La versione italiana de La vedova allegra di Franz Lehar conclude la
Stagione Lirica 2008-2009 del Teatro Carlo Felice di Genova, con un
allestimento proveniente dal Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste,
prodotto in occasione del 40º Festival Internazionale dell'Operetta e firmato da
Federico Tiezzi, che si è avvalso della collaborazione di Francesco
Torrigiani.
Il regista riesce a creare uno spettacolo elegante, eliminando una serie
alquanto numerosa di gigionerie, ammiccamenti e battute non originali – ma
divenute di tradizione – riportando il genere dell'operetta al pari dell'opera
lirica, o quantomeno dell'opéra-comique parigina.
La trasposizione dell'epoca al 1929, anno della crisi economica mondiale –
evidenziata magicamente da indici di borsa proiettati sullo sfondo, chiaramente
e piacevolmente in anticipo sui tempi – oltre a rendere la vicenda ancora più
attuale, mette maggiormente in mostra il fattore del denaro, che accanto
all'erotismo è l'elemento primario di tutta la vicenda.
Non è un caso che Hanna Glawari entri in scena dentro una cassaforte,
facendo riprendere l'andamento della borsa pontevedrina. Complici della buona
resa dello spettacolo sono una scenografia imponente, seppur semplice, ideata da
Edoardo Sanchi, luccicanti quanto accurati costumi di Giovanna Buzzi
e molteplici riferimenti cinematografici e al varietà televisivo. Anche le
coreografie di Giovanni Di Cicco propongono qualche novità, soprattutto
nelle danze pontevedrine in secondo atto, piuttosto che nel piacevole can-can “chez
Maxime”.
Silvia Dalla Benetta è una vedova giovane ed elegante, divertente e
dinamica. La sua vocalità, particolarmente adatta ad un repertorio più impervio,
nel ruolo di Hanna Glawari non trova alcuna difficoltà e arricchisce le
pagine più celebri di una musicalità ricercata, di colori intensi ed
emozionanti, con un sapiente uso dei chiaroscuri. La rinomata canzone della
Vilja “Un dì tra le rocce una Vilja vivea” è impreziosita di
raffinatissimi filati e il pubblico la accoglie con lunghi e scroscianti
applausi, iniziati ancor prima del termine dell'aria.
Gezim Myshketa è un Danilo affascinante e riesce a svecchiare
un personaggio troppo spesso confinato nella categoria dei cantanti impostati.
Particolarmente brillanti sono il suo ingresso con le grisettes e il valzer
delle Sirene. Il baritono albanese possiede una linea di canto particolarmente
omogenea, con una vocalità morbida e ciò contribuisce ad un'interpretazione
accurata e di classe.
Davinia Rodriguez non convince pienamente nel ruolo di Valencienne,
spesso in difficoltà fin dalle note più acute del registro centrale, mentre
Davide Cicchetti, nei panni di Camille, è più volte coperto dal peso
orchestrale e non è possibile udire i passaggi cantabili della sua parte.
Il basso Andrea Porta e l'attore Gennaro Cannavacciuolo – che
ricorda inequivocabilmente Groucho Marx – interpretano egregiamente la
spassosissima coppia buffa del Barone e di Njegus.
Completano il cast Giovanni Arcoleo, Alberto Profeta, Stefano Consolini,
Sarah Maria Punga, Dario Giorgelé, Sara Cappellini Maggiore, Federico Benetti,
Erika Pagan, guidati dalla bacchetta precisa e misurata di Christopher
Franklin alla guida dell'Orchestra del Teatro Carlo Felice, mentre il
coro è diretto da Ciro Visco.