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Recensione opera lirica MacBeth al Festival Verdi di Parma 2018

Sara Carlisi, 11/01/2019

In breve:
Parma - Recensione dell'opera lirica Macbeth che ha inaugurato il Festival Verdi di Parma l'11 ottobre 2018 a Parma.


L'opera inaugurale del Festival Verdi 2018 è Macbeth nella prima versione del 1847, eseguito nell'edizione critica a cura di David Lawton, già messo in scena al Maggio Musicale Fiorentino in occasione del Bicentenario Verdiano del 2013 nella revisione sull'autografo sempre a cura di David Lawton.

Philippe Auguin è eccellente direttore e concertatore di questa partitura, poiché non si esprime in particolari accenti personali, ma è rispettosissimo dello spartito, candido, pulito, nitido, in grado di trasmettere le varie sfaccettature emotive e sentimentali racchiuse nei personaggi, non solo nei cinque solisti principali, ma anche nei protagonisti corali: le streghe, i profughi di Scozia, i nobili scozzesi, le milizie inglesi. Lo seguono egregiamente la brava Filarmonica Arturo Toscanini e l'eccellente Coro del Teatro Regio di Parma guidato da Martino Faggiani.

Daniele Abbado crea uno spettacolo altamente suggestivo che va al di là di ogni trasposizione temporale, delineandosi in un non spazio senza tempo. Il suo lavoro sui personaggi è sempre minuzioso, concentrato sul gesto elegante e sull'espressione dei sentimenti umani, in questo caso fortemente arricchito - addirittura poggiato - sulle luci di Angelo Linzalata, essendo la scenografia pressoché assente. Davvero interessante, suggestiva, quasi un filo conduttore, la pioggia incessante che cade sulla tragedia shakespeariana. Il solo punto debole è che in alcuni punti sembra di assistere a qualcosa di già visto, come il covo delle streghe in terzo atto e il coro dei profughi scozzesi nel quarto. Piuttosto inefficaci la lettura registrata della Lady e l'altalena dell'albero durante la battaglia finale.

Luca Salsi è Macbeth e - come già detto in occasione dell'esecuzione di pochi mesi fa a Firenze sotto la guida di Riccardo Muti - può essere oggi considerato interprete di riferimento per questo ruolo, rendendo inutile soffermarsi nuovamente sulla brillantezza della sua vocalità smaltata, sui fraseggi toccanti che trovano l'apice nei pianissimi commoventi, sull'uso della parola piegata all'effetto scenico senza mai adombrare la musicalità.

Anna Pirozzi è una Lady d'effetto e come di consueto si presenta ottima interprete del drammatico di agilità, ideale coprotagonista dei primi due atti, soprattutto in questa versione dell'opera. Purtroppo i problemi si fanno sentire nella celebre aria del sonnambulismo, dove appare un po' stonacchiata e non in grado di sostenere i piani sul fiato, dove invece sarebbero numerose le indicazioni di “pp”, “ppp” o “sottovoce”.

Michele Pertusi porta in palcoscenico l'usuale lezione di canto. Che la sua vocalità non troppo scura piaccia o non piaccia in una parte come quella di Banco è solo una questione soggettiva. Ogni nota è musicalmente perfetta e sapientemente plasmata all'uso della parola scenica; il personaggio è nobile e autorevole.

Antonio Poli è un Macduff poco robusto e non sempre precisissimo; mentre Matteo Mezzaro è un Malcolm abbastanza luminoso.

Completano la compagnia Alexandra Zabala nei panni della dama; Gabriele Ribis in quelli di un medico un poco precaro; Giovanni Bellavia in quelli del sicario, del domestico e della prima apparizione; Adelaide Devanari in quelli della seconda e della terza apparizione.

 
 
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