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» Recensione de I Puritani di Vincenzo Bellini al Teatro Massimo di Palermo

Gigi Scalici, 31/10/2008

In breve:

“Tra la gioia e l’esultar“  
Sedatisi i “bollenti spiriti” delle agitazioni sindacali, dopo la pausa estiva, la programmazione riprende con assoluta regolarità.
Torna il belcanto con I puritani, dopo ben trentaquattro anni di assenza dal Teatro Massimo.
Un bell’allestimento – in coproduzione col Comunale di Bologna e col Lirico di Cagliari - piuttosto misurato, stilizzato ed elegante di Pier’Alli - esperto regista, scenografo e costumista di fama internazionale – che ha preferito questa messa in scena piuttosto che quella tradizionale, realizzata precedentemente in altri teatri.


Foto de I Puritani di Vincenzo Bellini in scena al Teatro Massimo di PalermoPrevalenza di chiaro-scuri e costumi sobri; in quelli femminili non sarebbero dispiaciuti alcuni colori vivaci.
Un gioco di luci altrettanto contenuto, tranne che per gli effetti dell’uragano del terzo atto, in cui attraverso un sipario semi trasparente a metà del palcoscenico, si raffigura la foresta in cui si era smarrita Elvira.

Nei primi due atti prevalgono delle lunghissime spade, alte quanto tutta l’altezza del sipario, un paio di queste circuite da corone di alloro, poste a raffigurare il potere dei puritani, seguaci di Cromwell. Un bel gioco di prospettive nel secondo atto attorno al palcoscenico, inclinato più del solito per creare maggiore profondità verticale.

Ultima composizione di Vincenzo Bellini, è stata rappresentata a Parigi nel 1835, qualche mese prima della sua scomparsa appena trentaquattrenne e nello stesso anno della messa in scena della Lucia di Gaetano Donizetti (non a caso, in entrambe le scene della pazzia si riscontra una certa affinità).
Così tanto diversa dalle precedenti nella struttura musicale, è caratterizzata dall’anticipazione del melodramma di pieno ottocento, cui non poteva non ispirarsi il Cigno di Busseto.
Piuttosto ricca di duetti romantici ed eroici, di cabalette, di cantabili e di concertati da grand-opéra, sembra infatti anticipare le opere più belle di Giuseppe Verdi.
Nella sua tessitura rimangono però al baricentro la melodia belcantistica e l’espansione lirica che distinguono il compositore catanese, in una struttura non complessa ma semplice, quasi ad evidenziare maggiormente l’espressione delle belle voci degli interpreti principali.

Anche il testo del libretto del conte Carlo Pepoli, che fece seguito a Felice Romani ed alla sua prima esperienza operistica, non è certamente ricco e forse è proprio questa semplicità che favorisce la ricchezza belcantistica.

Foto di Desirée Rancatore ne I Puritani di Vincenzo Bellini in scena al Teatro Massimo di PalermoBellini dedica  tante pagine dei tre atti  alla fragile puritana Elvira, cui sembrano ruotare attorno tutti gli altri  e Désirée Rancatore, alla sua prima esperienza scenica belliniana, ha delineato con maestria il suo personaggio, per interpretazione e per qualità di canto. Giovane soprano lirico di coloratura in carriera, calca da anni le scene internazionali con opere di Mozart, Rossini, Donizetti, Offenbach, Delibes, Verdi, Strauss e adesso anche di Bellini.
L’ottima preparazione musicale e la sicurezza dei ruoli la rendono già esperta interprete e potrebbe, maturando, giungere anche al lirico spinto, grazie alla consistenza delle sue corde anche nel registro centrale della sua ampia estensione, non limitata soltanto alle agilità ed ai sovracuti.
Certamente, oltre agli studi di conservatorio, ha contribuito tanto nella sua formazione il supporto della madre, Maria Argento, noto soprano corista del Massimo ed insegnante di canto, ma le doti naturali di questa giovane artista sono indubbie: nelle note più alte fuori dal pentagramma si muove con esuberante sicurezza ed emette bellissimi sovracuti (taluni appartenenti a variazioni, come quelli della cabaletta finale Vieni tu bell’angelo, spesso non eseguita).
Virtuosistica in Son vergine vezzosa, nostalgica in Oh vieni al tempio, malinconica in Qui la voce sua soave, è convincente interprete, dai bellissimi colori e dai filati d'ampio respiro, ricevendo fragorosissimi e lunghi consensi da parte di tutti a scena aperta.

