La vetrata raffinatissima in art deco' che illumina l'ascolto della Sinfonia
in questo Don Pasquale al Teatro Verdi è il simbolo e il
leitmotiv di tutta l'esecuzione: uno spettacolo dal punto di vista visivo e
scenico molto raffinato e lussureggiante in bei costumi e scene squisite, ma
nasconde dietro a tutto questo splendore un malessere latente, avvertibile
dall'ascoltatore esperto e navigato, meno dal pubblico che alla fine saluta
artisti con applausi entusiasti. Si lo spettacolo è godibile assai, ma
onestamente ho preso parte ad edizioni migliori.
Donizetti ama molto il suo protagonista, identificandosi quasi con il vecchio
possidente gabbato e preso in giro per tutta l'opera. Quando compone quest'opera
Donizetti non è più giovanissimo: la sua casa è deserta per un'interminabile
serie di lutti familiari e sta per imboccare la strada della malattia e della
fine.
In Don Pasquale, il composiotre bergamasco deve aver rivisto se stesso,
quando, nell'estate napoletana del '42 sorride nel pensarsi al fianco di una
delle giovani figlie del marchese Sterlich, lusingate dalle sue musiche e dai
suoi omaggi floreali. Sarà lo stesso compositore in una lettera indirizzata al
cognato alcuni mesi prima della stesura del Don Pasquale, a confessare “Io
rido, ma poi tu sai bene se in fondo al cuore non ho la melanconia che mi
opprime, e formo di mia gaiezza orpello per coprirla”.
In tutta l'opera questo si avverte con forza, la crudeltà ed il cinismo si
fanno via via più evidente man mano che cresce la parte comica
Veniamo subito alla parte musicale: è vibrante e investita dal fuoco
giovanile la lettura del direttore Ferdinando Sulla, che sembra
giocare con il ritmo brillante nelle scene comiche e colorare di una vena
larmoyante e dolcissima le scene amorose o melanconiche (bello il ricamo
musicale di “Tornami a dir che m'ami” o il lamento di Don Pasquale “E'
finita..” dopo lo schiaffo di Norina).
E' seguito a sprazzi da una volonterosa Orchestra Regionale
Filarmonia Veneta, che non brilla per personalità e compattezza di
suono, ma sa offrire momenti di viva emozione (molto bravo il maestro
Francesco Perrone prima Tromba nell'assolo che introduce ed accompagna
l'aria del tenore “Cercherò lontana terra”.
Il title role è sostenuto da un grande leone della scena quale
Roberto Scandiuzzi, basso che ha brillato nei ruoli verdiani drammatici
e qui da prova di buona tenuta comica, con una vena dolce amara, dando dignità e
valore al suo personaggio. La voce ha sempre il suo bel colore bronzeo, manca un
po' di forza nei sillabati ed in qualche acuto tenuto, ma sa dare la sua zampata
di artista di razza a tutta la produzione. Il suo Don Pasquale si fa
amare e rispettare.
Il giovane soprano spagnolo, Rosalia Cid Tarrio, ha una
gradevole e morbida voce da lirico leggero, non estesa e un po' piccola, ma ben
emessa. Manca, però, l'acuto saettante e il pepe giusto nella parte e a volte
non risalta nell'insieme. Pur dotata di una bellissima figura, in scena non ha
postura da primadonna e tende a volte ad ingobbirsi ed impacciarsi negli
splendidi costumi di cui è dotata.
Il suo innamorato Ernesto ha una curata e gradevole voce da tenore
lirico leggiero o di grazia, come si dice, e risponde al nome di Pietro
Adaini. E' molto apprezzato nella sua aria ben eseguita e costellata da
splendide mezzevoci, non altrettanto nella serenata “Com'è gentil”
eseguita tutta in forte e con acuti sicuri e luminosi, ma buttati un po' alla
garibaldina.
Il dottor Malatesta è il baritono Pierpaolo Martella,
all'inizio non convince per il timbro troppo chiaro, ma via via guadagna punti
spalleggiando con piglio sicuro ed ottima musicalità il protagonista nel duetto
finale. Comprimario di lusso e altro leone di scena Antonio
Feltracco nella breve parte godibilissima del Notaio.
Il Coro Iris Ensemble diretto da Marina Malavasi
è molto acerbo, si sente che ha pochissime voci liriche e professioniste al suo
interno, un problema attuale nei teatri di tradizione, (anche se i cori lirici
di professionisti non mancano), pur tuttavia esegue volonterosamente il non
facile coro “Che interminabile andirivieni” con buona musicalità.
La regia di Giuseppe Emiliani dona raffinatezza ed eleganza
allo spettacolo trasportando la vicenda agli anni '20 prima del crollo della
Borsa a New York del 1929, aiutato dalle splendide scene di Federico
Cautero che firma anche la scenografia virtuale spettacolare e dai
meravigliosi costumi assolutamente in epoca di Stefano Nicolao.
Uno spettacolo tutto sommato godibile che è stato salutato da molti applausi
del pubblico padovano abbastanza numeroso (purtroppo la pandemia spaventa ancora
un po') presente.
• DON PASQUALE, opera in 3 atti Libretto di Giovanni Ruffini e Gaetano
Donizetti
Musica di Gaetano Donizetti
Personaggi e Interpreti Don Pasquale, Roberto Scandiuzzi
Dottor Malatesta, Pierpaolo Martella Ernesto, Pietro Adaini Norina,
Rosalia Cid Tarrio Un Notaro, Antonio Feltracco • Figuranti: Valerio
Mazzucato, Marta De Rossi, Elisa Grilli, Chiara Pellegrin • Coro Iris
Ensemble Maestro del coro: Marina Malavasi • Orchestra regionale
Filarmonia Veneta Maestro concertatore e Direttore d'orchestra: Ferdinando
Sulla • Regia: Giuseppe Emiliani Scene, video mapping: Federico Cautero
Costumi: Stefano Nicolao disegno luci: Andrea Gritti • COMUNE DI TREVISO -
TEATRO MARIO DEL MONACO, COMUNE DI PADOVA, COMUNE DI BASSANO DEL GRAPPA, TEATRO
SOCIALE DI ROVIGO
|