Il famoso baritono, apprezzato in tutto il mondo e che superato le 430
rappresentazioni nel ruolo del titolo, attento fraseggiatore sulla scia degli
stili di
Aldo Protti e
di Ettore Bastianini, ha evidenziato con
dovizia di particolari tutti gli aspetti caratteriali del buffone di corte senza
mai esagerare: ironico, paterno, affettuoso, irato, implorante, accorato,
veemente e vendicatore, grazie alla notevole esperienza che gli consente perfino
di apportare in ogni recita alcune varianti recitative.
La sua vocalità, dalla pregevole tecnica e pur non possedendo la lucentezza
dello smalto degli anni passati, è sempre piena, con sicura e potente estensione
verso il registro acuto.
Applauditissimo sempre a scena aperta, sicuro e cinico nel declamato “
Pari
siamo”, toccante nell'andante “
Deh, non parlare al misero” del
bellissimo duetto del primo atto con
Gilda, al termine di “
Cortigiani
vil razza dannata” e “
Si, vendetta tremenda vendetta” ha naturalmente
scatenato corali ovazioni. Concesso soltanto il bis per il noto travolgente
duetto, in cui
Norah Amsellem –
Gilda, pure acclamatissima, chiude
con il fortissimo mi bemolle.
Quello di
Gilda è sempre un ruolo complesso, particolarmente in “
Caro
nome” del primo atto: spesso si ritiene che debba essere affidato ad un
soprano leggero di coloratura, quando invece in molti momenti si richiede una
particolare espansione vocale di soprano lirico. Nel ruolo si son sempre
avvicendati soprani di entrambi i generi e sicuramente l'ideale sarebbe un bel
soprano lirico che però eseguisse tutte le colorature dei gorgheggi e tutti i
trilli con l'agilità e la brillantezza che si richiede.
La giovane signora francese
Norah Amsellem di affermata esperienza
internazionale di soprano lirico piuttosto duttile, ha risolto egregiamente il
ruolo ottenendo tantissimi consensi anche “
In tutte le feste al tempio ”,
nei duetti con
Rigoletto e con il
Duca ed in particolare nella
scena della morte. Non è però sembrata particolarmente adeguata per
Gilda,
per la mancanza di una corretta agilità da soprano leggero richiesto
maggiormente per la fanciulla innamorata del primo atto. Inoltre nel corso
dell'opera in talune circostanze sembrava di ascoltare
Violetta,
personaggio di cui è ottima interprete nei teatri europei.
Particolare rivelazione di quest'edizione è la presenza nel primo cast di
Francesco Meli-
Duca di Mantova, giovanissimo tenore genovese che
iniziata la carriera nel repertorio belcantistico, non ancora trentenne sta
ottenendo successi per il bellissimo intenso timbro naturale ed esteso di tenore
lirico d'altri tempi. Già appropriato
Alfredo Germont in
Traviata
dello scorso ottobre al
Teatro Regio di Torino, si è rivelato adattissimo
anche al ruolo del
Duca per lo slancio vocale ed espressivo ed ha
riscosso calorosissimi consensi: dalla spensierata ballata di "
Questa o
quella” all'appassionato "
È il sol dell'anima, la vita è amore”, al
recitativo "
Ella mi fu rapita", all'Adagio "
Parmi veder le lacrime",
alla cabaletta “
Possente amor mi chiama" sino alla popolare “
La donna
è mobile”.
Più che dignitosi ed adatti ai rispettivi personaggi, di
Sparafucile del
giovane ed affermato basso armeno
Arutjun Kotchinian, di notevole
statura, di colore vocale molto scuro e d'imponente volume e della
Maddalena
di
Renata Lamanda, altrettanto esperto mezzosoprano, che pur avendo poche
pagine loro dedicate dal compositore rivestono un ruolo molto importante:
definiscono prologo ed epilogo del melodramma.
Buoni ed altrettanto partecipi tutti i comprimari, nonostante l'evidente
stanchezza vocale del
Conte di Monterone.
Eccellente il coro di voci maschili, scenicamente dinamico e ben coordinato da
Andrea Faidutti, di rilievo e ben ritmato nel contesto del rapimento di
Gilda “
Zitti, zitti, moviamo a vendetta ”e nell'ultimo atto.
Rigoletto, capolavoro Verdiano di metà ottocento, primo della cosiddetta
trilogia popolare, insieme a
Trovatore e Traviata, è sempre attuale,
moderno musicalmente e scenicamente e coinvolge per la particolare storia, per
la rapidità con cui si sviluppano gli eventi, per gli intensi chiaro scuri della
partitura, le bellissime arie, i duetti, le cabalette, i recitativi e
sostanzialmente per il ricchissimo tessuto orchestrale. La signora canadese
Keri-Lynn Wilson – affermato direttore internazionale - ha fatto un ottimo
lavoro di concertazione riuscendo ad ottenere con attenzione e precisione il
massimo dall'orchestra - in una lettura non filologica, ma di tradizione - sia
nelle pagine di alta drammaticità, sia in quelle melodiche, con preciso stacco
dei tempi e con colori e dinamiche tipicamente verdiani, non trascurando però la
ricchezza e la raffinatezza dei fiati e degli archi.
A dir poco bellissimo il famoso quartetto
Gilda, Rigoletto, Duca e Maddalena
del terzo atto, in cui ogni voce è autonoma come uno strumento orchestrale.
La simulazione della tempesta con un perfetto vento creato dai tenori a bocche
chiuse: crescenti sino al culmine dell'intensa e drammatica sonorità,
terminavano poi gradatamente sino alla quiete dopo l'uragano e quando il delitto
di
Gilda era stato già compiuto; sono forse le pagine più complesse e
d'alta inventiva drammatica e melodica di questo capolavoro verdiano. E per
finire, l'emozionante drammatica raffinatezza musicale della scena finale in cui
Gilda spira con le sue ultime parole di “
Lassù in ciel...” e
l'ultima tragica rievocazione della maledizione di
Monterone da parte del
disperato
Rigoletto .
Come detto in premessa un bell'allestimento tradizionale e contenuto, non carico
di particolari superflui, proveniente dal
Teatro Regio di Parma, con
scene e colorati costumi d'epoca di
Pierluigi Samaritani, con la regia di
Stefano Vizioli che nella revisione ha inserito alcuni elementi scenici
erotici non volgari ed un nudo quasi integrale di una cortigiana nel primo atto,
che esprimono con chiarezza le abitudini libertine della nobiltà dell'epoca,
oltre alle quattro cortigiane che distraendo
Rigoletto partecipano nel
secondo al rapimento di
Gilda.
Una rappresentazione applauditissima, con vere e proprie ovazioni, con numerose
chiamate per tutti gli artisti e per l'orchestra, in un teatro colmo in ogni
ordine di posti che – indipendentemente da talune riserve espresse dai più
accaniti critici – questa volta lascerà assolutamente un bel ricordo.
Gigi Scalici