Foto di José Bros ne I Puritani di Vincenzo Bellini in scena al Teatro Massimo di PalermoJosè Bros – suo amato Arturo degli Stuart, anche lui artista di fama internazionale, ha alle spalle ben oltre trentacinque opere del belcanto.
E’ un giovane tenore lirico-di grazia che si distingue per uno stile di canto nobile e raffinato. Il volume è intenso, la dizione chiarissima, bellissimo il colore vocale, più che adeguato al giovane innamorato di Elvira. La partitura de I Puritani riserva però all’artista  spagnolo troppe insidie che riesce comunque a superare, soprattutto nell’ultima replica, riscattando alcuni problemi di tenuta dei sovracuti nella prima rappresentazione, che hanno generato ignobili “buu” al termine dello spettacolo.
I dissensi non sono sorti soltanto per questi incidenti di percorso, ma anche per il suo timbro leggero. E’ raro assistere al canto di tenori come lui, che giungano con naturalezza ai sovracuti di Ella è tremante, A te o cara, Vieni tra queste braccia e dei bellissimi duetti amorosi di gran trasporto con Elvira,  soprattutto nell’ultimo atto, e che mantengano nel contempo bel colore di voce ed ampio volume. Taluni spettatori si aspettavano forse un tenore lirico dal timbro meno chiaro, che sicuramente avrebbe forzato gli acuti ottenendo effetti strappa applausi, ma proprio in Arturo il suo colore di voce è più che adatto (Qui la voce sua soave…).
Ne “I Puritani” Josè Bros ha molta esperienza, vedasi anche una registrazione live in DVD dal Liceu di Barcellona, insieme alla signora Gruberova e sotto la bacchetta di Friedrich Haider, direttore di questa edizione a Palermo.

Completano il quartetto degli interpreti principali, Carlo Colombara nel ruolo di Giorgio Valton, zio-secondo padre di Elvira ed il suo primo promesso sposo, rivale di Arturo, il Riccardo Forth di Marco Di Felice.

Carlo Colombara, basso che ha esordito alla fine degli anni ottanta alla Scala, sta percorrendo una bellissima carriera a livello mondiale in diversi ruoli, distinguendosi per lo stile di canto nobile, per il timbro pastoso e scuro ma di chiara dizione e per una certa facilità di coloratura. Alterna infatti i ruoli paterni verdiani a quelli belcantistici, come Giorgio Valton. E’ un brillante Don Basilio nel Barbiere di Siviglia ed un eroico Giovanni da Procida nei Vespri Siciliani. Con la sua aria Cinta di fiori, appropriata al generoso Giorgio,  ha riscosso fragorosi applausi a scena aperta per i bellissimi legati della sua voce vellutata, che non emette con tutto il volume di cui è dotato, appunto perché non richiesto dal ruolo. Belli ed intensi i duetti con Elvira nel primo atto e con Riccardo, a conclusione del secondo con Suoni la tromba e intrepido, d'ispirazione risorgimentale.

Marco Di Felice, baritono che ha iniziato la carriera alla fine degli anni novanta, ha sicuramente delle indubbie qualità vocali, sia nel timbro sia nell’estensione, oltre che per l’ampio volume ed ha delineato il ruolo del cavalleresco Riccardo con sicurezza vocale. In Ah, per sempre io ti perdei e nella cabaletta Bel sogno beato è sembrato però un personaggio verdiano, a volte anche wagneriano, a causa del timbro scuro ed in cui manca la morbidezza di una chiara cantabilità che il personaggio di Riccardo invece richiede. Ha riscosso tuttavia ampi consensi dal pubblico in entrambe le recite, in cui si è distinto con costante e professionale interpretazione.

Completano il cast altri due giovani artisti, entrambi esordienti nella metà degli anni novanta: Federica Proietti - Enrichetta di Francia, dal bel colore esteso di mezzosoprano, che  annovera nel suo repertorio opere di Donizetti, Verdi, Bizet e Puccini - ed Alessandro Guerzoni - Lord Gualtiero Valton,  dignitoso basso in carriera nei ruoli rossiniani, belliniani (Giorgio Valton), donizettiani ed anche verdiani. Dispiace non averli ascoltati compiutamente a causa della brevità dei ruoli loro affidati. Poche battute infine per Gianluca Floris - Sir Bruno Robertson - tenore leggero che copre prevalentemente ruoli comprimari - dagli acuti non ben impostati.Sette voci soliste dirette da un prestigioso Maestro come Friedrich Haider, di tradizionale formazione musicale viennese. E’ tra i maestri concertatori più richiesti, ha diretto nei maggiori teatri europei in un vasto repertorio, tra cui Strauss, Gounod,  Wagner, Verdi. Profondo conoscitore di Bellini, come si diceva prima nel 2005 ha diretto I Puritani al Liceu di Barcellona, con Josè Bros ed Edita Gruberova.

Foto de I Puritani di Vincenzo Bellini in scena al Teatro Massimo di PalermoLa compagine orchestrale del Massimo, con la sua concertazione e l’attenta direzione dal corretto stacco dei tempi, si è cimentata in una raffinata espressione musicale ed in linea con le intensioni del compositore. Molto precisa negli effetti timbrici con la dovuta intensità e negli suggestivi effetti musicali fuori scena, come l’uragano del terzo atto e nei concertati di grande impatto.

Più che coeso e ben diretto dal maestro Martínez il solito ottimo coro, piuttosto simmetrico e statico per motivi registici. Ottima l’esecuzione dell’introduzione con i guerrieri, la preghiera e l’esultanza finale.

Entrambe le rappresentazioni sono state seguite tutte d’un fiato, con attiva partecipazione del pubblico che ha tributato le maggiori ovazioni a DésiréeRancatore, ma anche a tutti gli altri, a parte i dissensi della prima per Josè Bros.

 
 
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