Fa bene al cuore il Teatro Filarmonico di Verona stracolmo
(in platea, palchi non tutti pieni e loggione non ho visto) di pubblico
soprattutto giovane, educato e molto preso dalla storia e dalla musica! Ed
invece spezza il cuore la protesta accorata e ben condotta dei lavoratori dell'Ente
Arena di Verona prima dell'entrata del direttore d'orchestra.
Il pubblico li saluta con un lungo applauo, entra il Maestro Jader
Bignamini e scatta la magia della musica.
Il sipario si apre su
una scena nuda ma efficacissima, avvolta nella nebbia della fiaba e della
suggestione (Regia, scene e luci Filippo Tonon) dove il popolo
di Pechino è grigio, vestito di stracci, in movimenti fluidi e striscianti,
netto stacco con i mirabili e ricchissimi costumi della corte imperiale (costumi
di Cristina Aceti che usa sapientemente i lurex e le sete
affascinando gli spettatori con colori e splendidi lampi di colore e luce).
Avanzano Liù e Timur. Liù è il soprano sevigliano
Rocio Ignacio. Voce pastosa di forte carattere (quasi quasi una
Turandot) che sa piegarsi alla più grande dolcezza negli acuti filati
come filigrana ed incanta, ma troppo potente e drammatica per il ruolo. Manca la
soavità dell'intera gamma e la dolcezza. Ma l'interprete risolve con grande
maestria, anche aiutata da una figura gradevole e ben fatta, il meraviglioso
ruolo della schiava.
Apre l'opera il Mandarino Nicolò
Ceriani un po' troppo sforzato in certi passaggi della voce, ma tutto
sommato buono.
Il basso Carlo Cigni è Timur.
Bella presenza, buona adesione al ruolo, debole in alcune emissioni di voce .
Irrompe in scena il grande trionfatore della serata, una grandissima
sorpresa per chi scrive, e prende subito il pubblico. Parlo del tenore
Martin Muehle, tedesco-brasiliano alto bello e quindi con una
stupenda presenza scenica. Ma è la voce che colpisce. Svettante, baldanzosa da
tenore drammatico, mai una sbavatura od un accenno di stanchezza, musicalissimo
e preciso. Staglia acuti luminosi sul coro e superando i fortissimi
dell'orchestra, insomma sentiremo parlare molto di lui. Una grandissima
scoperta!
Teresa Romano è la principessa di gelo. Da
l'impressione di non essere adatta al ruolo, non lancia acuti luminosi come
spade, non ha slancio, pur essendo dotata di una voce bellissima, calda e molto
morbida. Agli estremi acuti ci arriva con un po' di difficoltà, non si sente
quando il coro è in piena forza, la figura non è molto felice e l'attrice non
esiste. Mi riservo di ascoltarla in altri ruoli più consoni alla sua bella voce
(un'Aida ci starebbe molto bene…). Qui non rende forza e spessore al
personaggio.
Come invece è ottimo Federico Longhi,
assolutamente magnifico nel ruolo di Ping. Voce molto bella, brunita e
precisa, aderenza completa al personaggio, simpatico e molto d'impatto.
I suoi colleghi Pong Massimiliano Chiarolla e Pang
Luca Casalin sono del pari molto bravi, musicalissimi e dalle
belle voci. Insieme creano un bel trio delle maschere coinvolgendo il pubblico e
creando un quadro molto piacevole.
Interessante il ruolo umano che il
regista Tonon dà a loro, nel comprendere e cercare di aiutare
il popolo.
Molto buoni e presenti gli altri interpreti Imperatore
Altoum Murat Can Güvem, Angel Harkatz Kaufmann
(il principe di Persia) ed Antonella D'Amico (Ancella)
Il Coro dell'Arena di Verona, guidato dal Maestro
Vito Lombardi, è molto bravo, un suono unico senza sforamenti,
molto presente e compatto.
Il giovane maestro Jader Bignamini
conduce con sapienza e grande piglio un'Orchestra dell'Arena
in stato di grazia. Anche troppo vigorosa in certi fortissimi, ma sempre
presente e con slanci fulminei.
Un bellissimo spettacolo accolto alla
fine da urli da stadio e grande entusiasmo, cose che fanno ben sperare sul
futuro della nostra lirica a volte molto nebuloso!
Un grande applauso all'Ente Arena, ma soprattutto ai suoi lavoratori che tra
mille difficoltà (due mesi di stipendi non pagati e questo con mutui, figli e
bollette da saldare direi è spaventoso) ci donano con entusiasmo e bravura la
loro arte. Meritano di essere ascoltati ed aiutati da tutti noi.
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