflettici bene, perché ora hai un'età che lo richiede.-

-Ho appena quindici anni.-

-Ben per quello- lo imbeccò Don Seletti con un gesto della mano.

-E allora che dovrei fare?-

-Entrare in seminario Giuseppe.-

-Ma Don Seletti, e se io non possiedo la vocazione come la mettiamo col gran capo?- Sbottò alla fine Giuseppe un poco stanco di quei discorsi che lo svilivano  non poco. Il prete non aspettandosi una reazione come quella, perché di solito il ragazzo annuiva sempre e lasciava cadere l'argomento, allargò gli occhi a dismisura e abbandonò le braccia di fianco al busto con fare esterrefatto.

-Che significa che non hai la vocazione?-

-Quello che ho detto.-

-Non credi tu in Dio?-

-Certo!-

-In Gesù suo figlio nostro redentore e nella vergine Maria?-

-Credo anche nei santi Don Seletti, ma non ho voglia di farmi prete.-

-Oh questa poi, la voglia viene prendendo la via.-

-Per voi è stato così?-

-Bè ecco...Ma insomma Giuseppe- sbottò spazientito - che vorresti fare con questa storia della musica? Che ti dice Provesi? Che puoi prendere il suo posto? Non è così ragazzo che funziona, ed è difficile. C'è il collegio della fabbrica che decide queste cose.-

-A voi piacciono le donne Don Seletti?-

Questa volta l'uomo rimase basito. 

-Certo che no!-

-Appunto, a me piacciono molto!-

-Ah!- Grugnì con un disappunto – se ti riferisci alla canterina di Soragna Giuseppe stai fresco.-

Giuseppe arrossì subitamente. La canterina di Soragna, Giuditta, era una ragazza del coro di quel paese, dotata di una bella voce di soprano, per la quale Provesi gli aveva dato il compito di scrivere un paio di composizioni: le avrebbero suonate in teatro a Busseto per l'otto dicembre. La ragazza con un volto immacolato e due labbra rosso rubino lo aveva stregato; poi quando aveva avuto modo di lavorare con lei su quel paio di composizioni l'aveva scoperta amabile e dolce. Era scappato un bacio dietro le quinte quell'otto dicembre. Ogni tanto la vedeva quando il Provesi la chiamava a cantare lì a casa del Barezzi, ed era rimasta fra loro una bella amicizia, anche se lui avrebbe voluto decisamente qualcosa di più.

-Perché sto fresco?-

-Una cantante! Che razza, donnaccie.-

-Ma Don Seletti, uno come voi non dovrebbe parlare così.-

-Io parlo così perché ti voglio un gran bene Giuseppe, e ho paura che tu possa commettere una sciocchezza prendendo la decisione sbagliata.-

Lo sguardo di Giuseppe si raddolcì, era vero, gli voleva bene, e tutto quello che replicava a volte con pignoleria lo diceva per il suo bene.

-Pensi tu che io voglia il tuo male?-

-No- sospirò Giuseppe in tono meditativo – certo che no.-

-Ecco appunto, pensi che ti voglia infelice?-

-Certamente no.-

-Infatti, mi muove solo l'affetto.-

Giuseppe annuì. L'avevano fatto mille volte quel discorso, e perché uno come Don Seletti avrebbe tanto insistito se non per il suo bene? Che ci guadagnava se lui si faceva prete? Nulla.

Forse Dio si stava adoperando di Don Seletti per fargli capire che idea stupida fosse la musica. Forse era così.

-Ora studiamo un poco di latino va bene?-

-Va bene padre.-

 
 
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