Non interamente apprezzabile, ma moderna, divertente e vivace quest'ultima nuova produzione del Massimo del Barbiere di Siviglia, con la regia firmata da Francesco Micheli, le scene di Angelo Canu ed i costumi di Marja Hoffmann.
Ben strutturata dal punto di vista generale dello spettacolo, destinato al vasto pubblico delle rappresentazioni popolari come questo indiscusso capolavoro del giovane compositore pesarese, ha riscosso un ampio successo.
L'allestimento richiamava con una modernissima concezione l'ambiente spagnolo, in cui prevalevano edifici semoventi che attribuivano dinamicità, la bottega mobile di Figaro ed i locali interni delimitati da usci e finestre sospesi ed in continuo movimento, piani sopraelevati e gabbie varie. Prevalenza dei colori di Siviglia secondo la regia: bianco,rosso, giallo e blu. Non c'erano i classici musicisti che accompagnavano il conte di Almaviva, bensì dei minatori muniti di casco con faretto e di cassetta degli attrezzi; i rimanenti costumi erano tutt'altro che tradizionali e tra le donne si celavano alcuni uomini in abiti femminili.
Il primo cast di cantanti era formato da giovani artisti in carriera, ad eccezione dell'esperto Simone Alaimo nel ruolo di Don Basilio.
Padrone di un ruolo ad egli congeniale in una avanzata gloriosa carriera, il famoso basse baryton è stato senza dubbi il migliore interprete: da ottimo fraseggiatore ha conferito a Don Basilio l'adeguata comicità gestuale e vocale.
Nella famosa "La calunnia è un venticello" Â è riuscito a coinvolgere particolarmente l'intero pubblico, anche grazie alle variazioni recitative ed ai divertenti movimenti scenici apportati nella parte finale dell'aria. E' rincresciuto però che "come un colpo di cannone" fosse stato coperto dalla grancassa.
Il brillante baritono Fabio Capitanucci, con esperienza nei ruoli rossiniani, verdiani e pucciniani, dalla buona e potente impostazione vocale esordiva con l'ottima cavatina "Largo al factotum" di Figaro, anche se chiusa non proprio bene nel finale, ma per il resto della rappresentazione non ha dato l'impressione di essere l'interprete principale, il regista del movimentato dramma comico.
Per quanto riguarda il Conte di Almaviva, la cui vocalità è stata affidata ai più grandi interpreti del repertorio lirico di grazia, il giovane tenore russo Dmitry Korchak ha risolto l'arduo ruolo dignitosamente, pur se con qualche disomogeneità vocale interpretativa e con colori non proprio netti,
in "Ecco ridente in cielo", in "Se il mio nome" e nei duetti con Don Bartolo e con Rosina.
Altrettanto valida la sua amata Rosina della georgiana Ketevan Kemoklidze (nel programma della stagione era stata prevista invece la bravissima Daniela Barcellona). Dalla piena e sicura estensione di mezzosoprano e dalla bella presenza, si è espressa con corretta agilità nella famosa "Una voce poco fa" e nel resto dell'opera ha delineato un personaggio molto a suo agio nelle vesti della pupilla del geloso Don Bartolo, interpretato da Nicola Alaimo.
Questo giovane baritono dal timbro pieno e scuro acquisisce sempre più esperienza sul palcoscenico, anche nei ruoli verdiani ed il suo Don Bartolo, pur non essendo stato un caratteristico basso buffo da manuale, ha divertito in più occasioni (zio Simone docet).
Condivisa soddisfazione per la pregevole emergente bacchetta di Michele Mariotti, alla direzione della compagine orchestrale: grande varietà e ricchezza di colori sin dall'ouverture, tempi staccati con precisione, crescendi e dinamiche adeguati che hanno fornito prova di un ottimo lavoro di concertazione. Ciò nonostante è mancata qualche raffinatezza sinfonica, sicuramente non dipendente dalle sue capacità.
Musicalmente valido il coro preparato da Andrea Faidutti ed all'altezza dei ruoli i simpatici Giovanna Donadini, Berta e Paolo Orecchia, Fiorello e gli altri comprimari che hanno contribuito a rendere piacevole lo spettacolo.
Applausi a scena aperta ed al termine della rappresentazione (che ha avuto tuttavia momenti di noia) fragorose acclamazioni per tutti, in uno spettacolo che come si diceva in premessa è stato da un punto di vista generale divertente, innovativo ed affidato prevalentemente a giovani artisti, ma che non rimarrà probabilmente tra i migliori da ricordare, come ad esempio il precedente dello scorso 2003 con Nucci, Scalchi, Siragusa, Ghiaurov diretti da Claudio Desderi.
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