Stiamo tutti annegando. Non c'è bisogno di andare particolarmente in
profondità per percepire almeno una parte dei forti messaggi di questo
bellissimo e strabiliante spettacolo. Stiamo annegando ora; non occorre
attendere un ipotetico futuro distopico. Il classismo, l'ineguaglianza,
l'intolleranza religiosa, la paura delle diversità, il nazismo, il fascismo, le
dittature, i regimi autoritari, le emergenze sociali, antropologiche e
climatiche, sono qui e ora, oggi, ovunque attorno a noi e stiamo annegando in
uno stretto mare di odio reciproco.
Questo Nabucco ideato da Ricci/Forte è
sicuramente il migliore prodotto in Italia negli ultimi vent'anni, non solo per
l'incredibile progetto creativo - che oltre alle idee e ai concetti gode anche
di azzeccatissimi spunti cinematografici - ma anche per l'abilità con cui
Stefano Ricci mette in scena un continuo susseguirsi di azioni
- principali e secondarie - che non permettono mai di poter distogliere
l'attenzione: a riprova di ciò è l'insolito silenzio tombale della sala.
Naturalmente una parte del pubblico ha fatto sentire la sua disapprovazione, ma
questo è il bello del teatro, un teatro vivo, dove c'è anche lo scontro, che in
effetti appare perfettamente in linea con le tematiche messe in scena, dunque la
platea non smentisce, anzi conferma, il palcoscenico.
Le bellissime scenografie di Nicolas Bovey
suggeriscono l'interno di un cacciatorpediniere, di una portaerei, un intero
mondo militare a sé stante, ma anche un Titanic o un Poseidon, dove si fa
evidente la differenza tra le classi. Strepitosi i costumi di
Gianluca Sbicca, soprattutto quelli di Abigaille, con i sottili e
subdoli dettagli verdi della perfidia.
Ottime le luci di Alessandro Carletti e
riuscitissime le toccanti coreografie di Marta Bevilacqua;
abilissimi e ben preparati tutti i mimi.
Estremamente positivo è anche l'ambito musicale, col bravissimo
Francesco Ivan Ciampa sul podio dell'esemplare Filarmonica
Arturo Toscanini. Il direttore avellinese si è ormai ritagliato una
posizione di merito nel repertorio d'opera italiano, soprattutto quello
ottocentesco, e questo Nabucco ne è la chiara dimostrazione. Il dialogo tra buca
e palcoscenico è pressoché perfetto, sempre compatto e uniforme, molto attento
alla partitura, qui proposta in edizione critica. La Toscanini rende una delle
sue prove migliori, coi suoni pulitissimi, senza sbavature e soprattutto
intensamente emozionante.
Il Coro del Teatro Regio di Parma, diretto
dall'impareggiabile Martino Faggiani, dimostra ancora una volta
di essere il migliore nell'intero catalogo verdiano, non solo per il sempre
commovente e bissato "Va pensiero", ma soprattutto per il vigore, gli
accenti, anche la disperazione dei primi due atti.
Amartuvshin Enkhbat è un buon Nabucco, autorevole e
distinto, dotato di voce ferrea, smaltata e un'ottima linea di canto, nonostante
difetti un poco nel fraseggio e nell'accento, eccetto per il finale secondo e "Dio
di Giuda".
Lo stesso vale per la tenace ed elegantissima Abigaille di
Saioa Hernández, interprete giustamente acclamata dai teatri più
importanti, pur non avendo delle agilità così rigorose come richiederebbe questo
ruolo e note basse poco corpose se immediatamente successive alla salita in
acuto.
Michele Pertusi è un eccelso Zaccaria, nonostante
la vocalità non sia tonante, poiché ogni volta che apre bocca rende una vera e
propria lezione di canto dallo stile raffinato, ricca di accenti, colori e
fraseggi, votata alla parola scenica.
Annalisa Stroppa è una Fenena di ottimo gusto,
affiancata dal brillante Ismaele di Ivan Magrì che
fortunatamente supera subito le incertezze delle prime pagine.
Molto buona la prova di Elisabetta Zizzo nei panni di
Anna.
Efficaci l'Abdallo di Manuel Pierattelli e il
Sacerdote di Belo di Gianluca Breda.
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