È un vero e proprio gioiello del teatro musicale seicentesco il secondo
titolo in programma nella Stagione Lirica del Teatro di Pisa.
Sabato 21 novembre alle ore 20.30 (recita che la Scuola Normale ha
inserito in abbonamento nella propria 43^ Stagione dei Concerti) e domenica
22 novembre alle ore 16 infatti, dopo le due rappresentazioni promozionali
per le scuole del 18 e del 19 novembre, è in scena al Teatro Verdi LE
DISGRAZIE D'AMORE, “dramma giocosomorale” messo in musica a Vienna, nel
carnevale del 1667, per il teatro dell' Imperatore Leopoldo I d'Asburgo, dal
compositore aretino Antonio Cesti, “cappellano d'onore” e “intendente delle
musiche teatrali” della corte viennese, sul libretto scritto dal gentiluomo
lucchese Francesco Sbarra, poeta di corte.
LE DISGRAZIE D'AMORE è stata recentemente incisa per l'etichetta
Hyperion (il cd è in uscita nel 2010) da AuserMusici l'ensemble che, diretto da
Carlo Ipata, si è specializzato sul repertorio toscano del periodo
rinascimentale e barocco dando vita al progetto Tesori Musicali Toscani con il
sostegno di due Fondazioni bancarie (la Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca e
la Fondazione Cassa di Risparmio di Pisa), e stipulando un protocollo di
residenza proprio presso il Teatro Verdi, ed il Teatro di Pisa ha scelto con
convinzione di produrre l'allestimento all'interno della propria stagione per la
direzione di Carlo Ipata, orchestra AuserMusici.
La regia è di Stephen Medcalf, l'artista inglese di notevole
sensibilità e talento, protagonista di importanti produzioni liriche nel Regno
Unito e nei maggiori teatri europei, già noto in Italia per le sue regie alla
Scala di Milano, al Lirico di Cagliari, al Regio di Parma, al Massimo di
Palermo, alle Muse di Ancona, premio Abbiati 2006 per la regia. Scene e luci
sono di Simon Corder, costumi di Massimo Poli.
Il cast è composto da specialisti del recitar cantando e dell'opera
sei-settecentesca: Cristiana Arcari (Allegria), Maria Grazia
Schiavo (Venere), Furio Zanasi (Vulcano), Paolo
Lopez (Amore), Enea Sorini (Sterope), Antonio Abete
(Bronte), Gianluca Buratto (Piragmo), Carlos Natale
(Inganno), Gabriella Martellacci (Adulatione), Martin
Oro (Avarizia), Elena Cecchi Fedi (Amicizia),
Filippo Mineccia (Un cortegiano) e Alessandro Carmignani (Un
Amante).
Per introdurre gli spettatori all'ascolto, venerdì 20 novembre, alle ore 18,
nella Sala “Titta Ruffo” del Teatro Verdi avrà luogo una conferenza di
Jean-François Lattarico, già allievo della Scuola Normale Superiore di
Parigi ed attualmente professore associato all'Università Jean-Monnet di
Saint-Etienne, esperto della letteratura e dell'opera del Sei e Settecento.
Nell'occasione verrà anche presentato il cd edito da Hyperion.
La figura di Antonio Cesti, insieme a quella di Claudio Monteverdi e
di Francesco Cavalli, occupa un ruolo di primo piano nel panorama dell'opera
italiana del Seicento. Se il nome di Monteverdi segna di fatto la nascita
dell'opera in musica e quello di Cavalli si identifica con l'opera in
stile veneziano, la produzione di Cesti invece si caratterizza per un
linguaggio in cui convivono diversi elementi dello stile operistico seicentesco
e diverse tradizioni teatrali e compositive (da quella romana a quella
veneziana, con un legame sempre molto presente con le radici dell'opera
fiorentina). Un linguaggio operistico composito, dunque, che ben riflette il
respiro europeo della carriera del “genial aretino”che fu attivo a Firenze,
Roma, Venezia, Innsbruck, Vienna.
LE DISGRAZIE D'AMORE, appartenente all'ultimo periodo dell'attività di
Cesti, è una commedia delle apparenze che, denunciandolo, riduce l'Amore
a un semplice bene di mercato. In scena, in modo divertito e ironico, sono i
perenni alterchi e gli infiniti battibecchi amorosi di Venere e Vulcano, coppia
di amanti male assortita, le cui vicende finiscono per coinvolgere una serie di
divinità (a cominciare ovviamente da Amore), raffigurate con uno sguardo
realistico e dissacratorio, tale da renderle assai più umane che divine.
“Qual è il vero tema del dramma?” annota Medcalf “Se dobbiamo
credere agli autori, la loro intenzione era quella di celebrare il trionfo del
Cattolicesimo su ogni altra religione, non cantandone le virtù, bensì mediante
la derisione dei vizi degli dei dell'antichità, il cui paganesimo era stato
sconfitto dalla Vera Fede … Ma è abbastanza evidente come gli autori fossero
intenti non tanto a ridere degli dei dell'antichità, quanto a farsi beffe dei
comportamenti e della moralità della Corte di Leopoldo: in altre parole Le
Disgrazie d'Amore fu composto come una satira sociale di estrema attualità, e a
tutt'oggi ci appare sorprendentemente attuale…. Il mondo dell'opera riflette il
mondo di Corte dove l'amore è una merce di scambio che può essere comprata e
venduta; Amore è venuto a significare Lussuria – l'ossessivo inseguire il
desiderio. La lussuria dà adito alla gelosia e a tutti gli altri vizi: gli dei
si circondano di adulatori e ingannatori che traggono vantaggio dalla loro
Vanità – e gli autori riservano infatti la loro satira più feroce alla Vanità,
il più mortale dei vizi capitali”. Per restituire il significato dell'opera,
Medcalf ha scelto una linea di rigore, atemporalità, essenzialità, tutta giocata
sull'interpretazione dei personaggi e su un sapiente gioco di luci. Un
palcoscenico vuoto, pochi elementi scenici, l'orchestra protagonista in primo
piano.
Su tutto la musica, a cominciare dagli splendidi intermezzi strumentali e dalla
grandiosa sinfonia bipartita iniziale, a cui devono aggiungersi anche la
squisita morbidezza delle linee vocali e l'interessante trattamento
contrappuntistico delle voci nei pezzi d'assieme. La sicurezza compositiva con
cui vengono tracciati i personaggi, poi, è esemplare. Facendo sfoggio dell'ampio
vocabolario musicale dell'epoca, fatto di alcune forme sterotipate, ma
ricchissimo di sfumature, Cesti consegna anche ai giorni nostri un vero gioiello
di teatro musicale.
I biglietti (dai 27 agli 11 euro) sono in vendita al Botteghino del Teatro Verdi
e nei punti vendita greenticket .
Per informazioni Teatro di Pisa tel 050 941111. |