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» Recensione opera Italiana in Algeri di G. Rossini al Comunale di Firenze

Silvia Cosentino, 05/02/2010

In breve:
Firenze, 28/01/2010 - Il terzo appuntamento lirico al Teatro Comunale di Firenze è stato quello dal 22 al 29 gennaio con L'italiana in Algeri, nella lettura di Joan Font e dei suoi Comediants, eclettico gruppo teatrale catalano: la rossiniana perfezione del genere buffo, così definita da Stendhal, viene proiettata in un affascinante luogo senza tempo, in cui lo scontro tra forze suscita risate mai dimentiche della miseria umana.


(Clicca sulle immagini per allargarle - Foto per gentile concessione del Teatro Comunale di Firenze)

Italiana in Algeri di Gioachino Rossini al Teatro Comunale di Firenze - Gennaio 2010

Il terzo appuntamento lirico al Teatro Comunale di Firenze è stato quello dal 22 al 29 gennaio con L'italiana in Algeri, nella lettura di Joan Font e dei suoi Comediants, eclettico gruppo teatrale catalano: la rossiniana perfezione del genere buffo, così definita da Stendhal, viene proiettata in un affascinante luogo senza tempo, in cui lo scontro tra forze suscita risate mai dimentiche della miseria umana.

Prodotto dal Teatro Real di Madrid con Maggio Musicale Fiorentino, Opéra National de Bordeaux e Houston Gran Opera, l'allestimento è un trionfo di colore e luminosità, di un divertente eccesso visivo che, impedendo l'immedesimazione, ben si accorda con la sempre distaccata (ma non per questo meno travolgente), ironia del compositore pesarese.

Italiana in Algeri di Gioachino Rossini al Teatro Comunale di Firenze - Gennaio 2010 Joan G. Guillén concepisce un impianto scenografico fisso con gradinate in legno e praticabili in secondo piano, due serie di bianche colonne ai lati e una brillante distesa azzurra sullo sfondo: simbolo di avventura verso terre esotiche, il mare è uno dei protagonisti della vicenda, da cui giunge, come in un sogno, la nave in miniatura su cui è imbarcata Isabella.
A fronte di questi scarni elementi, il palco si popola a ritmi serrati degli oggetti più disparati e appariscenti, a ricreare ora la dimora e la spiaggia del Bey, con sdraio, cuscini e tendaggi colorati, ora una distesa di panni al sole, ora lo spartano luogo dell'abbuffata con tanto di tovaglie da osteria. Impossibile restare indifferenti di fronte alle spropositate dimensioni della buffa impalcatura carnevalesca riservata al Kaimakan (con tanto di braccia e gambe giganti mosse dagli schiavi), del fiasco di vino gigante a richiamare una patria lontana definita, ma al tempo stesso simbolo universale di libertà, e dell'alto seggiolone su cui viene confinato Mustafà nell'improbabile “versione Pappataci”.
Italiana in Algeri di Gioachino Rossini al Teatro Comunale di Firenze - Gennaio 2010 Il ruolo espressivo determinate è comunque riservato ai costumi, anch'essi di Guillén, giocati su una vastissima gamma di colori quasi abbaglianti: tuniche sgargianti per le donne ai bagni, ampie casacche e gonfi pantaloni stretti sopra la caviglia con scarpe dalla vistosa punta all'insù per uomini e odalische. Il vero trionfo di stravaganza sta negli irresistibili copricapi a forma di zucca, il cui tessuto leggero oscilla comicamente a ogni minimo movimento di chi li indossa.

Tutti questi elementi concorrono a creare una luogo fantastico, astratto da tempo e spazio, che trae richiami dalle terre esplorate da Gulliver, dalle fiabe dei Grimm, dalle grottesche maschere della Commedia dell'Arte. In questo mondo onirico si svolge l'analisi disincantata di Rossini sul latente scontro tra il primitivo e l'evoluto, tra l'annebbiamento del Bey e l'astuzia dell'italiana, destinata a vincere grazie a una scaltra opera di seduzione.

Italiana in Algeri di Gioachino Rossini al Teatro Comunale di Firenze - Gennaio 2010 In questo contesto, diventa ancor più necessario parlare di cantanti-attori, quindi non solo di voci, ma di corpi alle prese con azioni, gesti e sguardi in linea con la poetica espressa. Il Coro del Maggio è padrone dei movimenti d'insieme (Xevi Dorca firma le coreografie), gioca con l'ambiguità sessuale, si diverte nei momenti più concitati e assurdi, si integra alla perfezione con i figuranti speciali dei Comediants: ammiccanti eunuchi, odalische dark e una sorta di sinuosa pantera gialla e nera, animale fantastico onnipresente al fianco del Bey.

Italiana in Algeri di Gioachino Rossini al Teatro Comunale di Firenze - Gennaio 2010 A proprio agio tutti gli interpreti principali, generalmente puntuali in vocalità e mimica, esilaranti nelle scene più folli di confusione collettiva, in cui il gioco di suoni trova corrispondenza nei movimenti burattineschi di braccia e gambe: peccato cogliere, in questi passaggi, difficoltà nel mantenere il tempo musicale, forse dovuta proprio alla complessità dell'azione.

Italiana in Algeri di Gioachino Rossini al Teatro Comunale di Firenze - Gennaio 2010 Il limpido tenore Enea Scala è Lindoro, il soprano Patrizia Cigna e il mezzosoprano Katarina Nikolic' rispettivamente le simpatiche Elvira e Zulma, mentre il baritono Walter Franceschini veste i panni di Hali (basso). Colpiscono in modo particolare il basso Carlo Lepore, un Bey particolarmente ridicolo grazie a esasperate espressioni facciali, e il baritono Marco Filippo Romano, Taddeo (basso) perennemente perseguitato da quell'amico del palo e in balia delle folli circostanze che, suo malgrado, si trova ad affrontare.

Italiana in Algeri di Gioachino Rossini al Teatro Comunale di Firenze - Gennaio 2010 A lasciare senza fiato è la performance del mezzosoprano Manuela Custer (qui impegnata nella parte di contralto): bella tanto nelle corde vocali quanto nel corpo spiccatamente teatrale, è un'Isabella spiritosa nei momenti dell'inganno, rapida e disinvolta nel caos, seducente nel controluce dietro un tendaggio esotico.

Italiana in Algeri di Gioachino Rossini al Teatro Comunale di Firenze - Gennaio 2010Quanto vi è di travolgente sul palco in parte distoglie l'attenzione da ciò che accade nella buca: l'Orchestra del Maggio viene diretta non troppo incisivamente dal Maestro Enrique Mazzola e viene da chiedersi se la perfetta macchina concepita per la scena non sia in qualche modo ingombrante, a tratti eccessiva seppur in linea con l'opera: la gran quantità di input visivi richiede infatti un super lavoro da parte dello spettatore, tale da ridurre la partitura se non a mera colonna sonora, a un fluire musicale di cui è facile perdere più volte coscienza nel corso della rappresentazione.

 
 
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