Nonostante la crisi finanziaria il Bergamo Musica Festival Gaetano
Donizetti riesce a costruire un cartellone degno del suo nome, almeno
sulla carta, con titoli spesso assenti dai palcoscenici italiani come
Gemma di Vergy e Maria di Rohan, ed interpreti di assoluto rilievo.
L'inaugurazione spetta alla tragedia lirica tratta dal Carlo VII
di Dumas, capolavoro assoluto del compositore
bergamasco, sintesi del belcanto drammatico e del belcanto romantico.
Lo
spettacolo firmato da Laurent Gerber è molto
tradizionale, piacevole e non monotono nello sviluppo della vicenda, purtroppo
privo di idee accattivanti che avrebbero potuto renderla più interessante.
In collaborazione con gli allievi dell'Accademia Teatro alla Scala,
Angelo Sala realizza delle scene abbastanza classiche, come pure i
costumi, che però spiccano maggiormente, sia per il gradevole taglio, sia per le
belle stoffe. Suggestive sono le luci di Claudio Schmid, mentre
ridicoli sono i movimenti coreografici di Tiziana Colombo che
accompagnano i cori delle damigelle di Ida.
Roberto Rizzi Brignoli dirige l'Orchestra del
Bergamo Musica Festival Gaetano Donizetti con risultato approssimativo
e dozzinale.
Lo stesso vale per il Coro guidato da Fabio Tartari.
Purtroppo è difficile commentare in maniera obiettiva un tale risultato, che da
anni si ripete in quasi tutte le produzioni. In poche parole i fondi sono pochi,
pertanto è impossibile accogliere formazioni già composte e al lavoro tutto
l'anno; il tempo disponibile per le prove musicali è scarso, quindi diventa
difficile raggiungere una certa omogeneità; pertanto ciò che si ottiene manca
inevitabilmente di amalgama, di precisione e di approfondimento. Da ciò si
evince che la colpa non può essere del singolo.
Maria Agresta, forte del recente successo ne I
vespri siciliani a Torino, dà voce al difficilissimo personaggio di
Gemma, prodigandosi in un ruolo che corre continuamente dal
drammatico al romantico. Il recitativo precedente la cavatina d'ingresso mostra
immediatamente le qualità del soprano, che possiede chiaramente un'ottima
intonazione, ma durante l'aria appare leggermente acerba.
Nel successivo duetto con Guido le frasi sono molto belle ed
eleganti, e la luminosità del suo canto spianato trova il suo apice nel
concertato conclusivo del primo atto. Nel quartetto torna a dare segni di
asprezza, mentre nel rondò finale raggiunge scioltezza ed omogeneità. Il buon
risultato raggiunto molto probabilmente sarebbe stato ottimo, se il tempo a
disposizione per le prove musicali, di un'opera quasi assente dal repertorio,
fosse stato maggiore.
Mario Cassi ha una bella linea di canto, ma decisamente
limitata nell'estensione. Le note gravi sono tutte parlate, mentre la
brillantezza, lo squillo e gli accenti sono tutti proiettati verso l'alto, più
vicini a quelli di un tenore. È indubbiamente piacevole ascoltare questa voce
finché si resta vicino al registro centrale, ma spostandosi verso il basso, o
passando all'acuto, si ode una vocalità molto particolare, forse più adatta ad
altro tipo di repertorio.
Gregory Kunde oggi sta vivendo una seconda giovinezza, ma
pare recentemente adatto a repertori dalle tinte più spinte e drammatiche,
pertanto non è perfettamente a suo agio nelle pagine del giovane Tamas, che
necessiterebbero di maggior grazia e delicatezza. Ciò non significa che non si
sia apprezzata la sua performance, comunque degna del nome che porta, anche se
avrebbe potuto evitare di concludere l'aria con un acuto corto e spezzato.
Leonardo Galeazzi è un Guido perfettamente
caratterizzato, giustamente a metà strada nell'affetto per il Conte e
per Gemma. Purtroppo la bellissima cavatina d'ingresso è quasi
completamente coperta da un coro e un'orchestra eccessivamente forti e calcati,
come pure il pertichino di Rolando. Colpiscono maggiormente l'eleganza
e l'ampiezza delle frasi nel duetto con Gemma e nel finale primo.
Dario Russo è un Rolando efficace e ben impostato,
mentre Kremena Dilcheva è stridula e sgraziata nel ruolo di
Ida.
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