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Il Rigoletto-salva-Festival inaugura l'edizione 2012 del cartellone interamente dedicato al compositore più popolare del mondo, in un momento particolarmente difficile per il Teatro Regio e la Città di Parma. Il calendario precedentemente presentato dal sovrintendente uscente e dal commissario è stato quasi interamente spazzato e sostituito. Ma una nota giornalista ha giustamente detto che ripresentare Rigoletto a Parma è patologico. Non è l'opera ad essere malata, né gli artisti chiamati in causa. Ma riproporre lo stesso titolo, con lo stesso allestimento, per la terza volta nel giro di pochi anni, sta a significare che c'è un serio problema.
Purtroppo in Italia accade spesso che si vengano a creare delle voragini economiche e finanziarie che mettono in ginocchio i conti pubblici e a farne le spese sono sempre e soltanto i cittadini. Il celebre artista Leo Nucci è stato chiamato a soccorrere una situazione davvero difficile e non sono mancate le polemiche. In questa sede si vuole fare critica e non si desidera prendere parte a nessun  tipo di fazione, ma è doveroso riportare le voci che corrono nel foyer, nel loggione e nei corridoi dei palchi, poiché sono gli spettatori a pagare il biglietto (molto salato) e hanno tutto il diritto di parlare, a torto, o a ragione.
La fine del rapporto con l'Orchestra del Teatro Regio S.r.l. e il ritorno della Fondazione Arturo Toscanini, la querelle tra Leo Nucci e Michele Pertusi risalente al 2010 e oggi trasformata in un rinnovo del rapporto d'amicizia, l'alto numero degli artisti impegnati provenienti dall'agenzia Ariosi Management, il cachet dei protagonisti: sono questi gli argomenti scottanti che imperversano e passano da una bocca all'altra. Del resto il malcontento dei cittadini è comprensibile, poiché dopo l'enorme insuccesso del Centenario Verdiano del 2001, non si aspettavano una simile situazione alle porte del 2013. È la storia che si ripete.
Lo spettacolo è un successo annunciato. Anche se le ombre sono molte, anzi, moltissime. Innanzitutto nella serata di venerdì 5 ottobre si notano alcuni palchi e diverse poltrone vuote; e ciò non è mai successo a Parma con questo titolo.
Riguardo l'intramontabile baritono bolognese, non c'è alcunché da dire in merito all'interpretazione e alla resa del personaggio, poiché continua ad essere il migliore Rigoletto dell'ultimo ventennio, addirittura con l'avanzare dell'età risulta ancora più credibile. Ma la voce inizia a subire i colpi della senescenza: diverse frasi si volgono più al parlato che al cantato e la tenuta non è sempre stabile. Ciononostante le emozioni, fino alle lacrime agli occhi, sono assicurate, soprattutto in “Cortigiani, vil razza dannata” e in “Sì, vendetta, tremenda vendetta” rigorosamente bissato a grande richiesta del pubblico.
Jessica Pratt si conferma essere una delle migliori belcantiste del momento. I suoni che riesce a produrre, sempre morbidi ed omogenei, sono naturalissimi e di altissima levatura. Purtroppo non ha le physique du rôle e la sua Gilda non è pertanto molto credibile. Ma la qualità vocale è così importante che è sufficiente chiudere gli occhi. Tra i momenti migliori è da segnalarsi il duetto con il Duca.
Piero Pretti, già notato nel medesimo ruolo sul palcoscenico torinese, riafferma le sue doti e qualità, soprattutto nell'ostico passaggio all'acuto. Le temibili frasi “D'invidia agli uomini sarò per te” ed “ei che le sfere agli angeli” sono assolutamente ragguardevoli. Da rimarcare è il fatto che solo lo studio continuo ed il confronto con i ruoli adeguati possono creare per il tenore nuorese il giusto terreno per un futuro davvero roseo. Invece, leggendo il suo prossimo programma, sembra che voglia seguire le sorti di molti altri tenori italiani, e con ciò rischierebbe di diventare uno dei tanti.
Daniel Oren, alla guida della validissima Filarmonica Arturo Toscanini, dipinge un Rigoletto tenebroso, dal clima scuro e nebbioso, donando al pubblico emozioni forti, tanto quanto gli interpreti principali. Purtroppo ogni tanto si assopisce su qualche tempo un po' troppo lento, dando un senso di discontinuità. Oltretutto mancano molti legati e la partitura soffre di qualche taglio di troppo.
Il Coro del Teatro Regio di Parma diretto da Martino Faggiani resta uno dei migliori del panorama musicale verdiano, anche se soffre dell'abbandono di alcuni validissimi elementi.
Sfortunatamente le gioie del Rigoletto-salva-Festival finiscono qui. Le voci degli altri interpreti sono pressoché nella norma e non rientrano certamente nell'immaginario di quello che mediaticamente era stato definito il Rigoletto-come-si-deve.
Felipe Bou e Barbara Di Castri svolgono dignitosamente il loro compito, ma l'eccellenza è parecchio lontana, sia in termini di timbro e colore, sia in termini di proiezione. Valdis Jansons, Patrizio Saudelli, Alessandro Busi, Alessandro Bianchini e Alisa Dilecta portano a casa la pelle. George Andguladze, senza colori né sfumature, e Leonora Sofia, poco intonata, non sono presentabili. Un tempo il loggione parmigiano non avrebbe permesso a questi artisti di passare indenni.
Infine, riguardo lo sfruttatissimo allestimento di Pier Luigi Samaritani, in questa particolare occasione si è voluto eliminare ogni ammodernamento apportato da Stefano Vizioli nel 2008 – e con lui Alessandro Ciammarughi alle scene e costumi e Franco Marri alle luci – in favore di un ripresa dello spettacolo originale, curata da Elisabetta Brusa, coadiuvata da Andrea Borelli alle luci. Purtroppo in questo caso la vecchia ricetta verdiana “torniamo all'antico e sarà un progresso” non funziona, poiché manca quel nervo, quella potenza, quell'invenzione, quel pathos, quella velocità che ci si aspetta dal teatro di oggi. Inoltre i duetti tra i protagonisti sono stati poco curati nel gesto e raramente si toccano o si rivolgono l'un l'altro, ma più facilmente sono intenti in altre attività. Ad esempio è quasi ridicolo che Gilda, nel confessare al padre di essersi innamorata del giovane “studente e povero”, sia più attenta a riallacciarsi il vestito, piuttosto che a chiedergli aiuto e soccorso.
Applausi numerosissimi per tutti. Ovazioni per Nucci, Pratt e Oren.
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