L'efficace spettacolo di Peter Stein è ricco di pregi e
difetti.
I pregi risiedono sicuramente nel lavoro di regia dello stesso Stein,
poiché solisti e coristi hanno sempre un movimento caratterizzato, uno sguardo
significativo, un gesto ragionato, impreziosito di controscene che rendono
l'azione più fluida e coinvolgente. Particolarmente degni di nota sono il duetto
di secondo atto tra Carlo ed Elisabetta e il quartetto in
quarto atto. L'allestimento minimalista entro cui si articola la regia di Stein
è un ambiente ideale, ma poco bello da vedere.
Gli ambienti spogli ideati da Ferdinand Wögerbauer sono
perfetti in termini di disegno architettonico, ma i materiali usati fanno
pensare ad una scenografia low cost. E lo stesso vale per i costumi di
Anna Maria Heinreich, validi nello stile - storicamente non
precisissimi, ma teatralmente efficaci - che sembrano confezionati con stoffe di
basso livello. Pure le luci di Joachim Barth mantengono un importante livello di
suggestione, ma non portano mai lo spettatore a concentrarsi emotivamente su di
un singolo accadimento.
Altrettanto vale per la direzione di Myung-Whun Chung alla
guida dell'Orchestra del Teatro alla Scala - che perde qualche
colpo in più di una circostanza durante la serata - che appare elegante e
raffinata, molto fluida ed omogenea, ma mai spicca il volo, mai riluce come un
diamante ed è un po' scollata nel terzetto Carlo-Eboli-Rodrigo.
Detto ciò, sia Peter Stein, sia Myung-Whun Chung
riescono a tenere alto il livello di attenzione per tutte le oltre cinque ore
del lungo spettacolo.
Per l'occasione si sceglie la versione in cinque atti, con l'aggiunta -
rispetto alla più conosciuta versione Modena - del Coro dei Boscaioli
in primo e la scena dello scambio delle maschere in terzo. La locandina recita
“Edizione integrale della versione in 5 atti, a cura di U. Günter e L.
Petazzoni” ma è un peccato che non si siano ripristinati anche il balletto,
l'arioso di Filippo “Chi rende a me quell'uom?” e il Coro conclusivo
dell'opera. Poteva essere una buona opportunità culturale, sia di studio sia di
semplice ascolto, magari eliminando una pausa per non prolungarne ulteriormente
la durata - considerando che il Teatro alla Scala possiede gli impianti e le
tecnologie per effettuare i cambi in pochi minuti - ma soprattutto serbando
emotivamente l'intensità del dramma nella sua complessità.
Francesco Meli ha la vocalità perfetta per interpretare il
ruolo del protagonista ai massimi livelli, possedendo tinte eroiche e passionali
che poggiano su di una base che tende sempre al lirico leggero, tale da non
appesantire mai la parte. Ottimi gli slanci, davvero vivi e sentiti. Purtroppo
in alcuni punti sembra perdere un poco l'intonazione e ciò è presumibilmente
dovuto all'abuso del falsetto perpetrato fino a poco tempo fa. Qui i piani sono
emessi correttamente, pertanto il problema dovrebbe essere arginato e
risolvibile.
Krassimira Stoyanova possiede una vocalità naturalmente
vellutata talmente bella che la sua Elisabetta spicca in ogni momento,
elegante e raffinata, con una perfezione tecnica che ha poche eguali. Detto ciò
non è chiaro come mai abbia deciso di prediligere la risonanza di petto nelle
note basse, quando in passato la si era sentita emettere ottimi suoni misti,
mescolando così tale cattivo gusto alla sua classe innata.
Ancora eccellente, nonostante l'età e qualche pecca perdonabilissima, il
Filippo II di Ferruccio Furlanetto. Il suo fraseggio non
ha paragoni e la sua intensità è vibrante in ogni momento, rendendo un
personaggio che difficilmente può essere superato.
Ekaterina Semenchuk non convince nel ruolo di Eboli.
La tecnica di canto e l'interpretazione non sono malvagie, ma sembra piuttosto
corta in acuto e abbastanza leggera nei centri.
Simone Piazzola è sempre ottimo interprete dotato di buona
presenza scenica, linea di canto omogenea, eccellente intonazione e fraseggio
ben rifinito, ma la sua voce, come già notato in precedenti performance, appare
stimbrata e mal proiettata, tanto da non sentirsi per buona parte dell'opera.
Fortunatamente le arie affidate a Rodrigo sono abbastanza scoperte e
riesce ad ottenere comunque un buon successo.
Eric Halfvarson è un Grande Inquisitore
scenicamente molto efficacie, ma con parecchie difficoltà vocali nelle note più
estreme, sia in alto, sia in basso.
Martin Summer è un Frate piuttosto approssimativo.
Theresa Zisser è un efficacie Tebaldo, Azer
Zeda un Conte di Lerma accettabile, mentre Céline
Mellon è una Voce dal cielo poco corretta.
Buona la prova dei deputati fiamminghi ed eccellente quella del Coro
preparato dall'intramontabile Bruno Casoni.
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