La quarta opera del Cigno di Busseto mancava dal palcoscenico del
Teatro Regio di Torino da quasi un secolo.
Progressivamente dimenticata nel corso del Novecento, come molti altri titoli
del giovane Verdi e finalmente riemersa negli ultimi decenni,
I Lombardi alla prima crociata trova oggi un piccolo posto nel
repertorio e non si fanno mancare ottime esecuzioni come l'attuale diretta da
Michele Mariotti, vero protagonista di questa messinscena
Il direttore pesarese si riconferma eccellente interprete del belcanto, dove
trova sempre la miscela perfetta in termini cromatici, tra veri e propri colori,
marcati e taglienti, nonché sfumature più dolci e delicate. Il suo fraseggiare
all'unisono con le voci e l'orchestra dona sempre un senso di unicità davvero
entusiasmante.
La bravissima Angela Meade torna finalmente a Torino dopo la
magnifica interpretazione di Matilde nella versione italiana del
Guglielmo Tell rossiniano. Col ruolo di Giselda mette
in mostra tutte le sue abilità di soprano drammatico d'agilità, non solo
primeggiando nei saldissimi acuti e nelle fioriture ben sgranate, ma anche nelle
corpose note basse e soprattutto nei fiati ben sostenuti, da cui scaturiscono
filati davvero preziosi.
La affianca il verdianissimo Francesco Meli nella breve
parte di Oronte, già eseguita a Parma qualche anno fa, dimostrando di
essere sempre ottimo fraseggiatore, cesellatore di parole e sentimenti,
raffinato musicista nell'espressione di ogni singola nota. Peccato per il brutto
acuto schiacciato nella cadenza della cavatina, acuto che un tempo era luminoso
e ben sorretto.
Di grande valore è l'interpretazione di Alex Esposito nei
panni Pagano. Il basso di origine bergamasca si conferma ottimo
belcantista, dotato di fraseggio eloquente ed espressivo. Non può essere
considerato un punto di riferimento in questo genere di ruoli in termini di
colore e volume, ma a parte ciò la sua è una vera e propria lezione di canto,
precisissimo in ogni punto, brillante negli acuti, solido nei gravi, sempre
attento alla pulizia del suono e all'uso della parola, senza voler ingrossare,
dove certamente perderebbe parte delle sue bellissime qualità.
Efficacie anche l'Arvino di Gabriele Mangione, pur
scenicamente un poco inesperto.
Di pregio le parti femminili di contorno, con la Viclinda di
Lavinia Bini e la Sofia di Alexandra Zabala.
Adeguati il Priore di Joshua Sanders e l'Acciano
di Giuseppe Capoferri. Un po' indietro il suono di
Antonio di Matteo nel ruolo di Pirro.
Ottima la prova del Coro del Teatro Regio guidato da
Andrea Secchi.
Decisamente sottotono il noioso spettacolo di Stefano Mazzonis di
Pralafera originariamente creato per Jérusalem all'Opéra
Royal de Wallonie-Liège di cui è direttore artistico.
Il polveroso allestimento, con scene di Jean-Guy Lecat,
sembra uscito da un magazzino anni '90 di un teatro di provincia, troppo
didascalico e privo di vigore, troppo colorato per essere minimamente
realistico, troppe interruzioni per cambi scena che comunque mostrano sempre gli
stessi elementi. Pure monotone le luci di Franco Marri.
Pressoché inesistente un vero e proprio lavoro di regia. Migliori i
costumi di Fernand Ruiz, che comunque mal si adeguano ai
colori da oratorio della scenografia.
Meritatissime ovazioni finali per i protagonisti e il coro.
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