Cultura di alta qualità. Altissima. È ciò che contraddistingue
l'affascinantissimo spettacolo andato in scena al Teatro Regio di Torino
in coproduzione con China National Centre for the Performing Arts di
Pechino.
Non è la prima volta che Hugo de Ana si cimenta col dramma
di Camille Saint-Saens, dunque non solo consegna al pubblico
una regia particolarmente centrata, densamente minuziosa, fluida e perfetta in
ogni momento, ma sa anche rinnovarsi rispetto alle prove precedenti.
Piacevolissimo è l'adattamento all'orientale, in omaggio al palcoscenico su
cui è stato costruito l'intenso lavoro, che non è riconducibile soltanto alla
grandeur delle belle scene o allo splendore dei preziosi costumi, ma soprattutto
trova completamento nei gesti, negli sguardi, nei movimenti, in ogni minima posa
o azione compiuti da coro, ballerini, mimi e cantanti solisti. Hanno contribuito
al valore e al successo dello spettacolo anche le luci suggestive di
Vinicio Cheli, le attraenti proiezioni di Sergio
Metalli e l'ottima coreografia nello stile contemporaneo di
Leda Lojodice.
Superlativa la direzione musicale di Pinchas Steinberg,
tanto precisa da potersi definire matematica. Lodevoli i momenti in cui attende
i fiati e i fraseggi dei protagonisti. Emozionantissime e struggenti le pagine
corali, raffinatissimi l'incontro tra Samson e Dalila e la
scena della prigione. Eccellente oltre ogni misura il suono prodotto dall'Orchestra
del Teatro Regio di Torino, cui fa eco l'altrettanto esemplare Coro
guidato da Claudio Fenoglio.
Daniela Barcellona nel repertorio francese si trova
particolarmente a suo agio, pertanto rende una Dalila sensuale e suadente attraverso le tinte
e le sfumature della sua voce. Molto apprezzabile il fatto che non esageri mai
negli accenti drammatici, restando morbida e soprattutto mantenendo i suoni
sempre piacevoli.
La affianca l'encomiabile Samson di Gregory Kunde
che, come già detto più volte, in questa fase della sua carriera trova terreno
decisamente fertile in questo genere di ruoli. Non avrà la freschezza vocale del
tenore trentenne, ma l'esperienza copre la lacuna, anzi, rende un fraseggio e
un'interpretazione sinceramente insuperabili. Inoltre lo squillo che l'ha sempre
contraddistinto continua ad essere brillantissimo.
Encomiabile il sommo sacerdote di Dagon di Claudio Sgura.
Voce piena e ben timbrata, canto eloquente e ricco d'intenzioni, accenti ben
posizionati ed espressi. Il suo duetto con Dalila è certamente la pagina più
intensa della rappresentazione.
Molto buona la prova di Sulkhan Jaiani nei panni del
vecchio ebreo.
Accettabile l'Abimelech di Andrea Comelli.
Adeguate le parti di contorno di Roberto Guenno,
Cullen Gandy e Lorenzo Battagion come filistei.
Scroscianti e intensi applausi oltre a tante acclamazioni per i protagonisti
e il direttore. Meritatissimi.
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