» Recensione opera Lucia di Lammermoor di G. Donizetti al Teatro Massimo di Palermo
Gigi Scalici, 23/06/2011
In breve: Palermo 19/06/2011 - Desirée Rancatore conquista il pubblico con una raffinata Lucia dalla lettura vocale ed interpretativa di alto livello drammaturgico-romantico.
Conclusasi la celebre scena della pazzia, al termine della complessa cadenza
con il flauto traverso, in cui voce e strumento conversano, Lucia
omicida giace ormai stremata a terra, con il candido abito intriso di sangue ed
il pubblico che ha assistito con emozione in assoluto silenzio religioso,
scoppia in un fragore d'interminabili applausi a premiare Desirée,
in un ruolo che la impegna costantemente nell'intero registro vocale in tutti e
tre gli atti, senza risparmiarle Re e Mi bemolle sovracuti che gestisce con
assoluta sicurezza, brillantezza di colori ed adeguata intensità.
Il giovane e noto soprano di affermata fama internazionale - dopo il successo
de “I Puritani” di Bellini del 2008, in cui è
stata una pregevole Elvira anch'essa vaneggiante - torna nella sua
città, nelle vesti della fragilissima Sposa di Lammermoor di Walter
Scott ambientata nel '500, capolavoro di realismo drammatico/romantico
della prima metà dell'ottocento del trentottenne prolifico compositore di
Bergamo (spesso interpretata impropriamente con eccessiva espressività da
soprani e tenori lirico-spinto) in cui si cimenta da oltre cinque anni in vari
teatri e con successo, compreso il temibile Regio di Parma.
Intrapresa giovanissima la carriera, da virtuosistico soprano lirico -
leggero di coloratura e di agilità, con agevole estensione fuori dal
pentagramma, nel tempo il suo registro si è fatto ben saldo nella zona centrale,
tanto da consentirle di iniziare ad affrontare il repertorio più lirico, pur
rimanendo abile interprete nelle agilità più complesse e come si è detto in
altre occasioni, nel tempo e con la maturità artistica potrebbe affrontare ruoli
anche verdiani, non fermandosi soltanto a Gilda.
Oggi
è tra le poche interpreti di Lucia ed ha tutti i numeri per
divenire erede artistica della celebre Mariella Devia (ottima
Lucia a Palermo nel 2003, con identico allestimento), con la quale
condivide alcune particolarità. Riesce a mettere a fuoco, nei complessi
recitativi e nelle agilità dalla tessitura più alta, la personalità inizialmente
forte, ma altrettanto debole e disturbata di Lucia, già destinata ad
impazzire schiacciata dal potere maschile, condividendo le intenzioni della
sapiente regia firmata dal maestro Gilbert Deflo, in un
allestimento in cui prevalgono il bianco ed il nero che arricchiscono i
contrasti del noto melodramma, in una eloquente essenzialità di conflitto
psicologico espresso in musica, come nella cavatina di “Regnava nel silenzio”
e nel virtuosismo di “Quando rapita in estasi” della prima parte.
Molto equilibrato il celebre appassionato duetto “Verranno a te sull'aure”
apprezzato con plauso unanime, con l'amato e proibito
Edgardo, più che
dignitosamente interpretato dal generoso giovane tenore di origini albanesi
Giuseppe Gipali, molto noto alle platee internazionali dagli inizi del duemila
in un vasto repertorio prevalentemente mozartiano, belliniano, verdiano e
pucciniano e sotto la bacchetta dei maggiori direttori d'orchestra. Tenore
dal bel timbro lirico esteso e di volume ampio, ha sicuramente risolto il suo
personaggio con maestria, soprattutto al termine, in “Tombe degli avi miei
” ed in “Tu che a Dio spiegasti l'ali ” tendendo però verso l'eroico
piuttosto che verso il romantico. E' doveroso a titolo d'esempio, riferirsi
in particolare ai romantici Edgardo di Vincenzo La Scola
- scomparso da poco prematuramente - degli anni novanta e per non
andare troppo lontani dell'indimenticabile Alfredo Kraus.
