La stagione lirica lucchese prosegue il 24 e 25 ottobre con
L'elisir d'amore, piacevolissimo allestimento del Donizetti di Bergamo
in coproduzione con lo stesso Teatro del Giglio.
Il regista Francesco Bellotto e lo scenografo Angelo
Sala concepiscono un piccolo scrigno, un giardino da sogno con un'altalena
decorata di fiori sospesa in alto e due pareti scorrevoli a creare siepi
ordinate. Il cielo sullo sfondo richiama lo stile dei paesaggisti inglesi
ottocenteschi e vede variare i vaporosi tratti delle nuvole in base alle luci:
toni chiari e ariosi di giorno, blu intenso di notte, con tanto di lucciole
sfavillanti.
L'ambientazione
originale campestre diventa quindi la ricca proprietà di Adina, non più
fittavola, ma dama colta e sofisticata, di cui la voce potente e i movimenti
decisi dello statuario soprano Linda Campanella restituiscono la
personalità determinata. Prezioso il suo costume, giocato sui toni oro, così
come raffinati sono quelli del Coro del Bergamo Musica Festival, firmati
da Cristina Aceti: ariose tuniche chiare per le donne, uniformi da
soldato o sgargianti vesti con parrucche e guance rosse per gli uomini, dal
sapore di corte francese settecentesca.
Oltre all'ottima performance canora, il coro colpisce per la disinvoltura sul
palco, per l'attenzione alla mimica e la forte presenza scenica di ognuno dei
suoi componenti: il culmine è raggiunto nella divertente coreografia di Saria
Possibile? con Giannetta, il vigoroso timbro del soprano Diana
Mian, e nell'esilarante inseguimento di Nemorino, divenuto
inaspettatamente buon partito. Perfettamente calato nel ruolo è il tenore
Ivan Magrì: irresisibile Nemorino dalla presenza agile, è energico e
scattante sul palco, offrendo spassosi controscena come nella buffa caccia alle
farfalle di Lallarallara... Purtroppo insicuro nell'intonazione sugli
acuti, svolge un primo atto a tratti vocalmente deboli, per poi inspessirsi nel
seguito, fino all'esecuzione di Una furtiva lagrima dall'andamento
delicato ed estremamente intimo.
In forte contrasto visivo è il Belcore del baritono Mario Cassi,
possente in timbro e corporatura, sicuro di sé e impettito, salvo poi venire
ridicolizzato da Dulcamara, tronfio millantatore fuorilegge più che
saltimbanco clownesco; Azzeccagarbugli comico nella sua solennità, il ciarlatano
si presenta in carrozza, accompagnato da un esotico quartetto, in cui spiccano
due svolazzanti figure bionde. Il basso Filippo Morace è perfettamente in
sintonia con questo tipo di lettura e delinea un personaggio misurato, così come
dosata è la sua interpretazione canora, scaltro, conoscitore dell'animo umano e
per questo dotato di tutte le armi per ingannare; nella scena della Barcarola
resta come esterno, offrendo la voce ai movimenti di un Belcore-burattino.
Lo spettacolo procede rapidamente, grazie anche alla scorrevole esecuzione dell'Orchestra
del Bergamo Musica Festival e alla coinvolgente direzione del giovane
Stefano Montanari: un ritmo travolgente nelle parti vivaci, perfettamente
seguito da solisti e coro, si alterna a un andamento fluido e carezzevole nei
momenti più toccanti, tracciando così l'emotività di Nemorino.
Una gradevolissima pittura dai toni variegati, che tanto ricorda gli intrighi
di certe bucoliche commedie shakespeariane; sospesi nel tempo malgrado la
caratterizzazione dei costumi, i personaggi sembrano prendere vita come per
magia e liberarsi dalla costrizione della maschera, nel modernissimo intrico di
sentimenti e reazioni dipinto da Donizetti.