Per questa produzione di Semiramide al Palacio
Euskalduna, ABAO-OLBE sceglie l'allestimento di
Luca Ronconi creato per il Teatro di San Carlo di Napoli,
già ripreso sul palcoscenico del Maggio Musicale Fiorentino.
I pregi e i difetti restano i medesimi.
Lo spettacolo, egregiamente guidato da Marina Bianchi, con
le scene di Tiziano Santi, i costumi di
Emanuel Ungaro e le luci di A.J. Weissbard,
riassume in sé tutto il classicismo intriso nell'opera, ma non aiuta il pubblico
a godere dei momenti corali che renderebbero più scorrevole la lunga vicenda.
Riguardo ai protagonisti, sapientemente scelti dal preparatissimo
Cesidio Niño, si potrebbe esprimere un'unica critica: rossiniani veri,
che sanno interpretare fino in fondo l'intenzione e il carattere voluti dal
compositore, con un efficacissimo uso della parola.
Silvia Dalla Benetta, chiamata all'inizio delle prove in
sostituzione dell'indisposta Angela Meade, è una regina
solida come la sua tecnica. L'intonazione è perfetta, i suoni sono intensi e
tutti appoggiati tanto in basso quanto in alto, dove le volatine sono sostituite
da agilità drammatiche che riempiono la sala rendendo un personaggio veramente
regale e imponente, arricchito da una recitazione vincente. Ma del suo Rossini
si apprezza soprattutto il fraseggio, intensificato con certe variazioni, coi
rallentati, ma soprattutto gli elegantissimi filati dell'aria conclusiva, tutti
sostenuti da un ottimo uso del fiato.
La affianca un'altrettanto eccellente Daniela Barcellona nei
panni di un vigoroso Arsace. Il suo canto è ben rifinito, il suono è
ben tornito, la tecnica è magistrale, il giusto terreno per piegare la
matematica della musica ad un'espressività davvero superiore. La resa del
personaggio non è da meno, efficacemente virile anche nei fraseggi.
Lo stesso vale per l'Assur di Simón Orfila, di
carattere autorevole e penetrante. La sua vocalità è sempre morbida e omogenea e
in questa occasione particolarmente smaltata e coi suoni ben in punta. La sua
aria, così espressa, diventa una vera scena di pazzia, di terrore, resa con
ottimi accenti drammatici.
José Luis Sola è un buon Idreno cui è stata
ingiustamente tagliata la prima bellissima aria. Si tratta di un ruolo
particolarmente complesso, ma il tenore sa comunque farsi notare anche nei
concertati dell'introduzione e del finale primo.
Piuttosto rilevante la voce di Itziar de Unda nella piccola
parte di Azema.
Concludono la rosa dei solisti Richard Wiegold come Oroe,
Josep Fadó nei panni di Mitrane e David
Sánchez che fuori campo dà voce al fantasma di Nino.
Buona la prova del Coro de Ópera de Bilbao preparato da
Boris Dujin, che purtroppo in questo allestimento è relegato
nel golfo mistico.
Ottima la direzione di Alessandro Vitiello alla guida della
Bilbao Orkestra Sinfonikoa, che sa creare un giusto dialogo tra
buca e palcoscenico, creando il terreno perfetto per la riuscita della lunga
vicenda classica, ponendosi a metà strada tra barocco e romanticismo.
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