Questa è la recensione che mai avrei voluto scrivere. Lo so non è
incoraggiante scrivere così, ma purtroppo il 25 agosto in Arena di Verona è
andata in scena la debacle o parabola finale (o almeno lo dovrebbe essere ) di
un grande artista che continua a riempire comunque gli enormi spazi del glorioso
anfiteatro veronese.
Scrivo questo con il cuore triste, da artista quale sono, conoscendo bene
quel sentimento, quella pura e folle frenesia che porta ogni cantante, attore e
musicista a star male lontano dalle sacre tavole del palcoscenico.
Forse prostrato dalle recenti notizie scandalistiche che lo riguardano, forse
oberato dai molti anni e da un naturale declino fisico ( siamo verso gli 85 e
più), il maestro è subito apparso l'ombra di se stesso, schiacciato dal suo
stesso mito, accompagnato quasi sorretto per braccio dagli altri artisti,
rivelando solo a tratti rarissimi il graffio del grande leone della scena. E'
facile e umano dire “Dovrebbe capire e ritirarsi”, ma come ho già
riferito per un protagonista della scena si tratta di una decisione sofferta e
dolorosa.
La serata è stata salvata da uno straordinario ed umanissimo Ildar
Abdrazakov, dapprima un Ramfis di lusso, poi un Filippo II
da brividi nell'aria “Ella giammai m'amò” intonata in uno splendido
pianissimo e a tratti, quasi ad evocare l'esacerbazione del cuore del sovrano
spagnolo, sfociata in un canto sfogato e corposo, per poi ritornare nel finale a
un emozionante mormorio a fior di labbra. Mi ha commosso la sua profonda umanità
nell'aiutare visibilmente il collega più anziano nell'elaborato duetto tra
Filippo ed il Marchese di Posa. Infine, nell'atto secondo di
Macbeth è stato un Banco autorevole e sofferto, rendendo memorabile la
sua aria e cesellando finemente il recitativo che la precede .
Un po' sottotono, quasi sentisse emotivamente l'incerta e plumbea atmosfera
che gravava sullo spettacolo, è apparso il soprano Maria Jose Siri,
che spesso ha brillato sul palcoscenico areniano. E' stata un'Aida
dignitosa, ma priva del suo abituale smalto nella prima scena del Trionfo,
riscattandosi poi in una dolcissima e variegata nella tavolozza dei colori aria
di Elisabetta “Tu che le vanità” per finire poi in una
Lady dignitosa, ma totalmente priva della raffinata e luciferina cattiveria
richiesta dallo stesso Verdi alla sua protagonista del Macbeth.
Lo stesso si può dire del tenore Fabio Sartori, anche lui
forse era scosso e provato da emozioni negative tanto da sbagliare una parte del
suo Radames poi ripreso da grande professionista della scena senza
intoppi. La voce è sempre bella, sicura, estesa e ben proiettata e cesella poi
la breve aria di Don Carlo “Io la vidi” con grande maestria e
svetta nel concertato del finale secondo del Macbeth.
L'Amneris di Yulia Matochkina, pallida e
impersonale, molto impacciata dal suo costume.
Elegante e musicalissimo il Re di Simon Lim,
incisivo e nobile il sicario di Gabriele Sagona, bellissima e
con la sua voce brunita che si è sentita anche nella breve parte della Dama
della Lady nel banchetto Sofia Koberidze.
Dopo l'assassinio di Banco, attraverso l'interfono è venuto
l'annuncio che già mi aspettavo, avendo visto il maestro Domingo
uscire barcollando con una mano sul cuore alla fine del breve dialogo tra
Macbeth e Lady prima del “La luce langue”: il cantante protagonista
della serata non avrebbe partecipato al finale secondo dell'opera verdiana.
E' stato sostituito da un bravissimo e talentuoso baritono russo,
Roman Burdenko, notevole davvero e da risentire in un ruolo completo.
Il direttore d'orchestra Jordi Bernacer ha dapprima imposto
tempi lentissimi ed impersonali ad un Finale secondo di Aida da
dimenticare, poi si è ripreso cesellando con delicatezza e dolcezza di accenti
la selezione del Don Carlos, per poi portare a casa un
Macbeth appannato e poco ferrigno.
L'Orchestra della Fondazione Arena era svogliata ed
appannata, anche se ha mostrato il suo smalto vivido in alcuni momenti solistici
come l'intro all'aria di Filippo II del primo violoncello.
Anche il Coro della Fondazione Arena di Verona , guidato
come sempre dal Maestro Ulisse Trabacchin, non ha brillato come
al solito, rivelando stanchezza e suoni secchi soprattutto nel Trionfo, suo
cavallo di battaglia da decenni, riprendendosi poi in parte nella scena del
Macbeth.
La regia è apparsa imbarazzante e caotica nei due quadri di opera a cura di
Stefano Trespidi, con un Trionfo dove nessuno sapeva dove
andare e non capiva cosa ci faceva lì, un plotone di decine di sicari che
sembravano i gansters della Valentino Night pronti a tirar fuori le pistole per
sorprendere ed uccidere un uomo con il suo bambino, che sarà pur stato un
generale dell'armata scozzese, ma sempre umano è e quindi per farlo fuori
servono due o tre cecchini ben piazzati e con buona mira…
Non gradevoli nemmeno le coreografie (a firma di Luc Bouy)
raffazzonate, condite da continui e fastidiosi batter di piedi in Aida,
per culminare poi in una fila tipo Broadway con gambetta levata (mancavano solo
i cilindri dorati poi eravamo a Fame) e gli ancheggiamenti e ballettini pietosi
durante il Brindisi nel Macbeth.
I costumi erano appropriati, un po' troppo sgargianti in Aida, eleganti e
luminosi negli altri due quadri come le scene di Ezio Antonelli
e le sempre splendide luci di Paolo Mazzon.
In breve, è stato uno spettacolo indegno del grande nome dell'Arena e del
quasi sold out che ha comunque coronato con applausi finali il tutto.
Reputo imperdonabile e volgare ache l'uscita del Maestro Domingo assieme al
suo degnissimo sostituto, che avrebbe meritato un applauso tutto suo da solo.
La locandina Direttore: Jordi Bernacer Regia: Stefano Trespidi
Scene: Ezio Antonelli Luci: Paolo Mazzon Coreografia: Luc Bouy
Personaggi e interpreti:
Aida Amonasro: Plácido Domingo Aida:
Maria José Siri Amneris: Yulia Matochkina Radamès: Fabio Sartori
Ramfis: Ildar Abdrazakov Il Re: Simon Lim
Don Carlos Rodrigo:
Plácido Domingo Elisabetta: Maria José Siri Don Carlo: Fabio Sartori
Filippo II: Ildar Abdrazakov
Macbeth Macbeth: Plácido Domingo
Macbeth: Roman Burdenko Lady Macbeth: Maria José Siri Dama: Sofia
Koberidze Macduff: Fabio Sartori Sicario: Gabriele Sagona Banco: Ildar
Abdrazakov
Orchestra, coro e corpo di ballo dell'Arena di Verona
Maestro del Coro - Ulisse Trabaccin
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