La magia della collaborazione con tra la Fondazione Arena di Verona
ed i più importanti Musei Nazionali e Siti Archeologici
Italiani dona suggestione e poesia anche a questo allestimento del
dittico verista Cavalleria Rusticana e Pagliacci visionato il
14 agosto in un Anfiteatro veronese bollente.
Il video design e le scenografie digitali di D-Wok offrono scorci
meravigliosi inviati dal Parco Archeologico Valle dei templi di Agrigento, Musei
Vaticani e la Biblioteca Apostolica Vaticana per Cavalleria e memorabili
manifesti e scorci di sale di posa cinematografiche di provenienza del Museo
nazionale del cinema di Rimini, del Fondo Renzo Renzi, della regista Francesca
Fabbri Fellini, Web Photos Srl per Pagliacci.
Queste nuove tecnologie sceniche sanno avvolgere e creare sensazioni potenti
nello spettatore unite ad un'imponente quasi barocca scalinata che incombe sulla
scena quasi a significare il fato irriducibile che colpisce i personaggi in
scena.
In Cavalleria giganteggia la personalità forte e struggente del soprano
Maria Josè Siri, ottima Santuzza soprattutto
nell'affrontare la parte con cura estrema in ogni accento, frase e colore e per
dotarla di anima vera e palpitante, anche con pianissimi perlacei. Cito ad
esempio nella scena dell'Inneggiamo quei tre “Oh Signor”, ognuno
espresso dalla bella e sicura voce della protagonista dapprima in un sospiro,
poi in un lamento ed infine in un sussurro doloroso, fino ad arrivare alla “Mala
Pasqua“ giustamente urlata con rabbia disperata.
Turiddu era Roberto Alagna, che dopo una bella
Siciliana, ha svolto la sua parte tutta in forte o fortissimo, pur con voce
sicura, molto bella e maschia, non risparmiandosi, ma non donando nuances
diverse di colore e fraseggio.
Uguale resa di Ambrogio Maestri un Alfio di grande
mestiere e voce notoriamente potente e musicale, che ha tolto alla parte una
rozzezza di tradizione, ma non ha dato grandi emozioni.
Bella in scena per figura da indossatrice, ma debole come resa vocale al
limite di essere inascoltabile la Lola di Clarissa Leonardi.
Voce discontinua, dapprima quasi sopranile, nel corso dell'opera è
grandemente migliorata sfoggiando notevoli note gravi e personalità
Agostina Smimmero che dava voce a Mamma Lucia.
Costumi funerei tutti sul nero o grigio chiaro, di pregevole fattura.
Pagliacci, dopo il grigiore di Cavalleria in contrasto è un'esplosione di
vita e di colori, fin troppo. La piccola compagnia di guitti da provincia, il
modesto carro di Tespi, si trasforma in una compagnia di Broadway, con un
esercito di personaggi vestiti come i personaggi felliniani. Troppa confusione
in scena, a malapena si riconoscono in personaggi principali e perfino il duetto
intimo fra Silvio e Nedda si svolge per buona parte in presenza di
queste figure. Il troppo stroppia insomma.
Ambrogio Maestri (Tonio) sfodera qui la sua vis
scenica e diventa mattatore, peccato che la voce accusi stanchezza e qualche
acuto viene brillantemente risolto alla terza inferiore . Altri invece risuonano
sforzati come il sol finale di “Incominciate” del Prologo.
Roberto Alagna disegna un Canio stanco e dolente,
ma esausta dopo Cavalleria è anche la sua voce che gli presenta il conto
nell'invettiva finale della Commedia sfibrandosi. Probabilmente per il tenore
italo-francese non è serata, perché non mostra il fuoco e la grinta proprie di
questo personaggio e non regala agli spettatori una memorabile interpretazione.
Decisamente una sorpresa l'umanissima e sensuale Nedda di Valeria Sepe, che
con voce bella, musicale e svettante delinea un ruolo molto piacevole sia alla
vista che all'ascolto.
Mario Cassi ha una voce di colore brunito, estesa, sonora e
la piega ai suoi voleri musicali e scenici con grande sicurezza e scioltezza. Un
Silvio di riferimento, che dona al bellissimo duetto con il soprano uno dei
momenti piu' belli della serata.
Molto bravo il Peppe di Matteo Mezzaro, con una
Serenata che strappa applausi entusiastici al pubblico presente.
Di classe e di lusso i due Contadini di Max Renè Cosotti e Dario
Giorgelè
Il direttore d'orchestra Marco Armiliato sa donare spunti
nuovin di riflessione a chi ascolta le due famose partiture attraverso scelta
accurata di nuove tavolozze di colori e dinamiche stringenti ed incisive ben
seguito dall'Orchestra dell'Arena di Verona sempre ottima, dal
suono corposo ed unico e per niente routinier.
Il Coro dell'Arena di Verona diretto da Vito
Lombardi, pur sempre relegato per norme anti-covid all'immobilità sui
gradoni, sa entusiasmare ed emozionare per il meraviglioso, intenso e corposo
suono unico.
Corretti e deliziosi i ragazzini del Coro di Voci bianche Alive
diretti da Paolo Facincani.
Una nuova bella serata immersa nell'unica e totale magia che l'Arena di
Verona sa donare, a dispetto del momento.
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