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» Recensione opera IFIGENIA IN TAURIDE di Gluck – Opéra Parigi 2008

Simone Ricci, 17/06/2008

In breve:
Opéra Parigi - IFIGENIA IN TAURIDE di Gluck
Recensione della rappresentazione del 07/06/2008 a cura di Simone Ricci


IFIGENIA IN TAURIDE di Gluck – Opéra Parigi

Iphigénie en Tauridedi Cristoph Willibald Gluck
Libretto di Nicolas François Guillard
Regia di Krzystof Warlikowki
Direttore d'orchestra Ivor Bolton
Scene Malgorzata Szczesniak
Personaggi- Ifigenia: Mireille Delunsch
Diana: Salomè Haller
Oreste: Stéphane Degout
Pilade:Yann Beuron
Thoas:Franck Ferrari
Freiburger Barockorchester
Coro Accentus
Genere: tragedia lirica in Quattro atti

Durata: 140 minuti
Opéra di Parigi
Dal 25 maggio all'8 giugno

Un'opera nel complesso più che apprezzabile, in particolare di grande fattura è stata la prestazione della Friburger Barockorchester diretta in maniera impeccabile dal direttore inglese Ivor Bolton. Molto particolare la regia del polacco Krzystof Warlikowski, che ha riproposto uno spettacolo che due stagioni fa era stato accolto da contestazioni a scena aperta sullo stesso palcoscenico parigino.

Stavolta il pubblico dell'Opéra è sembrato più "abituato" alle particolarezze registiche di Warlikowki, tributando alla fine dello spettacolo applausi convinti, favoriti sicuramente dalla prestazione impeccabile dell'orchestra barocca di Friburgo diretta da Ivor Bolton, il quale ha ricreato le stupende atmosfere fiammeggianti e drammatiche di quest'opera settecentesca.

L'Opéra è sicuramente il palcoscenico più adatto per la rappresentazione di Ifigenia in Tauride, che vide il proprio battesimo proprio a Parigi il 18 maggio 1779: essa è considerata il punto di arrivo del cosiddetto "teatro riformato" di Gluck.

Il compositore tedesco cercò di rivisitare in chiave moderna la tragedia omonima di Euripide. Ancora più modernità è stata portata da Warlikowski: la sua Ifigenia è ambientata in un ospizio e due anni dopo la sua regia in questo stesso palcoscenico, non è riuscita a convincere per quanto riguarda la sua pertinenza, con una proposta completamente lontana dal libretto originale. Qui Ifigenia appare sdoppiata, rappresentata con il suo aspetto originale di giovane sacerdotessa segnata dalla sua terribile storia familiare, e nella veste di una donna imborghesita che vive i suoi ultimi giorni in un ospizio.

Le scena, molto semplice, con grandi letti e una fila di lavandini (una sorta di marchio di fabbrica di Warlikowski, che li aveva già riprodotti nelle sue regie di Parsifal e il Caso Makropulos), si divide in due proprio per rappresentare questi due mondi. Bisogna però sottolineare che se non si riesce ad afferrare che si deve considerare la tragica storia familiare di Ifigenia come il frutto dei deliri senili della vecchia donna, è difficile per lo spettatore relazionare questa produzione con l'opera di Gluck.

Per fortuna in alcuni casi si possono chiudere gli occhi e ci si può lasciare trascinare dalla musica intensa di Gluck e dalle voci dei protagonisti. L'orchestra barocca di Friburgo propone con efficacia la drammaticità dell'opera riportandoci indietro ai tempi di Euripide, in particolare nel primo atto, nel coro delle sacerdotesse di Diana, all'inizio dell'opera, e nella danza degli Sciti nel quale il vigore del dettato ritmico e la strumentazione ‘esotica' (piatti, triangolo, tamburo) servono all'illustrazione musicale della barbarie.

Molto bravi i protagonisti, in particolare il basso Stéphane Degout, il quale raccoglieva la pesante eredità di Marc Minkovski: il suo Oreste è impeccabile, in particolare nella famosa "aria del sonno" La calme rentre dans mon coeur, in cui riesce a dipingere con efficacia la voce sorda e minacciosa dei rimorsi. Stesso discorso vale per Mireille Delunsch, una Ifigenia davvero drammatica, che riusciva a plasmare la voce alle mutevoli esigenze del suo personaggio: supplichevole e trasognata ne l primo atto, oltre che travolta dagli eventi, i suoi acuti rendevano bene la disperazione e lo scoramento. Yann Beuron possedeva quei toni caldi che si addicono a Pilade e una grande espansione melodica che ben dipingevano l'eroismo del suo personaggio.

Infine merita un commento anche la prestazione del baritono Franck Ferrari nel ruolo di Thoas, che notoriamente ha una voce di basso: i sinistri presentimenti e il nero terrore che contraddistinguono questo personaggio erano delineati efficacemente da Ferrari attraverso una voce pulsante e dal ritmo puntato. Alla fine applausi per tutti, anche per Warlikoswki, che alla prima era stato accolto da fischi e disapprovazioni.

Simone Ricci

 
 
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Simone Ricci

simone ricci giornalista

Nato a Roma, si laurea in Economia delle imprese e dei mercati nel 2007 e attualmente si sta specializzando in Economia dell'ambiente all'univesità di Roma Tre. Segue da alcuni anni il mondo dell'opera lirica: la sua predilezione va a Verdi e Puccini di cui ha ascoltato ogni composizione e letto svariate biografie. Cura recensioni personali per gli spettacoli a cui assiste in vari teatri d'Italia (in particolare il Teatro dell'opera di Roma e lo Sferisterio di Macerata) e collabora anche con i portali teatro.org come redattore web e instoria.it curando alcuni articoli a carattere storico, altro suo forte interesse. Lavora anche a racconti brevi che fa partecipare a vari concorsi (l'ultimo, intitolato "Niente cambierà il mio mondo" si ispira in chiave moderna a un'aria del Don Carlo verdiano, la famosa "ella giammai m'amò") e sta iniziando a comporre un romanzo ambientato nella Milano ai tempi di Verdi. Il suo sogno è di riuscire a scrivere una biografia completa e precisa proprio del cigno di Busseto.
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