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Daminao Michieletto con questo allestimento (la cui ripresa è stata di Eleonora Gravagnola) si è garantito la mia eterna simpatia e una fervida ammirazione, devo dire che l'ho trovato fresco, divertente, sensato, innovativo e mai volgare. Si mormorava in sala che fosse uno di quei suoi allestimenti di cui non andasse particolarmente fiero (concepito per il Maggio Fiorentino nel 2006) e che avesse in cantiere una regia di Barbiere nuova di zecca, ma l'Accademia della Scala ha preferito quella antica (e super economica, aggiungerei). Comunque con la crisi e la moria che sta imperversando sul mondo operistico italiano certe scelte sono d'obbligo, e la direzione intrapresa mi vede assolutamente d'accordo. Per troppi anni si è sperperato senza ritegno, facendo passare broccati e sceneggiature barocche per idee innovative, quando invece, la maggior parte delle volte, si trattava di “brodaglia riscaldata”. Qui, come per esempio nella famosa Traviata di Salisburgo del 2005, si dimostra ancora una volta che se ci sono le idee non è sempre necessario placcarle d'oro, metaforicamente parlando ovviamente.
Barbiere è una di quelle opere che amo alla follia, sa di gioia di vivere, di ebrezza, di scherzo, e già dall'ouverture, grazie alla direzione sobria ma accattivante del maestro Francesco Angelico, si viene immersi in questo clima leggero, che sa di brezza primaverile, ma anche di sketch televisivo ben orchestrato. Un insieme di figuranti, tra i quali poi si riconosceranno alcuni dei personaggi principali dell'opera, mimano un viaggio in treno, con alcuni risvolti esilaranti, a ritmo di musica; il tutto poi si conclude con l'arrivo alla stazione  e in un acquazzone che vede poi formarsi la combriccola di Almaviva giunto sotto il balcone di Rosina. Qui non sono d'accordissimo con Michieletto nel dipingere un Conte che ogni due minuti ha le ginocchia che gli tremano e che a tratti appare fantozziano, ricordiamoci che Le Nozze di Figaro di Mozart delineano un personaggio a cui tutto si può attribuire tranne la paura, e nonostante una certa dose di libertà che deve tenere aperte le porte della novità, nemmeno dentro la stessa opera di Rossini quest'idea è coerente. Uno che ha così paura entrerebbe nella casa del suo rivale fingendosi un soldato e poi un maestro di musica? Con quella verve che la musica rossiniana descrive così bene? Io penso di no.Â
Altra ipotesi è che il tenore, Enrico Iviglia, davvero il peggiore della serata, stesse veramente morendo di paura. Non c'era davvero nessun altro? Passi la shock di aprire le danze con un'aria davvero non facile come la sua, lì si perdona la voce che ogni tanto spariva, le agilità in falsettone, gli attacchi quasi sempre fissi (davvero da barocchista, ma allora perché canta Rossini???), e quell'intonazione sempre ballerina, nonché la continua ansia che trasmetteva. Dopo però si deve capire che abbiamo di fronte un professionista o uno che aspira e ha i mezzi per farlo. Invece la resa vocale e scenica dell'inizio è stata quella di tutta l'opera.Â
Per fortuna arriva poi Christian Senn, Figaro, a risollevare l'animo a tutti in sala, con una cavatina eseguita con gusto, dizione italiana eccezionale e una bella grinta. La voce non è delle più ampie, ma è stato a mio giudizio un Figaro pienamente soddisfacente da molti punti di vista.
Don Bartolo, Filippo Polinelli, l'uomo bianco, penso che Michieletto qui abbia compiuto con gli abiti e il trucco bianchi una citazione, ma non l'ho colta, ha reso un personaggio abbastanza credibile, ma non è stato per nulla incisivo. Si aveva l'impressione che il regista gli avesse detto di compire determinati gesti in un determinato punto musicale per scatenare il riso, ed effettivamente le idee non erano male, ma lui non è stato convincente. Ci sarebbe stato bisogno più di un attore, e Polinelli da questo punto di vista non è un granché.
Al contrario della Rosina, Natalia Gavrilan, una Susy Blady bionda platino, che si è rivelata una piacevole scoperta. La voce è ben educata, lei si dimostra interprete musicale e spiritosa, e ogni tanto, anche se capitava che non sempre riuscisse a far apparire naturale ogni minimo movimento imposto dalla regia, veniva fuori l'autentica Rosina (mi è immensamente piaciuta durante l'aria di Don Bartolo) irriverente, caratterialmente spumeggiante e con un piglio tutto particolare. E' una da tenere d'occhio.Â
Don Basilio era Simon Lim, che io ho apprezzato molto, l'unico a cui a fine aria il pubblico ha tributato un calorosissimo applauso (a parte Figaro, ma con la sua aria é un Vinci Facile...). Il più dotato vocalmente del cast, una voce ben proiettata, squillante, da basso baritono a mio giudizio perfetta per questi repertori. Ovviamente qualche difettino nella pronuncia è da togliere, ma anche come attore si è dimostrato credibile.
La Berta, Na Hyun Yeo ha fatto il suo lavoro, il suo spogliarello durante l'aria “Il Vecchiotto cerca moglie” sarebbe stata una bell'idea ma con una brava attrice a mimarlo magari; lei ha fatto tutto, ma i gesti erano privi della minima sensualità e io sono di quelli che pensa che se fai una cosa del genere in teatro, in un punto dove assolutamente nella musica non vi è nulla che lasci presupporre che ci stia, o lo carichi a dismisura o non lo fai. Io non l'avrei fatta.
Completava poi il cast il buon Fiorello di Davide Pelissero.
Tutto sino alla fine è stato condito da mimi che facevano quasi da contraltare alle cose dette dai personaggi principali, un mezzo che a mio avviso ha reso ancor più piacevole il godimento dell'opera da parte del pubblico che ha sinceramente apprezzato la serata, anche grazie alla direzione di questo giovane direttore, Francesco Angelico, a cui va la nota di merito di aver tenuto in piedi concertati e tutto il resto con sapienza e polso.
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Una piacevolissima serata.
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