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Recensione dell'opera Macbeth di Giuseppe Verdi dal Teatro La Scala

guglielmo novalis, 23/04/2013

In breve:
La recita del 18 aprile purtroppo è stata intaccata da disguidi tecnici: sembra che alcuni problemi abbiano reso impossibile l'uso delle scene e quindi La Scala ha offerto una versione di Macbeth in concerto. Mi sarà possibile quindi solo descrivervi la parte musicale cari amici di Liricamente.


Piergiorgio Morandi arriva sul podio della Scala dopo una carriera come direttore di tutto rispetto, e dopo dieci anni come Primo Oboe nell'orchestra di questo stesso teatro.La sua direzione è pratica, il suo occhio sempre vigile e attento a ciò che accade sul palco, i tempi che adotta sono tutti a mio avviso più che giusti e giustificati. 

Io però da un Macbeth alla Scala durante l'anno del bicentenario verdiano avrei desiderato qualcosa di più.

Partendo dalla scena delle streghe, dove il colore orchestrale dovrebbe introdurre l'ambiguità, e sottintendere l'incarnazione del negativo nella sua forma più ripugnante,  per arrivare poi a quella che è la cifra peculiare armonica dell'opera, e che non è stata messa in rilievo in maniera sensibile: la contrapposizione di campi armonici di massima tensione a zone nelle quali le funzioni tonali sono ridotte a un minimo di intensità. Verdi non ha scritto nulla a caso. Questa caratteristica della partitura potrebbe essere una metafora dell'agire umano. Una prorompente e vertiginosa ascesa al male, e poi il silenzio del rimorso, della fragilità, della colpa.

Non desidero scagliarmi contro un buon direttore che fa il suo mestiere, ma è d'obbligo sottolineare quanto quest'opera sia complessa, e come in essa Verdi abbia cercato con tutti i mezzi a disposizione di rendere la sublimità del possente dramma shakespeariano.

Vitaliy Bilyy è Macbeth. Un Macbeth dotato da buona voce, un fraseggio accettabile, ma assolutamente deludente dal punto di vista interpretativo. Ritengo che sia un ruolo estremamente complesso da rendere, non è virtuosistico come la Lady, ma altrettanto complesso, improntato sin dall'inizio su un canto caratterizzato da un'inquieta tensione. In Bilyy si percepiva piuttosto una fiacchezza d'intendi che se è stata voluta denota un'erronea comprensione del personaggio. La resa della sua aria nell'ultimo atto è decisamente il punto più ragguardevole della sua performance (forse Bilyy ha ritenuto necessario tirare fuori gli artigli viste le ovazioni per la Lady e Malcom mentre a lui fino a quel momento erano stati riservati applausi “da ufficio”): ma non basta un'aria per recuperare.

Nei panni della Lady invece ho trovato splendidamente in ruolo Tatiana Serjan. La voce non è di prima qualità ( era Verdi che d'altronde per la Lady desiderava una voce “aspra, soffocata e cupa”), ma la resa tecnica dell'impervia scrittura, il fraseggio, il contrasto tra filati e gli scatti animaleschi nelle volatine, la rendono la trionfatrice indiscussa della serata. L'interpretazione che la signora Serjan ci offre è continuamente in bilico tra una ferocia e protervia ambizione e una disarmata fragilità psicologica. La sua figura affascinante, la gestualità, connesse a questa intensità drammatica che la caratterizza dall'inizio sino alla fine fanno esplodere il pubblico ad ogni sua esecuzione, sia la prima aria, che la scena del sonnambulismo. Grazie signora Serjan. Grazie davvero.

Nota a mio parere dolentissima è stato il Banco di Stefan Kocan. La voce sembrerebbe quella enorme di un basso dell'est, se non fosse per il fatto che l'orchestra lo copre brutalmente ad ogni suo  acuto, e che Banco non è Sparafucile, e non vi è bisogno di rendere la propria vocalità volgare in tale maniera. Interpretativamente non so che dire, il signor Kocan non ha disegnato un buon Banco, ma forse neppure un Banco. Quando poi nella scena del sonnambulismo entra nella parte del medico Gianluca Buratto, giovane basso italiano, mostrando un colore da basso che sembra velluto, mi sembra quasi che mi si faccia una carezza dopo aver preso un sonoro ceffone.

Sono cattivo, lo so, ma il pubblico dagli applausi che ha concesso, o non concesso, sembra aver avuto la mia stessa impressione.

Grande sorpresa, e grande emozione per il Macduff di Wook Jung Kim, a cui il pubblico ha tributo un'ovazione pari a quelle riservati alla Lady della Serjan. Voce limpida e corposa, fraseggio accurato, dizione eccellente.

Completavano il cast il buon e ardimentoso Malcom di Antonio Corianò, la Dama di Emilia Bartoncello, il domestico di Ernesto Panariello, il sicario di Luciano Andreoli, e le tre apparizioni, rispettivamente Lorenzo B. Tedone, Patricia Fedor e Benjamin Natali.

Nota di merito per l'eccellente coro del Teatro alla Scala, guidato dal Maestro Bruno Casoni.

 

 

 

 

 
 
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