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Recensione dell'opera Rigoletto di Giuseppe Verdi presso il Teatro Regio di Parma

William Fratti, 06/11/2012

In breve:
La Rancatore seppur indisposta è riuscita a tratteggiare una Gilda di tutto rispetto, Celso Abelo raffinato Duca di Mantova e Michele Pertusi elegante come sempre, anche se il suo colore risulta poco adatto al personaggio


Nella serata del 26 ottobre, ultima data in cartellone, il ruolo della figlia del buffone è affidato a Désirée Rancatore. La celebre soprano è indubbiamente la Gilda del momento e la sua interpretazione, affiancata a quella di Nucci, è all'apice del realismo. Purtroppo è affetta da una forte indisposizione alle vie respiratorie e il suono non può materialmente essere così pulito e perfetto come di sua consuetudine – fortunatamente ciò si nota solo in pochissimi punti – e riesce ad eseguire l'intera partitura, bissando “Sì, vendetta, tremenda vendetta”, senza alcun problema, certamente grazie alla solidità della sua tecnica. La raffinatezza, l'intonazione, la morbidezza, l'omogeneità della linea di canto ci sono tutte e questo fa della Rancatore una grande professionista.
 
Le è accanto il Duca di Celso Albelo, la cui delicatezza rimanda indubbiamente all'insegnamento ricevuto da Carlo Bergonzi. La levatura del suo canto già si nota in “Questa o quella”, gli acuti sono ben impostati in avanti e il passaggio ben uniforme si fa sentire soprattutto nel duetto con Gilda. Peccato che “Partite? Crudele!” venga completamente scordato. Il buon fraseggio e il corretto uso dei colori escono principalmente in “Parmi veder le lagrime”. Il pubblico richiede fortemente il bis de “La donna è mobile”, in cui certamente la vocalità del tenore si fa maggiormente contemplare e ammirare, ma va segnalato che tale apprezzamento non tiene in considerazione il fatto che l'esecuzione non è propriamente a tempo.
 

Michele Pertusi torna al ruolo che lo ha visto debuttare venticinque anni fa e lo fa con una classe e un'eleganza ineguagliabili. Il suo modo di cantare raffinato, il suo saper fraseggiare in maniera altamente espressiva, la sua attenzione alla parola e al gesto, il suo impegno nella purezza del suono, fanno di lui un cantante di grandissima professionalità e, del suo Sparafucile, un personaggio di altissima statura. È però doveroso sottolineare che pur possedendo saldamente le note gravi che Verdi ha dedicato a questo cattivo – il fa grave di “Sparafucil” e il Sol bemolle grave di “Buonanotte” – l'artista non ha il colore che abitualmente è affidato a questo ruolo, pertanto certamente incontra il favore degli amanti del belcanto, ma non quello dei sostenitori della tradizione. 

 
 
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