Ogni volta che si ha la fortuna di ascoltare uno dei tanti capolavori di
Christoph Willibald Gluck ci si rende subito conto di quanto
fosse moderno, anticipatore dei tempi, genio indiscusso del carattere drammatico
formatosi all'interno della sua stessa tragedia, per poi arrivare a influenzare
non solo il romanticismo ottocentesco, ma addirittura l'opera del primo
Novecento.
Oggi non è possibile ascoltare la splendida Iphigénie en Tauride
senza pensare a Les Troyens ed Elektra. Ed è in questo
filone atemporale che si insinua il meraviglioso spettacolo di Robert
Carsen, che descrive sapientemente e con enfasi angosciante il
terribile antefatto degli omicidi di Agamennone e Clitennestra,
per poi calare nuovamente la scure della tragedia negli animi di Ifigenia
e Oreste senza mai lasciare al pubblico un solo minuto di riposo.
L'uso dei bravissimi mimi, con eccezionali coreografie di
Philippe Giraudeau, avvolge il dramma come le spire di un serpente, con
effetti luci davvero incredibili disegnati dallo stesso Carsen
e da Peter van Praet.
La scenografia e i costumi di Tobias Hoheisel
sono più che funzionali, assolutamente necessari così come sono per raccontare
la terribile tragedia che sembra consumare i cuori dei protagonisti, ma che
riesce a ripiegare nel lieto fine solo all'ultimo minuto.
Eccellente anche la bacchetta di Thomas Hengelbrock alla
guida del bravissimo Balthasar-Neumann-Ensemble, che si prodiga
in una lettura che lascia senza respiro, sempre attenta al fraseggio e
all'accento della musica e degli interpreti, mai sacrificando la purezza dei
suoni.
Bravissimo anche il Balthasar-Neumann-Chor con un
particolare encomio per la sezione femminile.
Gaëlle Arquez è una splendida Iphigénie, dotata di
una bella voce piena, dal timbro piacevolissimo che non si inquadrerebbe né come
soprano né come mezzosoprano, particolarmente adatto a questo genere di ruoli.
Gli acuti sono limpidi, le note basse sono salde, i piani sono pregevoli, la
linea di canto è morbida ed elegante, arricchita da un carattere drammatico
particolarmente incisivo.
La affianca un altrettanto eccellente Stéphane Degout nel
ruolo di Oreste, dove mostra le sue ottime qualità in termini di
proiezione, con una vocalità brillante e smaltata, sapientemente al servizio di
un entusiasmante fraseggio e un eloquente uso della parola, che trova il suo
apice in tutta la parte introduttiva di secondo atto, con un forte accento
tragico.
Paolo Fanale conclude il superbo trio di protagonisti con la
sua consueta raffinatezza. Pylade è il solo personaggio
patetico - fatta eccezione per la prima aria di Ifigenia - e Fanale
sa bene come rendere interessante questo genere di canto con un uso dei colori
che non ha eguali e dei cromatismi davvero dolci. La musicalità è eccezionale,
il suono è pulitissimo, le mezze voci sono elegantissime.
Alexandre Duhamel è un bravo Thoas e risolve molto
bene la parte, con grinta e in maniera davvero avvincente.
Molto bene anche per la morbida Catherine Trottmann nel
doppio ruolo di Diane e Deuxième prêtresse.
Concludo il grande cast di altissimo livello gli efficaci Francesco
Salvadori nei panni di uno scita, Charlotte Despaux
in quelli della prima sacerdotessa e una donna greca,
Victor Sicard in quelli del ministro del tempio.
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