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Recensione dell'opera lirica Der Rosenkavalier di Richard Strauss diretto da Zubin Mehta

William Fratti, 28/05/2012

In breve:
Firenze, 4 maggio - Inaugura la 75a edizione del Maggio Musicale Fiorentino l'oper Der Rosenkavalier di Richard Strauss, diretto da Zubin Mehta.


È un grande successo per tutti la serata inaugurale del Maggio Musicale Fiorentino che, giunto alla sua settantacinquesima edizione, propone un programma intenso e ricco di appuntamenti ad alto contenuto culturale. I prezzi della prima di Der Rosenkavalier sono molto alti, ma fortunatamente la seconda galleria è gremita di melomani appassionati; purtroppo lo stesso non si può dire per la platea, i palchi e la prima galleria, dove nonostante l'alto numero degli invitati (non si capisce perché non si sia ancora riusciti ad eliminare questo cancro dell'opera, la cui crisi economica è in costante aumento e il numero degli omaggi o dei crediti amministrativi non dà segno di diminuzione) i posti vuoti sono diversi e particolarmente vistose sono le personalità assenti.

Der Rosenkavalier non è un'opera di facile messinscena, ma in quest'occasione il Maggio riesce a mettere insieme il giusto gruppo di lavoro, ottenendo un buon risultato sotto ogni punto di vista. Al termine della rappresentazione il pubblico si mostra caloroso e accogliente con tutti, soprattutto con i cantanti protagonisti e il Maestro Mehta. Pochissimi e fievoli dissensi nei confronti dell'orchestra e del regista sono nascosti da scroscianti applausi ben più numerosi.

Il vero protagonista della commedia di Strauss è la musica, e la precisione di Zubin Mehta, che talvolta può risultare troppo severa nel repertorio ottocentesco più popolare, qui è ben accetta, anzi, indispensabile. Gli oltre cento musicisti in gioco sono guidati con polso perfetto e la compagine orchestrale si muove con un respiro all'unisono, prodigandosi nei cromatismi straussiani come da spartito. La performance è talmente buona da far dimenticare lo scomodo sciopero durante la precedente Anna Bolena.

Caitlin Hulcup interpreta un Octavian accattivante, ma dalla sua esecuzione vocale ci si aspettava molto di più. Non si possono segnalare errori o sbavature, ma il suo canto spesso passava in secondo piano. In poche parole non reggeva il confronto – inevitabile – con il realismo espressivo della bravissima Angela Denoke, né con la delicata finezza di Sylvia Schwartz.

Angela Denoke è una Marescialla prima sensuale poi totalmente affranta, autoritaria ma materna allo stesso tempo ed impersona magnificamente l'elemento del declino, della sfioritura e del dolore che ne consegue, senza eccedere. La voce del soprano tedesco è molto importante, sa essere elegante ed espressiva, col solo appunto di qualche nota non propriamente intonata. Il meritato successo che ottiene si riferisce particolarmente al finale di primo atto e al terzetto che chiude l'opera, magistralmente interpretati.

Kristinn Sigmundsson è un Barone Ochs divertente e giustamente misurato, che sa esprimersi in situazioni spassose senza cedere negli stereotipi buffi ottocenteschi, al massimo occhieggiando al Falstaff verdiano. Mostra un buon fraseggio, particolarmente piacevole nello sviluppo del suo ruolo, e una vocalità decisamente adeguata, seppur poco solida ed imponente nelle note più basse.

Sylvia Schwartz è una Sophie davvero pregevole e raffinata, abilissima nei filati e nei pianissimi, salda negli acuti ben impostati. Della soprano anglo-spagnola si apprezza particolarmente la morbida linea di canto – notevole la scena in cui Octavian le consegna la rosa, forse la migliore dell'esecuzione – in un'opera in cui il canto parlato la fa da padrone.

Eike Wilm Sculte, nel ruolo di Faninal, mostra una bella voce squillante e un facile passaggio all'acuto. Lo affianca Ingrid Kaiserfeld nei panni di un'efficace Marianne Leimetzerin.

Anna Maria Chiuri e Niklas Björling Rygert, Annina e Valzacchi, sono indiscutibilmente i personaggi più divertenti di questa produzione. La costruzione della loro parte, anche nei punti in cui non cantano, è realizzata con estrema cura e nella resa i due interpreti sono chiaramente abilissimi. Inoltre il mezzosoprano di origine altoatesina si prodiga in un canto corposo e imponente, ma anche raffinato nei pianissimi, dimostrando una certa padronanza dello stile straussiano.

Celso Albelo è interprete della celebre aria del cantante italiano, ma pur esibendo la sua bellissima voce, non sa donare il giusto colore e l'adeguato fraseggio patetico a quella che dovrebbe essere la musica più affascinante dell'opera.

Ben eseguiti ed efficaci gli altri ruoli comprimariali, compresi quelli muti: Commissario, Pawel Izdebski; il Maggiordono della Marescialla, Alexander Kaimbacher; il Maggiordomo di Faninal/Oste, Kurt Azesberger; il Notaio, Marcus Pelz; le orfane, Sabrina Testa, Elisa Fortunati, Raffaella Ambrosino; la Modista, Jennifer O'Loughlin; il Venditore di animali, Saverio Fiore; Leupold, Giovanni Mazzei; i Quattro lacché/camerieri, Fabio Bertella, Nicolò Ayroldi, Davide Cusumano, Antonio Menicucci; gli Uomini di Lerchenau, Salvatore Massei, Egidio Naccarato, Antonio Montesi; il Portiere, Lisandro Guinis.

Buona la prova del coro diretto da Piero Monti, con particolare menzione per il Coro di voci bianche della Scuola di Musica di Fiesole guidato da Joan Yakkey.

Lo spettacolo firmato da Eike Gramss è un buon esempio di classicismo espresso con sistemi moderni. Innanzitutto si nota una particolare attenzione alla parola scenica: gli interpreti hanno sempre la possibilità di esprimersi senza incorrere in scomode scelte di regia. Inoltre si percepisce immediatamente – e senza alcun fastidio, anzi, con vero piacere – l'atemporalità che si è voluta trasmettere, o meglio, il prolungamento dell'epoca scenica, non più confinata al tempo dell'Imperatrice Maria Teresa, ma estesa fino agli ultimi momenti della potenza asburgica, quasi a sottolineare i quasi 150 anni impiegati, dalla Rivoluzione Francese alla Prima Guerra Mondiale, al compimento del declino della nobiltà europea.

Il pregevole impianto scenografico di Hans Schavernoch forse risulta essere un poco monotono in primo atto e non propriamente azzeccato in terzo, ma comunque sempre elegante e di buon gusto. I bei costumi di Catherine Voeffray sono azzeccatissimi e contribuiscono ad una migliore caratterizzazione dei personaggi; davvero pregevoli gli abiti indossati dalla Marescialla e Sophie, oltreché da Marianne e Annina. Le luci di Manfred Voss sono particolarmente suggestive, soprattutto all'apertura della scena della consegna della rosa e del finale ultimo.

Un successo meritato per tutti. Peccato che la temperatura eccessivamente bassa dell'impianto di condizionamento abbia causato una vera e propria epidemia di starnuti in sala durante secondo atto, disturbando chiaramente lo svolgimento musicale.

 
 
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