Un altro artista concittadino: il baritono Nicola Alaimo
nelle vesti di Lord Enrico, fratello cattivo di Lucia che
obbligandola al matrimonio con Lord Arturo e facendo carte false, cerca
di rafforzare il suo potere. Il timbro del giovane baritono, che ha già sin
dalla fine degli anni novanta nel repertorio ruoli rossiniani, verdiani, nonché
pucciniani è molto generoso, dal potente volume e ben proiettato che raggiunge
facilmente i posti più lontani anche nei concertati, che tuttavia riesce a
controllare nei recitativi. Esordisce bene nel larghetto di “Cruda
funesta smania”, nella cabaletta “La pietade in suo favore” e
prosegue con sicurezza nei duetti come in “Se tradirmi tu potrai”, ma
dà l'impressione di un personaggio verdiano, forse sin troppo veemente
trascurando che Enrico – pur essendo un cattivo - è soprattutto un
nobile. Si tratterà sicuramente di migliorare lo stile di canto, ferme
restando le indiscutibili potenzialità vocali.
Sul piano interpretativo, forse grazie ad una maggior esperienza, centra
meglio il suo ruolo il Basso Deyan Vatchkov, Raimondo
tutore di Lucia, personaggio non meno importante degli altri nel
dramma. Il giovane artista bulgaro, anch'esso in giro per il mondo, già
confermato ottimo Raimondo e Don Basilio alla Scala, ha nel
repertorio i principali personaggi della sua tessitura in Mozart,
Rossini, Bellini, Verdi, Bizet, Massenet e Puccini. Bel timbro
rotondo di basso, facilmente esteso verso quello baritonale (ricorda il grande
Ghiaurov da giovane), possiede un gran volume di voce ben
impostata che amministra con attenzione e con uno stile di canto distinto, che
rivela l'ottimo insegnamento ricevuto. E' padrone del ruolo in “Dalle
stanze ove Lucia”, ma la partitura lo coinvolge quasi sempre ed in
particolare nel famoso sestetto “Chi mi frena in tal momento” ed in “Qual
funesto avvenimento” con il coro nell'ultimo atto, cui Giuseppe Verdi si è
sicuramente inspirato per i suoi capolavori.
Dignitosi gli altri artisti
che hanno affiancato i suddetti interpreti: Patrizia Gentile,
mezzo soprano in Alisa ed i tenori Giulio Pelligra in
Lord Arturo ed Iorio Zennaro in Normanno.
La compagine orchestrale è ben concertata e diretta accuratamente dal
beniamino Maestro Stefano Ranzani, molto affiatato con i
professori d'orchestra dai quali riesce ad ottenere, con un vero e proprio
coinvolgimento personale, il giusto equilibrio musicale con le voci soliste e
con il coro, fortunatamente tutte di ottimo volume, nei tempi e nelle dinamiche,
in una partitura molto ricca di un'intensa timbrica, alternata a molte pagine
ricche di melodie e di interventi solistici. Rincresce però che mancasse
l'importante scena della torre, all'inizio dell'ultimo atto, in cui si
affrontano Edgardo ed Enrico: un taglio che viene fatto ormai
in molte rappresentazioni.
Ottima pure la preparazione del pregevole coro da parte di Andrea
Faidutti, impegnato soprattutto nelle sezioni maschili:
dall'aggressività in “Percorriamo le spiagge vicine” della prima scena,
all'allegria di “Per te immenso giubilo” del ricevimento nuziale;
purtroppo troppo statico per le scelte registiche che hanno determinato alcune
variazioni al libretto, come ad esempio il suicidio di Edgardo con la
pistola anziché con il pugnale.
Un'edizione sicuramente da ricordare, soprattutto in quest'ultima gremita
replica domenicale che ha concluso il ciclo, in cui la partecipazione degli
spettatori – accentuata da un'educata tifoseria del loggione per Desirée
Rancatore e Nicola Alaimo - è stata molto intensa e
gratificante per gli artisti, tanto applauditi e richiamati a fine spettacolo,
con vere e proprie ovazioni soprattutto per Desirée,
visibilmente molto emozionata e per il direttore Ranzani, nonché per l'eccellente
flauto solista chiamato sul palco.
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