Il Bergamo Musica Festival Gaetano Donizetti 2009, dopo
l'inaugurazione al Teatro Sociale con Linda di Chamounix, vive
l'emozione di un'altra prima al Teatro Donizetti, con La traviata
e una strepitosa Mariella Devia nel ruolo della protagonista.
Il nuovo allestimento firmato da Paolo Panizza, prodotto in
partnership con Konzerthaus di Tokyo, sembra prefiggersi lo scopo di
svecchiare una storia troppo spesso rappresentata, senza crollare in elementi
contemporanei che altrimenti rischierebbero di contaminare la messinscena con
gli eccessi che spesso si denotano negli spettacoli moderni ad ogni costo.
Il regista veronese opta per un'ambientazione liberty, sapientemente
realizzata dallo scenografo Italo Grassi – meno riusciti sono
invece i costumi di Carmela Laceranza – supportata da un
suggestivo disegno luci di Claudio Schmid che, al termine di ogni
atto, sa disegnare delle vere e proprie “cartoline”, come una sorta di marcatura
dell'importanza di ciascuna delle scene conclusive. Il cerchio, introdotto come
elemento chiave nella scenografia, nei letti, nei divani, nei tavoli, sembra
richiamare il destino già compiuto di una donna, che talvolta mente a se stessa,
pur sapendo che è già troppo tardi.
Mariella Devia dona ancora una volta, al numerosissimo e
appassionatissimo pubblico intervenuto, una magistrale lezione di canto,
affascinando spettatori e professionisti con una tecnica vocale sempre precisa,
una linea di canto morbida e pulita, scegliendo di cantare anche le seconde
strofe delle due arie, come di sua consuetudine. Nulla può essere criticato
nell'esecuzione del soprano ligure – chiaramente da tutti scusata per un attacco
in anticipo – se non la mancanza di trasporto emotivo fino al terzo atto, quando
la lettura della lettera e la seguente “Addio del passato” sono
decisamente cariche di intensità.
La guida di Paolo Panizza è sicuramente un forte coadiuvante
nell'interpretazione dei protagonisti, soprattutto in momenti particolarmente
profondi – in “Dite alla giovine” la Signora Devia canta
dondolandosi a terra come una bambina indifesa – e talvolta anche rischiando dei
gap – sulle note di “Or tutti a me” Violetta è spinta a terra e
resta immobile fino ad “Alfredo, Alfredo, di questo core”.
Il celebre soprano è accompagnato dall'Alfredo di Antonio Gandia,
che non spicca particolarmente nella prima parte dell'opera, ma sa esprimere le
proprie doti vocali in “De' miei bollenti spiriti” con un sapiente uso
dei chiaroscuri e del legato. Lo squillo del tenore spagnolo è potente, il
colore è morbido ed è un peccato che il do acuto a conclusione della cabaletta
sia leggermente traballante. Ad ogni modo la parte è ben eseguita e
l'interpretazione è di alto livello.
I panni di Giorgio Germont sono vestiti da Luca Salsi, che già
da “Pura siccome un angelo” dimostra di possedere un fraseggio elegante,
certamente supportato da un abile utilizzo dei piani e da una sicura padronanza
del fiato. Toccante nel duetto, commovente durante l'aria e “Di Provenza il
mare, il suol” è resa in modo eccellente, sia sul piano vocale che
interpretativo. Il personaggio è forse un po' troppo giovanile e poco autorevole
ed è più semplice immaginare il baritono di origini parmensi nei ruoli del
Conte di Luna o di Renato, ma la resa globale è decisamente e
comunque buona.
Tutti i protagonisti, al termine della rappresentazione, sono giustamente e
lungamente applauditi, come pure il Coro guidato da Fabio Tartari e l'Annina
di Gabriella Locatelli Serio, mentre la direzione di Bruno
Cinquegrani è legittimamente contestata, poco più che scolastica e a tratti
discontinua.
Completano il cast Annalisa Carbonara, Dionigi D'Ostuni, Leonardo
Galeazzi, Dario Giorgelè, Enrico Marchesini, Marco Tomasoni, Angelo Lodetti e
Francesco Laino, mentre la coreografia è di Mafalda Marta Marcelli.