Ferdinando Paer, eccellente musicista di collegamento tra il
Settecento classico e l'Ottocento romantico, è autore troppo spesso bistrattato
dalle messinscene moderne, pertanto questa produzione di Agnese
è da annoverarsi tra i più importanti momenti culturali del 2019.
Per l'occasione l'eccelso Diego Fasolis decide di
rappresentare l'opera nella sua forma integrale, eseguendo l'originale di Parma
del 1809 con l'aggiunta dei pezzi scritti per Parigi nel 1819 e nel 1824. La sua
direzione omogenea e raffinata guida la bravissima Orchestra del Teatro
Regio in un turbinio di suoni e accenti nobili e ricercati. Pure
eccellente è il Coro preparato da Andrea Secchi.
María Rey-Joly è una buona Agnese, piuttosto
corretta e dal timbro piacevole, ma abbastanza parca di colori e sfumature,
rendendo così un canto a tratti un poco monotono e poco elegante. Le agilità e
gli staccati non sono così puntuali come dovrebbero nella sua cabaletta in
secondo atto, mentre migliori sono nel successivo duetto con l'amato.
Pure Edgardo Rocha se la cava piuttosto bene nel ruolo di
Ernesto, anche se il suo personaggio resta sempre ancorato ad una certa
comicità rossiniana che lo fa sembrare un po' estraniato dalla parte più tragica
della vicenda. Così anche nel suo caso ne risulta un canto che difetta nei
cromatismi e nelle sfumature, seppur preciso nella tecnica.
Eccellente l'Uberto di Markus Werba che sfoggia una
vocalità aggraziata e raffinata, in perfetto stile mozartiano, ma già sulla via
dei grandi ruoli baritonali dell'Ottocento. La sua prestazione di altissimo
livello è assolutamente da premiarsi in termini di musicalità e fraseggio.
Discreto il Don Pasquale di Filippo Morace,
anch'egli corretto ma non così brillante come si intenderebbe il ruolo del buffo
nell'opera semiseria.
Efficace, più scenicamente che non vocalmente, il Don Girolamo di
Andrea Giovannini.
Molto buona tecnicamente, anche se il suono è un pochino aspro, la
Vespina di Giulia Della Perpetua, che dimostra molto bene
cosa significhi il canto di agilità. Ottimi anche i suoi interventi nel
concertato finale.
Adeguati la Carlotta di Lucia Cirillo e il
custode dei pazzi di Federico Benetti.
Assolutamente centrato è lo spettacolo di Leo Muscato, con
belle scene di Federica Parolini, pregevoli
costumi di Silvia Aymonino e luci suggestive di
Alessandro Verazzi.
Muscato sceglie un allestimento - già visto, ma non per questo scontato - a
scatole, perfetto per rappresentare questo genere di scene alternate tra un
personaggio e l'altro, ma anche tra un tipo di emozione e l'altra, risultando
particolarmente efficace. Sguardi, gesti, movimenti, sono tutti
significativamente allineati e omogenei.
La cultura vince sempre.
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