Opera inaugurale del ROF 2011, Adelaide di Borgogna non è
forse una delle partiture più pregevoli del genio di Rossini,
ma le melodie e il dinamismo con cui si svolge la vicenda ne fanno un melodramma
davvero piacevole da guardare e ascoltare.
Nonostante
i limiti dello spartito il direttore Dmitri Jurowski
e il maestro collaboratore responsabile Sabrina Avantario
compiono un egregio lavoro, nel rigido rispetto dei canoni rossiniani, ove
possibile, dando un risultato molto omogeneo e ricco di sfumature.
Pier'Alli, come già più volte in passato, crea uno
spettacolo a scena unica, avvalendosi di proiezioni e attrezzeria per richiamare
le diverse – e in questo caso molto numerose – situazioni, dimostrando come non
sia necessario sperperare denaro in imponenti scenografie per ottenere il giusto
effetto. Il lavoro del regista fiorentino è sempre puntuale, improntato
sulla gestualità, mai nulla è lasciato al caso e la vicenda è svolta in maniera
equilibrata, come un nastro, senza mai un momento vuoto, anche se le parti
corali potevano essere meglio rappresentate. Di dubbio gusto sono una poco
comprensibile coreografia femminile e un'inadeguata battaglia degli ombrelli, ma
si tratta fortunatamente di brevi momenti trascurabili.
Jessica Pratt, debuttante sul palcoscenico pesarese, veste i
panni di un'incantevole protagonista, puntando sulle pregevoli qualità della sua
voce, impreziosendo il ruolo con piacevolissimi filati fin dall'inizio; con una
tinta romantica forse più belliniana che rossiniana, ma ciò è una questione di
stile personale, su cui non è oggettivamente possibile estendere una critica
completamente obiettiva. L'intonazione è ottima, la linea di canto è omogenea e
le note sono tutte al loro posto, dal registro medio grave al sovracuto. Le
agilità forse non sono tra le più vicine a Rossini, ma comunque
in perfetto equilibrio col resto dell'interpretazione.
Daniela Barcellona eccelle, come sempre, nei ruoli
en-travesti del repertorio serio rossiniano, di cui è specialista. La tecnica è
ineccepibile, la qualità del canto è di altissimo livello, l'interpretazione è
misurata e autorevole, forse un po' femminile in certi punti, ma la colpa è più
del librettista che non di chi veste i panni del personaggio. Lunghi e meritati
applausi giungono alla cavatina d'ingresso “Soffri la tua sventura”, ma
è soprattutto l'aria finale “Vieni: tuo sposo e amante” a lasciare il
segno. Particolarmente degno di nota è il duetto di Ottone con
Adelaide “Mi dai corona e vita” soprattutto nella cadenza “Sempre
altare ov'io t'adori… Tu che i puri e casti affetti” dove le due
protagoniste si esprimono in maniera davvero toccante.
Il giovane Bogdan Mihai è la vera incognita della
produzione: si cimenta in una corretta interpretazione, ma la vocalità è ancora
troppo acerba per poter dispiegare la parte in maniera perfetta e senza alcuna
sbavatura. Grossi errori nel ruolo di Adelberto non ce ne sono, ma è
l'impostazione che va rivista, la tecnica perfezionata e c'è ancora molto spazio
per migliorare lo stile, i cromatismi, il recitativo e il fraseggio.
Il bravo Nicola Ulivieri risolve il ruolo di Berengario
come un vecchio leone saggio, nel rispetto dei canoni rossiniani, ma con le
legittime eccezioni richieste da una più moderna resa del personaggio, cattivo
al punto giusto. Completano il cast, senza lasciarne il segno,
Jeannette Fischer, Francesca Pierpaoli e Clemente Antonio
Daliotti nei ruoli di Eurice, Iroldo ed Ernesto.
Buona la prova del Coro del Teatro Comunale di Bologna diretto
da Lorenzo Fratini.
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