In effetti per apprezzare questo spettacolo di apertura della nuova stagione,
firmato da Saverio Marconi, noto anche come regista di musical, è
necessario tralasciare per un poco le realizzazioni storiche ed entrare nel
merito di quest'allestimento, con scenografia di Alessandro Camera e
costumi di Carla Ricotti che, senza alcun particolare stravolgimento, è
ricco di riferimenti e di bei costumi d'epoca, oltre che di magnifici effetti
luminosi.
Scena semi fissa per i quattro atti, con una grande scalinata bianca circolare
semovente, tipo anfiteatro, con al centro un gigantesco tronco di cono,
raffigurante un tapiro e che tirato dall'alto, mostra i particolari scenografici
dell'opera, in cui prima di ogni singolo atto su un sipario di base pure bianca,
vengono proiettati alcuni passi biblici.
Prevalgono pure le nette differenze degli intensi colori rosso e blu,
rispettivamente per gli Assirobabilonesi e per gli Israeliani.
Nabucco (Nabucodonosor), composta su libretto di Temistocle Solera
in un difficile momento della propria vita, dopo il clamoroso insuccesso della
prima opera comica “Un giorno di regno” ed i gravi lutti familiari, è la
prima opera completa del ventinovenne compositore di Busseto: spettacolare,
ricca di cavatine e di cabalette di grand'effetto, con la singolare banda dietro
le quinte e soprattutto colma di pagine dedicate all'interpretazione corale che
nella struttura riveste carattere primario.
Il coro del Massimo, ben preparato da Andrea Faidutti, è proprio
eccellente in “Va pensiero”, in una definizione che evidenzia l'effettivo
accorato dramma corale degli Ebrei, senza però esagerare nelle dinamiche e che
inevitabilmente come tradizione viene bissato ed osannato.
Ugualmente valido anche nel concertato finale di “Immenso Jeovha”
d'altrettanta bellezza ed intensità drammatica.
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La pregevole direzione orchestrale del ben tornato Maestro Paolo Arrivabeni,
di ottima esperienza nei maggiori teatri internazionali, non delude le
aspettative.
Sin dall'ouverture, cui Verdi non ha dedicato molto tempo e che
soprattutto in questa partitura è propedeutica a tutto il resto dell'opera, si
nota la maestosità iniziale, la raffinatezza degli archi e dei fiati unitamente
alla timbrica massiccia degli ottoni.
La lettura del concertatore è molto precisa, per i tempi sostenuti quanto dovuto
e per i colori intensi, ma altrettanto raffinata nelle pagine più liriche, con
un perfetto equilibrio sonoro tra il completo organico orchestrale e le voci
(cui concede ampio respiro), tutte di esteso volume e che si distinguono
nonostante talune posizioni arretrate sul palcoscenico.
Roberto Frontali, affermato interprete verdiano nel pieno di un'intensa
carriera, in questa occasione non è un Nabucco particolarmente imponente.
E' piuttosto un padre fiero, orgoglioso che esterna maggiormente la sua
complessa personalità. Dotato di piena, sostenuta e sicura estensione baritonale
è tuttavia convincente, dal minaccioso “Tremin gli insani ” all'ira di “Chi
mi toglie il regio scettro”.
Quando infine si converte al “Dio di Giuda”, la sua interpretazione
manifesta tutto l'accorato afflato con un chiaro e perfetto fraseggio da grande
interprete.
Avvincente e completo pure il sofferto contrasto con la figlia-schiava Abigaille
di Amarilli Nizza, frequente ospite del Massimo insieme al suddetto
baritono romano.
Dispiace di dover tornare su talune particolarità vocali di questo esperto
soprano lirico - spinto che, dotato di un volume vocale naturalmente potente,
non dovrebbe aver necessità di forzare spesso gli acuti a discapito della
brillantezza delle note e dell'espressione, oltre che per una dizione
altrettanto poco intellegibile. Nel ruolo di Abigaielle è certamente più
a suo agio per lo stile un po' autorevole, ma in certi passaggi di alcune arie
come quella dell'inizio del secondo atto e soprattutto al termine “Su me,
morente, esanime” sarebbe preferibile un'emissione più morbida.
Morbida, pastosa e ricca di armonici in tutta l'estensione di basso è invece la
vocalità di Roberto Scandiuzzi, raffinato artista e stimato interprete
internazionale nei maggiori ruoli del registro di basso, dallo stile di canto
nel contempo nobile ed imponente.
Anche nella seconda recita con i cantanti del primo cast, cui si riferisce
questo articolo, emergono però talune difficoltà sulla tenuta degli acuti, a
svantaggio del colore e della precisione delle note, forse a causa di una
temporanea non piena forma dell'artista che sicuramente sarà superata.
Il suo Zaccaria tuttavia non delude, è preciso, attento e risolve con
sicurezza il ruolo nei cantabili senza alcuna forzatura, sin dalla nota cavatina
“D'Egitto là sui lidi” del primo atto alla bella profezia "Del futuro
nel buio discerno" al termine del terzo e sin quando scende con padronanza
nelle note più gravi e lunghe del suo registro, sorretto da un magnifico e ricco
tessuto orchestrale.
Attesa l'interpretazione del mezzosoprano Anita Rachvelishvili,
applauditissima Carmen alla Scala nello scorso mese di dicembre, nelle
spoglie di Fenena, figlia di Nabucco.
In effetti la giovane artista georgiana si distingue per il colore vocale pieno
e pastoso e per la tecnica sicura, in una bella estensione naturale anche nelle
note più acute. Difatti Fenena è spesso eseguita anche da soprani lirico
– spinti.
Bello e di gran trasporto il terzetto del primo atto “Io t'amava”con
Abigaille ed il conteso Ismaele che, nonostante le poche pagine
dedicategli dall'autore, il giovane tenore brasiliano Thiago Arancam
risolve dignitosamente con una bellezza di timbro dalle inflessioni baritonali,
di accenti e per la padronanza nelle note più acute e potenti, sebbene debba
ovviamente migliore lo stile di canto.
Altrettanto dignitosi i comprimari nei rispettivi ruoli - il basso Manrico Signorini, Gran sacerdote di Belo – il tenore Alberto Profeta, Abdallo – il soprano Francesca Micarelli, Anna che in questo primo capolavoro verdiano
diventano interpreti principali insieme a tutti gli altri, coro compreso, in
un'edizione molto acclamata dal pubblico del Massimo, anche a scena aperta.
Peccato che in questa seconda recita dalla metà del secondo atto, si sia
guastato il sistema di proiezione del libretto cui ci si è abituati tutti, anche
coloro che conoscono bene le opere.
Gigi Scalici |