Il Teatro Real di Madrid inaugura la Stagione 2019-2020 nel suo duecentesimo
anniversario con Don Carlo di Giuseppe Verdi nella versione Modena del 1886.
Marcelo Puente purtroppo non gode di una vocalità
particolarmente morbida o vellutata ed è caratterizzata da un vibrato
decisamente stretto, talvolta fastidioso, pertanto non ha un canto sempre
piacevole all'ascolto. Ciononostante, non solo risolve adeguatamente tutte le
difficoltà del ruolo di Don Carlo, ma si prodiga al personaggio e al
fraseggio con una generosità tale da risultare emozionante e in alcuni passaggi
addirittura commovente.
Lo affianca la strepitosa Maria Agresta nei panni di una
Elisabetta avvincente nell'interpretazione e omogenea nella linea di canto.
Il soprano italiano affronta ogni pagina con una eleganza naturale che la eleva
più che spontaneamente alla dignità di regina ed è accolta dal pubblico con
sincere ovazioni.
Altrettanto eccellente è il Marchese di Posa di Luca Salsi,
che sempre di più si sta imponendo come baritono verdiano di riferimento. Salsi
sembra conoscere ogni piccolo accento, ogni segno musicale verdiano votato alla
parola scenica, senza mai tralasciare la bellezza del suono, la brillantezza
degli acuti, il timbro saldo anche nei pianissimi. Anch'egli riceve un meritato
successo personale.
Meno convincente è il Filippo II di Dmitry Belosselskiy,
che - cercando il pelo nell'uovo - risulta un poco carente nei colori e nel
fraseggio. La sua vocalità è molto imponente, forse fin troppo autoritaria, ma
non autorevole e non finemente regale.
Pure poco persuasivo, ma per motivi diametralmente opposti, è il Grande
Inquisitore di Mika Kares. Il basso scandinavo è dotato di
una bella vocalità cantabile, di gusto chiaramente raffinato, che poco si sposa
col terribile ruolo, pur possedendone tutte le note. Forse sarebbe stato più
azzeccato invertire i ruoli dei due grandi bassi.
Anche Ekaterina Semenchuk, mezzosoprano dagli ottimi mezzi e
dal timbro seducente, è una eccellente interprete di altri ruoli, mentre in
Eboli sembra sempre che le manchi una marcia nei colori e soprattutto nel
legato. Pure nel suo caso, non è un problema di canto o di lingua, bensì un
difetto nell'intenzione verdiana.
Efficace il Tebaldo di Natalia Labourdette anche se
si sarebbe preferita una vocalità più in punta. Lo stesso vale per la Voce
dal cielo di Leonor Bonilla.
Bravo, ma un poco modesto, il frate di Fernando Radó.
Adeguato alla parte il Conte di Lerma di Moisés Marín.
Buona la prova dei Deputati fiamminghi. Ottimo il Coro del
Teatro Real guidato da Andrés Máspero.
La vera stella della serata è Nicola Luisotti che, sul podio
dell'eccellente Orchestra del Teatro Real, dirige le quasi
quattro ore di musica con una disinvoltura impareggiabile, da non confondersi
assolutamente con superficialità, poiché si districa perfettamente tra il
guidare o il seguire i protagonisti, mantenendosi saldo sulla partitura, ma
anche permettendo fraseggi e colori personali. Il suo è un Don Carlo compatto e
avvincente.
Ottima la regia di David McVicar, che si prodiga con classe
ed eleganza in tutta una serie di movimenti, ingressi, uscite, gestualità,
sguardi pressoché perfetti, che sembrano fluire più che naturalmente lungo le
note di Verdi.
Il solo neo dello spettacolo è rappresentato dall'imponente scenografia di
Robert Jones, che pur essendo particolarmente efficace, risulta essere
talvolta poco suggestiva, come in primo atto o nella prima scena del terzo,
talaltra troppo austera, come nella seconda scena del secondo atto.
Pregevolissimi i costumi di Brigitte Reiffenstuel.
Adeguate le luci di Joachim Klein e le coreografie
di Andrew George.
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