Il Festival Donizetti Opera anche nell'edizione 2018 segna
un ulteriore punto in termini di qualità. Sapendo bene che le realtà provinciali
possono accedere solo ad un determinato livello di finanziamenti, è doveroso
complimentarsi con un cartellone che prima di tutto lavora a stretto contatto
con la Fondazione Donizetti allo scopo di riscoprire i lavori
originali e le varie versioni del compositore bergamasco, contribuendo alla
rinascita di titoli che altrimenti sarebbero dimenticati. In secondo luogo la
scelta degli interpreti appare chiaramente attinente e dunque parte fondamentale
del recupero dell'intera opera di Donizetti.
Enrico di Borgogna ha visto la luce nel 1818 attraverso
qualche incidente di percorso ed è proprio in questa ottica che Silvia
Paoli ha voluto creare il suo allestimento. L'idea, forse vecchia e già
vista decine e decine di volte, di creare uno spettacolo di teatro nel teatro,
in questa occasione pare particolarmente centrata e funzionale. Il libretto e la
trama sono abbastanza semplici e non nascondono particolari messaggi impliciti,
mentre gli avvicendamenti che si sono succeduti durante la prima
rappresentazione appaiono particolarmente interessanti, soprattutto secondo
quella che può essere la lettura di un festival monografico. Dunque la scelta di
porre in scena lo stesso Donizetti assieme a tutti i guai, le sventure, ma anche
il successo che hanno segnato la prima di questo Enrico di Borgogna sono
assolutamente vincenti, soprattutto se arricchite da una regia sempre presente,
vivace, attenta a sguardi, gesti e movimenti, che diventa un tutt'uno con le
simpatiche scenografie di Andrea Belli, i piacevoli costumi di
Valeria Donata Bettella e le luci accattivanti di
Fiammetta Baldiserri.
Altrettanto fresca e pimpante è la bacchetta di Alessandro De Marchi
alla guida dell'eccellente Academia Montis Regalis che si
prodiga in diversi numeri dal sapore frizzante, ma anche in ottime pagine più
patetiche, con un dialogo tra buca e palcoscenico sempre diretto e lineare.
Anna Bonitatibus è una protagonista magnetica e una vera
fuoriclasse in questo repertorio. Il suo Enrico è superlativo. La linea
di canto è morbida, gli acuti ben puntati, i gravi sono saldi, il colore è
vellutato, le agilità sono sorprendenti. Una tecnica davvero eccellente, che
trova il suo culmine nel rondò finale: “Mentre mi brilli intorno”.
Sonia Ganassi, che in questo caso affronta un ruolo che fa
parte del suo vero terreno d'elezione, è una Elisa che non ha eguali.
Il canto è pressoché perfetto, cui si somma una presenza scenica invidiabile.
Francesco Castoro è un'ottima sorpresa, limpido, brillante,
sempre attento al suono e alla parola. Lo stesso vale per Levy Sekgapane
che, pur avendo ancora una voce che è uno spillo, si mostra sempre ai massimi
livelli in termini di tecnica, oltre ai bellissimi e naturalissimi sovracuti. Si
tratta di due tenori che si vorrebbero ancora ascoltare e di cui sicuramente si
sentirà ancora parlare.
Luca Tittoto è il professionista di sempre. Voce
proiettatissima e ben timbrata, eccellente cantante e interprete.
Bravissimi Lorenzo Barbieri nella parte di Brunone,
Matteo Mezzaro in quella di Nicola e Federica
Vitali nei panni di Geltrude.
Grandissimo e meritatissimo successo per tutti.
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