La messinscena del celebre - e al tempo stesso misconosciuto -
Ariodante di Georg Friedrich Händel al
Salzburger Festspiele 2017 si rivela una scelta azzeccata, con uno
spettacolo veramente riuscito.
Mantenere alta l'attenzione del pubblico per ben oltre quattro ore con un
genere d'opera che, si sa, fa accadere la poca azione che c'è durante i
recitativi, mentre si concentra solo sulla manifestazione di un sentimento -
all'ennesimo infinito - durante la sterminata successione delle arie, è affare
davvero complicato, ma Christof Loy ci riesce benissimo, pur
con un allestimento per nulla pretenzioso ideato dal bravo Johannes
Leiacker, coi bei costumi di Ursula Renzenbrink che
uniscono intelligentemente le epoche dell'Orlando Furioso e del Settecento di
Händel con i giorni nostri.
Tutti i solisti sono impegnati in una recitazione davvero puntuale, sia nei
movimenti e nelle gestualità sia negli sguardi e nelle espressioni, accompagnati
da un lungo stuolo di ballerini davvero ben preparati. Le eccellenti coreografie
sono di Andreas Heise, le luci di Roland Edrich.
Le scelte musicali di Gianluca Capuano sul podio de
Les Musiciens du Prince - Monaco sono sinceramente strabilianti, poiché
riesce a fare emergere tutti i caratteri drammatici e tragici della vicenda,
mantenendo sempre un'omogenea morbidezza nelle pagine patetiche.
Ottimi il clavicembalo di Andrea Marchiol e il violoncello
continuo di Patrick Sepec.
Superlativa, nella parte del protagonista, è Cecilia Bartoli,
che riceve un sincero e meritato successo personale. Nulla da eccepire in merito
allo stile, al gusto e all'intero ambito del canto d'agilità, poiché come sempre
non le sfugge mai una nota. Ma Bartoli dà anche prova di fraseggi delicatissimi
e accenti raffinati con “Scherza infida” dove rende molto commovente e
toccante la lunga pagina in cui Ariodante decide di partire.
La Ginevra di Kathryn Lewek è molto credibile nelle
parti patetiche, dove canto e interpretazione sono ben eseguiti e amalgamati,
mentre difetta un poco di drammaticità nell'accento dei passaggi più incisivi,
poiché si lascia andare troppo oltre e i suoni risultano spesso sporchi. È
inoltre un po' tirata nel registro acuto e ciò è particolarmente evidente in
primo atto.
Eccellente è Christophe Dumaux nel viscido ruolo di
Polinesso. Non solo sa esprimere un personaggio riuscitissimo - arrogante e
seducente, violento e superbo - ma mostra anche qualità vocali davvero
sorprendenti. Spesso il canto del controtenore è accompagnato da suoni che
paiono di testa e in falsettone, mentre la sua esecuzione sembra ben poggiata e
proiettata.
Bravissima Sandrine Piau nei panni di Dalinda,
interprete elegante e raffinata, limpida in acuto e ben centrata nell'uso degli
accenti.
Buona anche la prova del Lurcanio di Rolando Villazón,
sempre morbido ed omogeneo, qui alle prese con un ruolo abbastanza centrale dove
mai trova ostacoli.
Riuscito solo a tratti il Re di Nathan Berg, un
poco in difficoltà nelle arie di primo atto, ma sinceramente struggente in “Invida
sorte amara”.
Efficacie l'Odoardo di Kristofer Lundin.
Buona la prova del Salzburgher Bachchor diretto da
Alois Glassner.
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