Abbiamo assistito in presenza con altri pochissimi colleghi alle riprese per
il concerto in streaming della Quarta Sinfonia di Gustav Mahler al Gran
Teatro La Fenice di Venezia. Una sola parola: emozionante.
L'onda fascinosa della musica mahleriana, così piena di suggestioni e
rievocazioni ben si sposa al momento difficile attuale ed al teatro veneziano,
ora vuoto e privato del suo pubblico, simile ad una bella donna abbandonata e
languida con i suoi stucchi dorati e sempre splendidi.
Fa male al cuore vedere quelle leggiadre sedie di velluto rosa antico vuote,
quel magnifico lampadario acceso per pochi…Sentimenti espressi da tutti i
colleghi e dal Sovrintendente e Direttore Artistico Fortunato Ortombina,
che si è detto speranzoso di tornare alla normalità in autunno grazie alla
campagna vaccinale in atto. Ma la musica vince sempre su ogni sentimento
negativo o triste e qui ha regnato sovrana.
Con la Quarta Sinfonia si conclude il ciclo delle
Sinfonie di Mahler (Seconda, Terza e Quarta) che impiegano al loro
interno Liedeer tratti da Des Knaben Wunderhorn e allo stesso
tempo finisce la prima fase della produzione sinfonica del compositore, quella
che Mahler definì ironicamente la sua 'Tetralogia'.
Il riferimento a Wagner, compositore amatissimo da
Mahler, non è casuale: con le prime quattro Sinfonie Mahler
dà voce infatti a una concezione della musica fortemente condizionata dall'opera
di Wagner e dalla sua visione dell'artista come colui che, seppure isolato dalla
società, è allo stesso tempo il portavoce di esigenze collettive, di un'utopia
di riscatto morale e sociale, drammaticamente però destinata alla sconfitta.
La Quarta Sinfonia, che fa da cerniera tra la produzione sinfonica degli anni
Novanta dell'Ottocento e quella della decade successiva, costituisce sotto
questo punto di vista un caso esemplare, poiché in essa ricorrono molti dei
fattori che caratterizzano la musica di Mahler: la pluralità e la mescolanza di
stili, con influenze provenienti tanto dalla musica 'alta' quanto da quella
popolare o di consumo, l'ironia, la sovrapposizione di stati d'animo
contrastanti e le brusche svolte espressive, le autocitazioni e le citazioni
stilistiche, le reminiscenze interne tra i singoli movimenti della Sinfonia e
l'irruzione improvvisa del 'mondo esterno', cioè di sonorità tratte dalla vita
reale (i sonagli che compaiono nel primo e nell'ultimo movimento della Quarta),
il mondo dei ricordi, deformato dalla distanza temporale, il candore della
visione infantile contrapposto alla consapevolezza disillusa dell'adulto, lo
slancio ideale e l'abbattimento disperato, l'esaltazione utopica e l'angoscia
della sconfitta, l'incombenza della morte.
Con una lettura attenta e delicata, rispettosa in pieno del volere del
compositore boemo, il Maestro Antonello Manacorda guida l'Orchestra
del Teatro della Fenice con braccio sicuro e fluido.
Secondo il grande direttore d'orchestra Bruno Walter "i
primi tre tempi potrebbero ritrarre una vita celeste: nel primo tempo si
potrebbe pensare all'uomo che comincia a conoscerla; vi predomina un'inaudita
serenità, una gioia non terrena, che attrae quanto allontana, una luce e un'aria
prodigiosa, dove certo non mancano anche suoni umani e commoventi. Sentimenti
espressi con maestria dalla sezione degli archi, soprattutto i primi violini con
glissandi che definirei arditi e paradisiaci, e con un'espressività comune
compatta che va al di là del mestiere."
