Il Festival Verdi 2011 prosegue con Messa da Requiem,
proposta e ripresa dalle telecamere per la terza volta in cinque anni.
Dopo
essere stata eseguita sotto la direzione di Riccardo Muti al Teatro
Regio e di Lorin Maazel nella Cattedrale di Parma, ora è Yuri
Temirkanov a dispiegare le pagine dell'eccelsa partitura verdiana
nella splendida cornice del Teatro Farnese.
Da diverse settimane la città e l'affezionato pubblico dei melomani si
scontrano in merito ai problemi di acustica che assillano il seicentesco
gioiello ligneo, ma per spezzare una lancia a favore dell'utilizzo di questo
incredibile spazio basti citare la sua unicità nel mondo. Resta inteso che un
suo continuo impiego necessita di costosissimi accorgimenti atti a migliorarne
la sonorità, ma occorre tenere ben presenti le gravi difficoltà in cui versano
attualmente il Teatro Regio e il Comune di Parma.
Già dall'ingresso al grandioso scalone a forbice, primo esempio in Italia di
scalone a tre rampe sul modello della Escalera Imperial dell'Escorial,
si sente palpitare l'emozione dell'imminente spettacolo; peccato per
l'abbondanza di escrementi di piccione e la copiosità di orinate sotto i portici
del Palazzo della Pilotta e contro l'adiacente Monumento a Giuseppe
Verdi, che dovrebbe essere trattato come un santuario piuttosto che
alla stregua di un vespasiano.
I veri protagonisti della serata sono l'Orchestra e il Coro del
Teatro Regio di Parma – diretto da Martino Faggiani –
incredibilmente corretti, precisi, attenti alla qualità del suono, all'uso dei
colori e degli accenti verdiani, ben consapevoli di ciò che sta scritto tra le
righe dello spartito: intensità e sentimento.
Yuri Temirkanov dirige con polso fermo, facendo sentire un
buon amalgama e un ampio respiro musicale, ma non ripete le prodezze de La
traviata del 2007 e fortunatamente neppure lo scempio de Il trovatore dello
scorso anno.
Il quartetto dei solisti non si rivela essere all'altezza della situazione,
sicuramente complici le poche prove e la secchezza dell'acustica del teatro.
Dimitra Theodossiou risulta la migliore, ma non è certamente
la sua serata. I suoi pianissimi e i suoi filati sono sempre toccanti,
emozionanti e raffinati, soprattutto nel “Requiem” del “Libera me”,
ma ne abusa anche quando è richiesta la voce piena. Tutto sommato
l'interpretazione è molto buona, seppur non esemplare come ci si aspettava.
Sonia Ganassi è un'elegante cesellatrice dello spartito, ma
quando il suono di Coro e Orchestra è importante, la sua voce scompare quasi
completamente.
Roberto Aronica torna finalmente sul palcoscenico di Parma.
È in forma discreta, ma il suo squillo non si fa sentire e gli acuti restano
soltanto note dopo il passaggio.
Riccardo Zanellato esegue la sua parte con moderazione. Le
note ci sono tutte, ma mancano gli accenti ed il vigore verdiano.
Al termine dello spettacolo tutti ricevono i meritati applausi, anche se
molti degli intervenuti, aspettandosi l'eccellenza, hanno trovato semplicemente
un risultato più che apprezzabile.
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