Con il celebre Giulio Cesare in Egitto di Georg Friedrich Händel,
qui eseguito con diversi tagli allo scopo di alleggerire il monumentale e
mastodontico dramma per musica, si rinnova il consueto appuntamento annuale
scaligero col barocco.
L'Orchestra del Teatro alla Scala su strumenti storici si
presenta con un suono pulito e particolarmente gradevole, precisissima, merito
anche della perizia del M. Giovanni Antonini che dirige
alternando vigore e brio nelle sezioni più vivaci, a impalpabile poesia nelle
pagine più liriche e patetiche.
Lo spettacolo di Robert Carsen è costruito come un racconto
cinematografico e attraverso un sapiente utilizzo del proscenio, dove spesso
avvengono i da capo, si evita stacco tra le scene e si mantiene così una certa
scioltezza e coesione nel racconto, fatto di dinamico realismo.
L'ambientazione in un contesto militare contemporaneo, con efficaci
scenografie e costumi di Gideon Davey, affronta con toni
sovente leggeri e umoristici l'intensa tematica della lotta per il potere
politico ed economico. Eccellenti le citazioni hollywoodiane e al balletto.
Ottime le coreografie di Rebecca Howell, anche se
nell'insieme appaiono un po' scarne e si sarebbe preferito avere qualche
movimento in più. Molto positivo anche il realistico disegno luci di
Robert Carsen e Peter Van Praet.
Nel ruolo del titolo è esemplare la prova di Bejun Mehta che
offre una prestazione di altissimo livello grazie ad un controllo magistrale del
mezzo ed una buona proiezione del suono. Agilità sgranate, intensità di
fraseggio, specialmente nella bellissima aria di terzo atto, fierezza
nell'accento.
Lo affianca l'affascinante Cleopatra di Danielle De Niese
che, seppur dotata di bella presenza scenica e strumento vocale piuttosto
importante, non possiede le finezze necessarie al repertorio, soprattutto nelle
pagine patetiche, oltre ad avere acuti un poco stridenti.
Eccellente, nonostante una certa disomogeneità tra i centri e le note basse,
è il Tolomeo di Christophe Dumaux, sapientemente
perfido nella caratterizzazione del tiranno antagonista.
Magistrale è l'elegantissima Cornelia
dell'impareggiabile Sara Mingardo, delicata, dolente, ma al tempo
stesso fiera e orgogliosa.
La accompagna il raffinato Sesto di Philippe Jaroussky che
si prodiga in filati finissimi, risultando migliore nel patetico piuttosto che
nel drammatico.
I duetti tra Mingardo e Jaroussky sono di
una grazia strabiliante, anche per l'amalgama che si viene a creare tra i due
timbri, scuro quello del contralto, chiaro e luminoso quello del controtenore.
Ottimi anche l'Achilla di Christian Senn e il
Nireno di Luigi Schifano. Efficacie il Curio di
Renato Dolcini.
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