Continua sempre nella sua analisi della Sinfonia il Maestro Walter :” Il
secondo tempo potrebbe essere intitolato: Freund Hein [nome che si usava in
tedesco per indicare la morte] suona per accompagnare la danza; la morte sfrega
in modo assai singolare le corde del suo violino [nella partitura Mahler ha
indicato che il primo violino deve accordare lo strumento un tono sopra, in modo
da ottenere un suono stridulo e spettrale] e con quel suono ci spinge su in
cielo. [...]. Si avverte nell'orchestra veneziana e nella lettura del direttore
la precisa volontà di rendere fede a questa immobilità celeste e non spaventosa
propria di una morte che potremmo definire beata. "
Anche Sant'Orsola ride potrebbe essere il
titolo del terzo tempo; la più seria delle sante ride, tanto serena è questa
festa; [...] una pace solenne, felice, una serenità seria e dolce è il carattere
130 di questo tempo, cui pure non mancano anche contrasti profondamente dolorosi
come reminiscenze della vita terrena e un crescendo dalla serenità fino alla
vivacità". E qui irrompono quasi selvaggiamente gli ottoni ed i legni ,
sempre in un grande affresco di coesione ed unità tra sezioni. Anche se qualche
lievissima e sparuta slabbratura viene avvertita, ma non disturba in alcun modo
chi ascolta.
Verso la fine, in un preciso momento ben studiato ad arte entra il soprano
solista, una Carmela Remigio dalla consueta voce morbida e
solare, pronta ad eseguire il Lied del quarto movimento. La voce spesso nella
zona grave è sovrastata dall'orchestra, ma ciò è dovuto dalla disposizione della
compagine strumentale in platea e dalle esigenze dettate dalle riprese. Non
dimentichiamo che il tutto è finalizzato all'esecuzione in streaming per il
grande pubblico in casa e questo è ben comprenso da chi scrive. Ma nel registro
medio ed acuto la vocalità e la musicalita raffinata del soprano abruzzese
risalta al meglio, celestiale e soave, tale da lasciare brividi di commozione.
In Das himmlische Leben (La vita celestiale), a cui inizialmente
doveva contrapporsi un altro Liede dal titolo Das irdische Leben (La
vita terrena), viene descritta con occhi infantili come una sorta di luogo
paradisiaco, nel quale si beve vino a volontà, si mangiano asparagi e fagioli, i
santi sono intenti a macellare gli animali e a cucinare, e persino la seria
Sant'Orsola ride osservando le ragazze ballare al suono della musica eseguita da
Santa Cecilia in persona e dai suoi Hofmusikanten (musicisti di corte).
È una visione ironica e grottesca, nella quale si mescola una smaliziata
interpretazione dei dogmi del cattolicesimo (San Giovanni che macella l'agnello,
simbolo di Cristo) e la tragedia della morte per fame dei bambini, che
abbandonano senza rimpianti la vita terrena per essere felici in quella celeste.
E tutto questo viene perfettamente reso dalla cantante, ben sorretta dal
direttore ed avvolta in un'onda sonora sontuosa dall'orchestra.
Scrive Marco Marica nel suo saggio sulla musica mahleriana,
da cui ho tratto vari spunti “La parte del soprano ha un carattere
popolaresco e vagamente infantile, nella partitura si legge la seguente
indicazione: "La voce con espressione allegramente infantile; assolutamente
senza parodia!", divagando frequentemente in melismi di giubilo.
La conclusione riserva un'ultima sorpresa, con gli strumenti che
progressivamente tacciono e l'arpa che intona in pianissimo un intervallo di
quarta. "Se l'uomo meravigliato chiede che cosa significa tutto ciò -
scriveva Walter - gli risponde un bambino: questa è la vita celeste".
Con queste ultime parole nella mente, lascio la mirabile Sala della Fenice,
sempre più convinta, camminando in una Venezia scura e deserta, che finchè ci
saranno artisti come quelli che ho ascoltato, capaci di emozionare e di
commuoversi, ogni mostro puo' e deve essere sconfitto.
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