(Clicca sulle immagini per allargarle - Foto tratte dal sito del Teatro Municipale di Piacenza)
Con il nuovo allestimento de La Cenerentola, coprodotto dai Teatri del Circuito Lirico Lombardo e dalla Fondazione Teatri di Piacenza, Rosetta Cucchi dimostra ancora una volta di saper dare la giusta chiave di lettura alle opere rossiniane, mai polverosa, mai classica, mai troppo tradizionale, ma sempre attenta al giusto equilibrio tra novità e rigoroso rispetto di libretto e musica.
L'artista pesarese porta in scena la fiaba ambientandola in una vecchia biblioteca – i cui colori rimandano al Tempietto Rossiniano custodito nel Conservatorio di Pesaro – abitata da topolini – che ricordano i divertenti Fratelli Marx – sviluppando la vicenda con estrema attenzione ad ogni singola nota, a ciascun momento musicale, alla messa in luce di tutti gli interpreti.
Le semplici ma efficaci scene di Paolo Giacchero, i costumi di Claudia Pernigotti e le luci di Daniele Naldi fanno la giusta cornice alla drammaturgia voluta dalla Cucchi.
Come già detto in altre occasioni, la giovane Josè Maria Lo Monaco, che veste i panni della protagonista, possiede le giuste qualità per diventare una grande professionista. La voce dal bel timbro brunito è omogenea e particolarmente interessante nella zona centrale, sia nel canto spianato di " Una volta c'era un Re" che nelle terribili agilità del rondò finale, ma necessita di qualche miglioria a livello tecnico nella zona acuta, che talvolta non sembra essere perfettamente pulita, e di una più adeguata impostazione dell'emissione, soprattutto sul parlato spesso coperto dall'orchestra.
Yijie Shi è un Don Ramiro musicalmente preciso, perfetto nell'intonazione, in possesso di gradevoli piani e acuti pulitissimi. Il tenore rossiniano rivela notevoli miglioramenti nello spessore vocale rispetto a qualche anno fa, dimostrando maggiore sicurezza e solidità fin da " Un soave non so che", ma soprattutto uno studio tecnico invidiabile, dispiegando con leggerezza le insidie della lunga cavatina " Sì ritrovarla io giuro… Pegno adorato e caro… Dolce speranza".
Don Magnifico è Omar Montanari, già applaudito dal pubblico piacentino nella recente produzione de Il viaggio a Reims. Il baritono romagnolo possiede un buono squillo, sostenuto da una buona impostazione e una linea di canto ben omogenea. Anche se meno conosciuta delle altre, l'aria " Sia qualunque delle figlie" è quella che strappa un maggior consenso, grazie ad un'esecuzione limpida e brillante, anche nell'interpretazione.
Massimiliano Gagliardo veste i panni di un divertente e spassoso Dandini, in possesso di acuti luminosi e ben saldi e di indubbie qualità nel canto spianato, già riscontrate in altri repertori, ma le agilità poco naturali lo mettono chiaramente in difficoltà, fino a fargli perdere corposità nelle note più basse che vengono coperte dal peso orchestrale.
Umberto Chiummo è un Alidoro un po' impastato, poco efficace nella voce e nel personaggio.
Completano il cast le divertenti Clorinda e Tisbe di Stefania Silvestri e Alessia Nadin, adeguate ed incisive sia sul piano dell'interpretazione drammaturgica che vocale.
Giacomo Sagripanti, alla guida dell'Orchestra Regionale dell'Emilia-Romagna, dirige l'opera rossiniana senza particolare sentimento, mantenendosi abbastanza lineare nella lettura dello spartito, ma distinguendosi nell'esecuzione di " Questo è un nodo avviluppato", conducendo in maniera molto precisa, lungo la difficile pagina musicale, ognuno degli interpreti.
Positiva è la prova del Coro As.Li.Co. diretto da Antonio Greco. |