Lo spettacolo ideato da Cristina Mazzavillani Muti per
creare, disegnare e raccontare La Bohème di Giacomo
Puccini si spoglia di verismo, di realismo, di tradizione e di concetti
stereotipati a favore di un visione onirica e suggestiva.
A tale scopo risulta molto efficace la scenografia quasi completamente
spoglia su cui si proietta il bel lavoro di David Loom e
Davide Broccoli che, come la musica di Puccini, porta
inesorabilmente lo spettatore dalla tavolozza colorata di Marcello al
grigiore della malattia di Mimì.
A completamento dell'impianto sono le belle luci di Vincent
Longuemare.
Meno significativi i costumi di Alessandro Lai.
Troppo vuoto il lavoro di regia, che è vincente nelle gestualità dei
personaggi - tranne la poca raffinatezza con cui è raccontata Musetta -
ma ci si sarebbe aspettato qualcosa di più nella scena del Momus e nel
quarto atto, dove la protagonista - ingiustificatamente scalza - sembra morire
sull'ara di un'opera a soggetto storico piuttosto che su un letto, un divano o
una poltrona di una vecchia soffitta.
Nicola Paszkowski alla guida dell'Orchestra
Giovanile Luigi Cherubini, che in precedenti occasioni non era
risultato troppo convincente, apre l'opera in maniera poco aggraziata, cui gli
risponde qualche bella stonatura in palcoscenico, ma dopo pochi minuti la
situazione viene fortunatamente arginata. La mano del direttore non è
passionale, né il suono orchestrale è particolarmente rifinito, ma la resa
complessiva è abbastanza discreta, fatta eccezione per la mancanza di quei
crescendo e quei caratteri maestosi che dovrebbero definire più chiaramente
l'ardente vigore pucciniano.
Benedetta Torre ha la giusta vocalità per eseguire con
aderenza questo genere di ruoli lirici. La sua Mimì è molto efficace
nel personaggio e lo sarebbe anche il canto se si superassero certi scogli che
non le permettono di mantenere una linea di canto omogenea: la zona centrale è
davvero molto interessante, ma gli acuti sono abbastanza stiracchiati e talvolta
troppo fissi.
La accompagna il Rodolfo di Alessandro Scotto di
Luzio che sta compiendo passi da gigante nella prima parte di una
carriera importante. La voce e le note giuste per interpretare questa parte,
oltre al fascino e alla prestanza, ci sono tutte, ma non è sufficiente. Ciò che
manca per amalgamare questi ingredienti necessari sono il legato, ora quasi
assente, una miglior dizione e maggior eloquenza nel fraseggio.
Piacevolissima la brillantezza del Marcello di Matias Tosi
e squillantissimi gli acuti. Peccato che l'appoggio non sia dei migliori e
talvolta risulti calante. Molto buona la recitazione. Lo affianca la simpatica
Damiana Mizzi che dipinge una Musetta credibile sia
vocalmente, sia scenicamente, anche se certi suoni risultano acerbi e alcuni
gesti poco eleganti.
Discreto il Colline di Luca Dall'Amico, che in
questo ruolo dovrebbe ricercare maggior spessore nei fraseggi e soprattutto
nella celebre aria. Particolarmente efficace lo Schaunard di
Daniel Giulianini.
Sempre bravo Giorgio Trucco, che qui è Benoît.
Molto bene anche Graziano Dallavalle, Alcindoro e
Sergente dei doganieri.
Ottimo il Coro del Teatro Municipale di Piacenza guidato da
Corrado Casati, come pure le Voci Bianche del Coro
Farnesiano di Piacenza preparate da Mario Pigazzini.
|