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Recensione opera lirica I lombardi alla prima crociata di Giuseppe Verdi al Teatro Regio di Torino

William Fratti, 29/05/2018

In breve:
Torino, il 19 aprile 2018 - Recensione dell'opera lirica I Lombardi alla prima Crociata di Giuseppe Verdi in scena al Teatro Regio di Torino il 19 aprile 2018


La quarta opera del Cigno di Busseto mancava dal palcoscenico del Teatro Regio di Torino da quasi un secolo.

Progressivamente dimenticata nel corso del Novecento, come molti altri titoli del giovane Verdi e finalmente riemersa negli ultimi decenni, I Lombardi alla prima crociata trova oggi un piccolo posto nel repertorio e non si fanno mancare ottime esecuzioni come l'attuale diretta da Michele Mariotti, vero protagonista di questa messinscena

Il direttore pesarese si riconferma eccellente interprete del belcanto, dove trova sempre la miscela perfetta in termini cromatici, tra veri e propri colori, marcati e taglienti, nonché sfumature più dolci e delicate. Il suo fraseggiare all'unisono con le voci e l'orchestra dona sempre un senso di unicità davvero entusiasmante.

La bravissima Angela Meade torna finalmente a Torino dopo la magnifica interpretazione di Matilde nella versione italiana del Guglielmo Tell rossiniano. Col ruolo di Giselda mette in mostra tutte le sue abilità di soprano drammatico d'agilità, non solo primeggiando nei saldissimi acuti e nelle fioriture ben sgranate, ma anche nelle corpose note basse e soprattutto nei fiati ben sostenuti, da cui scaturiscono filati davvero preziosi.

La affianca il verdianissimo Francesco Meli nella breve parte di Oronte, già eseguita a Parma qualche anno fa, dimostrando di essere sempre ottimo fraseggiatore, cesellatore di parole e sentimenti, raffinato musicista nell'espressione di ogni singola nota. Peccato per il brutto acuto schiacciato nella cadenza della cavatina, acuto che un tempo era luminoso e ben sorretto.

Di grande valore è l'interpretazione di Alex Esposito nei panni Pagano. Il basso di origine bergamasca si conferma ottimo belcantista, dotato di fraseggio eloquente ed espressivo. Non può essere considerato un punto di riferimento in questo genere di ruoli in termini di colore e volume, ma a parte ciò la sua è una vera e propria lezione di canto, precisissimo in ogni punto, brillante negli acuti, solido nei gravi, sempre attento alla pulizia del suono e all'uso della parola, senza voler ingrossare, dove certamente perderebbe parte delle sue bellissime qualità.

Efficacie anche l'Arvino di Gabriele Mangione, pur scenicamente un poco inesperto.

Di pregio le parti femminili di contorno, con la Viclinda di Lavinia Bini e la Sofia di Alexandra Zabala. Adeguati il Priore di Joshua Sanders e l'Acciano di Giuseppe Capoferri. Un po' indietro il suono di Antonio di Matteo nel ruolo di Pirro.

Ottima la prova del Coro del Teatro Regio guidato da Andrea Secchi.

Decisamente sottotono il noioso spettacolo di Stefano Mazzonis di Pralafera originariamente creato per Jérusalem all'Opéra Royal de Wallonie-Liège di cui è direttore artistico.

Il polveroso allestimento, con scene di Jean-Guy Lecat, sembra uscito da un magazzino anni '90 di un teatro di provincia, troppo didascalico e privo di vigore, troppo colorato per essere minimamente realistico, troppe interruzioni per cambi scena che comunque mostrano sempre gli stessi elementi. Pure monotone le luci di Franco Marri. Pressoché inesistente un vero e proprio lavoro di regia. Migliori i costumi di Fernand Ruiz, che comunque mal si adeguano ai colori da oratorio della scenografia.

Meritatissime ovazioni finali per i protagonisti e il coro.

 
 
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