La Stagione Lirica del Teatro Donizetti di Bergamo prosegue con un
nuovo allestimento de Il barbiere di Siviglia, che non soddisfa
pienamente il pubblico.
Lo spettacolo firmato da Francesco Torrigiani, con scene e costumi
di Greta Podestà, prodotto per il Teatro dell'Opera Giocosa di Savona,
in coproduzione con il Teatro del Giglio di Lucca, il Teatro Sociale di
Rovigo e il Bergamo Musica Festival, si presenta con un impianto
scenografico modesto, che è funzionale allo svolgersi della vicenda, ma diventa
povero nel contesto di una regia decisamente scarsa di contenuti.
La torre rappresentante l'esterno della casa di Don Bartolo si apre
onde raffigurarne l'interno e una sorta di caravelle – costituite di casse di
legno dotate di rotelle e sormontate da una piccola vela, movimentate
manualmente – vuole donare uno stile marinaresco al Conte di Almaviva e
ai suoi compagni, dove Figaro si inserisce a guisa di corsaro. A
contribuire ulteriormente all'infelice serata è la direzione di Elio
Boncompagni sul podio dell'Orchestra Sinfonica di Sanremo, che manca
completamente del brio e della gestualità rossiniana e arriva a mettere in
difficoltà gli interpreti con tempi lenti e strascicati.
Il pubblico protesta già all'inizio di secondo atto e il Maestro decide di
non salire sul palcoscenico durante gli applausi finali, per paura di una
reazione eccessiva di scontento nei suoi confronti.
Damiano Salerno veste i panni del protagonista con disinvoltura e si
distingue per una voce particolarmente squillante. La cavatina “Largo al
factotum” è accolta dal pubblico con scrosciati applausi, ma è soprattutto
nel duetto “Dunque io son… tu non m'inganni?” che il baritono siracusano
mostra le sue qualità musicali.
Rosina è egregiamente interpretata da Annarita Gemmabella,
specialista rossiniana e dei ruoli più tipici del repertorio belcantistico e
barocco. Il mezzosoprano salernitano ovviamente non si prodiga in discutibili
varianti da soprano leggero di coloratura, ma sceglie un'interpretazione nel
solco della tradizione, mostrandosi perfettamente a suo agio nelle agilità di “Una
voce poco fa”, con una linea di canto perfettamente omogenea, oltre che
chiaramente ben salda in tutti i registri, dal grave all'acuto e anche l'aria “Contro
un cor che accende amore” è fortemente applaudita dal pubblico.
Meno fortunata è l'esecuzione di Mario Alves nei panni del Conte di
Almaviva, purtroppo poco più che scolastica, senza grossi errori, ma anche
priva di fraseggio e con una voce povera di squillo. Al termine dello spettacolo
il tenore portoghese non è ben accolto dal pubblico, che chiaramente lo
disapprova.
Indiscutibile è invece l'accento rossiniano di Domenico Colaianni, che
interpreta un Don Bartolo divertente, avvantaggiandosi di buone qualità
musicali, mai a discapito della voce e del canto, particolarmente brillante
nella cavatina “A un dottor della mia sorte” e nel duetto “Pace e
gioia sia con voi”.
Il baritono barese è affiancato da Enrico Giuseppe Iori, che predilige
sempre la bellezza del suono a favore dell'interpretazione. “La calunnia è un
venticello” è particolarmente intensa ed espressiva e termina con un lungo
sol che lascia piacevolmente sorpresa tutta la platea. Il personaggio di Don
Basilio è costruito dal basso parmense nel giusto equilibrio tra buffo e
cantabile, dimostrando una certa musicalità non solo durante l'aria, ma anche
nei pezzi d'insieme e soprattutto nel quintetto di secondo atto.
Completano il cast Marta Calcaterra nel ruolo di Berta,
Daniele Girometti e Danilo Giribaldi nei panni di Fiorello e di un
ufficiale. |