L'opera inaugurale del Festival Verdi 2018 è Macbeth
nella prima versione del 1847, eseguito nell'edizione critica a cura di
David Lawton, già messo in scena al Maggio Musicale Fiorentino
in occasione del Bicentenario Verdiano del 2013 nella revisione
sull'autografo sempre a cura di David Lawton.
Philippe Auguin è eccellente direttore e concertatore di
questa partitura, poiché non si esprime in particolari accenti personali, ma è
rispettosissimo dello spartito, candido, pulito, nitido, in grado di trasmettere
le varie sfaccettature emotive e sentimentali racchiuse nei personaggi, non solo
nei cinque solisti principali, ma anche nei protagonisti corali: le streghe, i
profughi di Scozia, i nobili scozzesi, le milizie inglesi. Lo seguono
egregiamente la brava Filarmonica Arturo Toscanini e
l'eccellente Coro del Teatro Regio di Parma guidato da Martino Faggiani.
Daniele Abbado crea uno spettacolo altamente suggestivo che
va al di là di ogni trasposizione temporale, delineandosi in un non spazio senza
tempo. Il suo lavoro sui personaggi è sempre minuzioso, concentrato sul gesto
elegante e sull'espressione dei sentimenti umani, in questo caso fortemente
arricchito - addirittura poggiato - sulle luci di Angelo Linzalata, essendo la
scenografia pressoché assente. Davvero interessante, suggestiva, quasi un filo
conduttore, la pioggia incessante che cade sulla tragedia shakespeariana. Il
solo punto debole è che in alcuni punti sembra di assistere a qualcosa di già
visto, come il covo delle streghe in terzo atto e il coro dei profughi scozzesi
nel quarto. Piuttosto inefficaci la lettura registrata della Lady e l'altalena
dell'albero durante la battaglia finale.
Luca Salsi è Macbeth e -
come già detto in occasione dell'esecuzione di pochi mesi fa a Firenze sotto la
guida di Riccardo Muti - può essere oggi considerato interprete di riferimento
per questo ruolo, rendendo inutile soffermarsi nuovamente sulla brillantezza
della sua vocalità smaltata, sui fraseggi toccanti che trovano l'apice nei
pianissimi commoventi, sull'uso della parola piegata all'effetto scenico senza
mai adombrare la musicalità.
Anna Pirozzi è una Lady d'effetto e come di
consueto si presenta ottima interprete del drammatico di agilità, ideale
coprotagonista dei primi due atti, soprattutto in questa versione dell'opera.
Purtroppo i problemi si fanno sentire nella celebre aria del sonnambulismo, dove
appare un po' stonacchiata e non in grado di sostenere i piani sul fiato, dove
invece sarebbero numerose le indicazioni di “pp”, “ppp” o “sottovoce”.
Michele Pertusi porta in palcoscenico l'usuale lezione di
canto. Che la sua vocalità non troppo scura piaccia o non piaccia in una parte
come quella di Banco è solo una questione soggettiva. Ogni nota è
musicalmente perfetta e sapientemente plasmata all'uso della parola scenica; il
personaggio è nobile e autorevole.
Antonio Poli è un Macduff poco robusto e non sempre
precisissimo; mentre Matteo Mezzaro è un Malcolm
abbastanza luminoso.
Completano la compagnia Alexandra Zabala nei panni della
dama; Gabriele Ribis in quelli di un medico un poco
precaro; Giovanni Bellavia in quelli del sicario, del
domestico e della prima apparizione; Adelaide Devanari
in quelli della seconda e della terza apparizione.
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