Quando un'opera seria di Gioachino Rossini, soprattutto se
manca dal palcoscenico pesarese da un po' di anni, entra nel cartellone di un
grande teatro come il San Carlo di Napoli, i melomani più
affezionati si muovono in massa e, in questa occasione, è doveroso segnalare che
sono arrivati da tutto il mondo. Il vero motivo di interesse è la
partecipazione della star internazionale Angela Meade nei panni
di Ermione, ruolo studiato ed eseguito con grande successo sotto la
guida del compianto Alberto Zedda.
Dopo Guglielmo Tell e I Lombardi alla prima crociata a Torino,
il soprano americano è tornato in Italia solo per il Gala XL dello scorso agosto
al ROF, dunque in seguito alla cancellazione di Luisa Miller a Parma l'attesa si
è fatta importante. La Signora Meade è davvero brava, su questo
non si discute, provvista di tecnica ineccepibile, virtuosismi puntuali, ottimo
uso dei fiati, voce piena in ogni nota e che corre, fraseggio e intenzione
rossiniana da manuale, accento drammatico particolarmente incisivo.
Ciononostante sembra che manchi un collante col direttore e l'orchestra, dunque
la performance ne risente, soprattutto in termini di presa emotiva col pubblico.
L'artefice pare dunque essere Alessandro De Marchi che, pur
essendo preciso e metodico, manca di accento, di vigore, di intensità drammatica
e si fa molta fatica ad assorbire i sentimenti discordanti della tragedia.
Complici anche un'orchestra non sempre puntuale e un coro che, in più di
un'occasione, se ne va per i fatti suoi. Talvolta i tempi un poco dilatati
sembrano mettere in difficoltà gli interpreti con fiati un po' troppo lunghi.
Teresa Iervolino è tecnicamente e stilisticamente un'ottima
Andromaca, ma anche nel suo caso manca un certo quid.
John Irvin è un Pirro molto preciso, ma la sua
vocalità è troppo piccola per il grande teatro partenopeo, pertanto appare
decisamente insufficiente, pur cantando bene.
Antonino Siragusa torna a interpretare Oreste dopo
il recente successo di Idreno e lo fa col suo consueto sapere rossiniano.
Purtroppo si trova in difficoltà con i tempi ed è costretto a terminare le frasi
con delle spinte davvero poco piacevoli.
Guido Loconsolo è un Fenicio piuttosto efficace,
mentre il Pilade di Filippo Adami e l'Attalo
di Cristiano Olivieri sono un po' precari.
Gaia Petrone è alle prese con la parte di Cleone,
per lei troppo acuta, mentre Chiara Tirotta è una discreta
Cefisa.
Lo spettacolo di Jacopo Spirei si ispira alla tragedia Greca
per dimostrare quanto siano attuali i sentimenti ivi descritti ed è trasposto in
una moderna epoca neoclassica fatta di elementi che spaziano dallo stile impero
al XX secolo. Il lavoro di regia sembra svolto di corsa, forse per mancanza di
tempo e ciò lo si nota soprattutto sulle masse, mentre è più efficiente sui
protagonisti e nelle controscene.
Funzionali e abbastanza realistiche le scenografie di
Nikolaus Webern, i costumi di Giusi Giustino
e le luci di Giuseppe Di Iorio.
Applausi piuttosto contenuti per tutti, con solo qualche sporadica
acclamazione.
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