Coesione, compattezza e tenuta d'insieme sono i caratteri dominanti di questo
difficile spettacolo, che riesce totalmente nel suo scopo: coinvolgere,
emozionare, consegnare un messaggio, indurre a pensare. E per fare tutto questo
occorre proprio quell'affiatamento e quella fusione che Michele Mariotti
e Robert Carsen hanno trovato tra loro e saputo trasmettere all'intero
palcoscenico prima e a tutto il pubblico poi. Purtroppo è sempre più raro
trovare una simile intesa, sia per ragioni personali e soggettive, ma anche per
scarsa disponibilità di risorse. Dunque quando accade, la magia del teatro
d'opera si manifesta in tutto il suo splendore.
Michele Mariotti - che per questa occasione opta per la
versione di Vienna, senza le arie di Arbace, col reintegro di "Fuor
del mar" e voce di tenore nella parte di Idamante - torna alla
difficile partitura di Idomeneo compiendo un mirabolante prodigio di stile,
elegante nella tenuta d'insieme, ricco di colori e di accenti, prodigo di
fraseggi raffinati ma anche drammatici. La sua visione della partitura è
talmente amalgamata al poetico realismo di Carsen che è impossibile non
commuoversi.
Complici anche Orchestra e Coro - preparato dal bravissimo
Roberto Gabbiani - del Teatro dell'Opera di Roma che,
supportati da una certa purezza di suono e di canto, seguono direzione e regia
con una fluidità che coinvolge totalmente.
L'esperto Charles Workman porta in scena un eccellente
Idomeneo, dalla vocalità chiara e luminosa, che trova il suo apice
interpretativo proprio nella meravigliosa "Fuor del mar".
Lo affianca l'ottimo Idamante
di Joel Prieto, che primeggia nelle pagine più
delicate, mentre si nota una certa debolezza nelle note basse dove occorre un
maggiore accento, come nel celebre quartetto di terzo atto.
Pure bravissima Rosa Feola nel ruolo di Ilia,
dotata di una musicalità davvero sorprendente, sempre omogenea in ogni singolo
passaggio, arricchita di grazia raffinata.
Molto buona anche la prova di Miah Persson nei panni
dell'innamorata Elettra, che mette in mostra il suo stile elegante
soprattutto in "Idol mio" e nei pezzi d'assieme, mentre appare un poco
carente nelle note basse nelle arie più drammatiche.
Piuttosto efficaci l'Arbace di Alessandro Luciano e
il Gran Sacerdote di Oliver Johnston. Sorprende molto
positivamente la Voce del giovane Andrii Ganchuck.
Tornando al bellissimo spettacolo di Robert Carsen - che si
occupa anche delle scene con il costumista Luis F. Carvalho
e delle luci con Peter Van Praet - si avvale degli espressivi
movimenti coreografici di Marco Berriel e del suggestivo video
di Will Duke. La trasposizione in ambito contemporaneo contribuisce ad una
maggiore resa dei significati dell'opera: l'eterno problema - senza tempo -
delle guerre, dei rifugiati, del non perdono. E l'abbraccio finale di Ilia
e Idamante è una commovente luce di speranza.
Carsen si distingue sempre per lo stile elegante, con
messaggi chiari, ma sempre rispettosi, con sfumature poetiche dal forte effetto
teatrale seppur intrise di importante realismo. Ma colpisce soprattutto la sua
costante aderenza al testo e alla musica. È eccellente sotto ogni punto di
vista. Scroscianti applausi e ovazioni hanno salutato tutti gli artisti.
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