La serata al Teatro Regio di Torino si apre con un annuncio,
esposto da alcuni dei dipendenti della Fondazione - tra cui Coro e Orchestra -
al fine di sensibilizzare il pubblico in merito alle problematiche che stanno
affliggendo pressoché tutti i teatri lirici italiani a causa dell'applicazione
dell'ultima riforma. Si tratta di un genere di protesta molto intelligente,
poiché mira a coinvolgere gli spettatori circa questioni che li interessano in
quanto fruitori dell'arte e della cultura prodotta dalla lirica. Il Regio di
Torino ha ben ragione di protestare, poiché si tratta di un teatro molto ben
frequentato e ciò significa soltanto che la qualità è alta al punto da
soddisfare un pubblico che continua ad acquistare biglietti.
Manon Lescaut torna sul palcoscenico del Mollino
nell'allestimento firmato da Thierry Flamand con i costumi di
Christian Gasc.
L'efficace regia del bravo Vittorio Borrelli sostituisce
l'originale ideata da Jean Reno, pur non discostandosene
troppo. La scenografia è sempre bellissima, ma poco funzionale, costringendo lo
spettacolo a tre pause che quasi pareggiano la durata della musica. Pure i
costumi sono sempre preziosi e raffinati, le luci ben riuscite e suggestive
curate da Andrea Anfossi, i movimenti mimici raffinati
assistiti da Anna Maria Bruzzese.
Gianandrea Noseda e la sua bravissima Orchestra del
Teatro Regio eccellono in un'esecuzione precisa e pulitissima, ma al
tempo stesso toccante e struggente fino alle lacrime. Emblematici in quanto ad
accuratezza certi passaggi di primo e secondo atto, ma assolutamente
significativi in termini di emozioni e passione pucciniana sono tutto il terzo e
il quarto, sfortunatamente separati da una pausa che distoglie l'attenzione.
Sempre ottimo il Coro preparato da Claudio Fenoglio.
Maria José Siri continua la sua sfavillante carriera e
ottiene a Torino l'ennesimo successo, ma l'impressione che si ha della cantante
è sempre la stessa: brava, ma nulla di più. Non si percepisce il pathos di
Manon, né l'ardore pucciniano, neppure brilla nelle numerose note acute,
tantomeno si prodiga in un fraseggio che invece dovrebbe trasmettere sentimento
e tormento.
Gregory Kunde, negli ultimi anni eccellente interprete del
repertorio lirico spinto, rende magnificamente certi passaggi di Des Grieux,
come la celebre “No! Pazzo son!” e anche altri momenti di secondo e
quarto atto, mentre resta un poco sottotono nei momenti più lezzosi, ma è poca
cosa in confronto ad un'interpretazione che dimostra lucentezza e vigore.
Buona la parte di Lescaut a cura di Dalibor Jenis,
ma senza particolare pregio.
Eccellente Carlo Lepore nei panni di Geronte. Bravo
Francesco Marsiglia nel ruolo di Edmondo.
Adeguate le parti di contorno: il maestro di ballo di Saverio
Pugliese, il musico di Clarissa Leonardi, il
lampionario di Cullen Gandy, il sergente e l'oste di
Dario Giorgelè, il comandante di Cristian Saitta.
Successo entusiastico per tutti al termine della bella serata.
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