Ad accompagnare l'inaugurazione della Stagione d'Opera 2017
del Teatro Comunale di Bologna è stato un insistente parlottare, scrivere,
comunicare, annunciare, soprattutto sui social network, qualcosa di scottante in
merito all'allestimento, per l'occasione coprodotto con Festival
d'Aix-en-Provence e Musikfest Bremen, che ha addirittura previsto
l'adattamento dei dialoghi - a cura di Martin Kušej e Albert Ostermaier - all'attualizzazione
dell'azione, con l'aggiunta di controlli e perquisizioni all'ingresso da parte
delle forze dell'ordine.
Sfortunatamente la grande aspettativa di ciò che pareva essere lo spettacolo
più innovativo degli ultimi tempi ha prodotto soltanto un aggravarsi del sintomo
della disattesa.
L'idea di Martin Kušej di trasporre la vicenda ai principi
delle dispute e delle guerre per l'oro nero è assolutamente vincente,
soprattutto perché riesce nell'intento di evidenziare i caratteri drammatici
voluti da Mozart e abilmente nascosti dietro le caratteristiche
della commedia.
Purtroppo la novità tanto reclamizzata si ferma qui, poiché la scena unica
ambientata nella desolazione del deserto, il procedere lentissimo dell'azione,
l'assenza di controscene ed effetti, fanno di questo spettacolo un noiosissimo
procedere di vuoto e di nulla. Il fatto che sia coerente e filologico non lo
salva: monotono, lento e pesante resta. Solo i pochi secondi del coup-de-théâtre
finale svegliano i più assopiti: Osmino, insoddisfatto dell'inaspettato
perdono di Selim, decide di tagliare la testa ai quattro sventurati.
Scena, tra l'altro, scortata da una lunga serie di disapprovazioni da parte del
pubblico.
Per fortuna a mantenere alto il livello di attenzione ci pensa l'abile
bacchetta di Nikolaj Znaider, che giustamente abbandona le
tinte più leggere a carattere buffo a favore di accenti drammatici, patetici e
cinici, in perfetto stile mozartiano e comunque molto aderente al tipo di
spettacolo montato da Kušej.
L'Orchestra del Comunale è dipinta da una miriade di colori sgargianti ed
eccelle particolarmente nel preludio di “Martern aller Arten”.
Ottimo il Coro preparato da Andrea Faidutti, purtroppo
costretto all'interno del golfo mistico.
Cornelia Götz è una Konstanze particolarmente
intonata e aderente allo stile, ma eccezion fatta per l'intenso canto patetico,
il resto non è così brillante e luminoso, oltre a eseguire i picchettati in
pianissimo e a difettare di accento drammatico.
Bernard Berchtold è un Belmonte corretto, ma nulla
di più, poiché non esprime quell'intensità d'amore che già la scrittura elegante
della parte possederebbe.
Lo stesso vale per la Blonde di Julia Bauer, che
mostra una linea di canto pulita, ma priva di sapore.
Pure insipido il Pedrillo di Johannes Chum.
È invece più che ottimo l'Osmino di Mika Kares, che
si prodiga in un fraseggio di un'eloquenza magistrale, arricchito da una miriade
di sfumature che palesano ogni stato d'animo del guardiano. Il canto è
raffinato, i suoni sono perfetti, pure le numerose note gravi e i gradevolissimi
acuti.
Kares rende un personaggio davvero interessante, poiché il
cinismo bonario celato nei suoi primi cantabili già preannuncia l'insolito
finale. Buona la parte recitante del Selim di Karl-Heinz
Macek.
Durante gli applausi diverse acclamazioni sono riservate a Nikolaj
Znaider e Mika Kares, mentre alcune disapprovazioni
sono rivolte all'assente squadra responsabile dell'allestimento.
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