L'Opernhaus di Zurigo ospita uno dei momenti più importanti e attesi della lirica internazionale: l'interpretazione di Diana Damrau del ruolo di Violetta Valery. Il tanto desiderato debutto europeo della Signora del belcanto è una vera festa per il teatro elvetico e le aspettative non sono disattese.
Diana Damrau, vero esempio di perfezione tecnica, esegue la parte in un tripudio di colori e durante “Ah, fors'è lui” si prodiga in una serie di sfumature ben riuscite, con filati raffinatissimi ed emozionanti, note basse ben salde e pronunciate. Nulla da eccepire, come da sua consuetudine, in merito all'eccellenza di acuti, sovracuti, appoggiature e agilità. Molto presumibilmente in primo atto l'attenzione alla purezza del canto non l'aiuta a rendere un personaggio particolarmente sentito, ma la magia accade durante il duetto con  Germont, in cui Damrau lascia il passo ad un fraseggio più espressivo. Nella parte conclusiva, dove fortunatamente si assiste all'esecuzione di entrambe le strofe di “Addio del passato”, succede qualcosa per cui si rompe un filato su “Tutto finì”, ma il soprano tedesco sa sostituirlo immediatamente e con perizia con un pianissimo. In conclusione, la resa vocale è perfetta, l'interpretazione del personaggio deve invece maturare con l'esperienza, mentre si nota la mancanza, soprattutto nei recitativi, in particolar modo in primo atto, di uno spessore adeguato al drammatico ruolo verdiano, difetto tipico di chi ha uno strumento più adatto ad altro tipo di repertorio.
Saimir Pirgu è un Alfredo dotato di bellissima voce squillante e colpisce per la resa di un personaggio misurato oltre che per l'esecuzione di belle sfumature ed eleganti mezze voci, soprattutto in “Parigi o cara”. Le sue qualità naturali avrebbero però bisogno di essere sostenute da un miglior uso della tecnica, soprattutto sui fiati. In effetti si nota una certa mancanza di omogeneità tra forti e piani.
Il baritono rumeno George Petean è un Germont corretto, ma non va molto oltre la lettura dello spartito. La voce è abbastanza opaca, sfumature e cromatismi sono quasi assenti ed il personaggio è molto statico.
Buona è la prova di Julia Riley e Olivia Vote nei ruoli di Flora e Annina, mentre adeguati sono gli altri comprimari Boguslaw Bidzinski, Yuriy Murga, Tomasz Slawinski, Noël Vazquez nei panni di Gastone, Douphol, Obigny e Grenvil.
Il Coro dell'Opera di Zurigo diretto da Jürg Hämmerli è invece abbastanza deludente, poiché manca di omogeneità e sia all'inizio, sia durante “Noi siamo zingarelle” va fuori tempo.
Delicata e particolarmente piacevole è la direzione di Keri-Lynn Wilson, che adotta dei tempi un po' dilatati, ma con un determinato senso interpretativo, mai noiosa né soporifera. La sua è una lettura che sembra lasciare spazio ai sentimenti degli interpreti piuttosto che focalizzarsi su una musicalità più puntuale ma meno personale.
Molto gradevole è l'allestimento firmato da Jürgen Flimm che, con le scene di Claudia Blersch, i costumi di Florence von Gerkan, le luci di Jakob Schlossstein e le coreografie di Katharina Lühr, sa creare uno spettacolo filologico e col giusto abbinamento di modernità e tradizione.
Al termine della serata, applausi per tutti ed ovazioni per Diana Damrau.
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